Matteo Salvini evita un bis giudiziario tutto siciliano. Mandato a processo a Palermo ventisette giorni fa, prosciolto a Catania oggi. Per l’ex ministro dell’Interno si chiude il caso della nave della Guardia costiera italiana Bruno Gregoretti. A deciderlo è stato il giudice per l’udienza preliminare Nunzio Sarpietro. Al termine di una camera di consiglio durata due ore, la lettura del dispositivo nell’aula bunker del carcere di Bicocca: Sarpietro ha disposto il non luogo a procedere con la formula perché il fatto non sussiste. L’esito, di fatto, è lo stesso che aveva chiesto la procura etnea al termine della requisitoria con il magistrato Andrea Bonomo. Salvini era accusato di sequestro di persona per avere trattenuto a bordo, dal 27 al 31 luglio 2019, 131 migranti, “abusando dei poteri” da ministro dell’Interno. Tutto, secondo il leader del Carroccio, con l’obiettivo di fare pressioni sugli altri Paesi dell’Unione Europea per ottenere la redistribuzione dei naufraghi.
“Dedico questa assoluzione ai miei figli e agli italiani, agli stranieri perbene e alle forze dell’ordine che ogni giorno combattono per rendere sicura l’Italia”, sono state le prime parole di Salvini all’uscita dall’aula. Accanto a lui l’avvocata e senatrice Giulia Bongiorno. Proprio due carabinieri sono stati i primi a complimentarsi con Salvini dopo la lettura del dispositivo. Per l’ex ministro la vittoria però non è soltanto giudiziaria. Incassato il risultato, passa immediatamente al contrattacco sul tema immigrazione: “Ribadisco che, se e quando gli italiani torneranno a votare e a restituirmi responsabilità di governo, farò esattamente la stessa cosa”. Prima di entrare in aula non era mancato un attacco diretto alla ministra Luciana Lamorgese, dopo la domanda di un cronista sulla situazione sbarchi a Lampedusa. “Il nostro interlocutore è Draghi”, ha chiosato Salvini.
La procura di Catania aveva chiesto al gup di emettere una sentenza di non luogo a procedere perché, la tesi espressa in aula dal pm, nello sbarco dei migranti dalla nave Gregoretti l’allora ministro dell’Interno “non ha violato alcuna convenzione nazionale e internazionale”, le sue scelte sono state “condivise dal governo” e la sua posizione “non integra gli estremi del reato di sequestro di persona”. Una ricostruzione contestata dalle parti civili (AccoglieRete, Legambiente. Arci e una famiglia di migranti) che chiedevano il processo per Salvini e in questa vicenda hanno avuto anche il ruolo della pubblica accusa. “Si tratta di una decisione grave, che porterà ulteriore discredito nei confronti della magistratura”, spiega l’avvocato Corrado Giuliano, legale di parte civile per l’associazione Accogli In Rete. “Durante tutte le udienze – aggiunge – già le domande ci facevano presumere questo finale”.
Proprio Giuliano negli appuntamenti precedenti aveva alzato al massimo il livello dello scontro giudiziario. Non solo per avere richiesto, senza successo, l’audizione dell’ex magistrato Luca Palamara, ma anche per avere sollevato interrogativi sulla terzietà del giudice dopo che quest’ultimo si era concesso a microfoni e telecamere all’uscita da Palazzo Chigi. L’episodio era avvenuto in concomitanza con l’audizione come persona informata sui fatti dell’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. In questa vicenda giudiziaria sono stati chiamati a testimoniare i principali esponenti del governo giallo-verde, tra cui l’ex ministro Danilo Toninelli, l’ex vicepremier e attuale ministro degli Estere, Luigi Di Maio, la ministra Lamorgese e l’ex ministra alla Difesa Elisabetta Trenta. Gli stessi che, secondo Salvini, avrebbero avallato ogni sua decisione sui migranti e i blocchi a bordo.
Salvini è finito sotto accusa davanti al giudice per l’udienza preliminare dopo la decisione della giunta per le immunità del Senato. Scelta poi confermata da Palazzo Madama. I migranti rimasero a largo delle coste siciliane per oltre cinque giorni. Stipati nel ponte della nave della Guardia costiera in 131 e con un solo bagno chimico a disposizione. Tra i naufraghi – salvati da due pescherecci, uno italiano e l’altro tunisino, e poi trasbordati sul pattugliatore – anche diverse persone con scabbia e tubercolosi oltre ad alcuni minorenni. La prima procura a muoversi era stata quella di Siracusa con un fascicolo affidato al procuratore aggiunto Fabio Scavone. Lo stesso che si recò a bordo della nave, evidenziandone le criticità da un punto di vista sanitario, per effettuare un’ispezione con i carabinieri e i rappresentanti dell’azienda sanitaria provinciale. A scendere in prima battuta furono una donna di 29 anni all’ottavo mese di gravidanza e, successivamente, 15 minori. In quei giorni a sottolineare “condizioni a bordo difficilmente tollerabili” spingendo per lo sbarco era stata anche la procuratrice dei minori di Catania, Caterina Ajello, moglie del giudice Sarpietro.