Fratelli d’Italia in Liguria vuole aprire ospedali e consultori agli anti-abortisti, concedendo spazi pubblici gratuiti nei reparti alle associazioni pro-life e imponendo a medici e operatori la distribuzione del loro “materiale informativo”. È questo l’obiettivo della proposta di legge numero 71 del 6 maggio 2021, “Norme per la tutela della salute della donna e del concepito”, depositata al Consiglio regionale della Liguria a guida centrodestra dai tre consiglieri Fdi Stefano Balleari, Sauro Manucci e Veronica Russo. E potrebbe realizzarsi a breve, se le altre forze di maggioranza – la lista del governatore Toti, Cambiamo!, e la Lega – sceglieranno di supportare l’iniziativa coi propri, determinanti voti in assemblea. “Mi aspetto la massima convergenza su una proposta di puro buonsenso”, annuncia il capogruppo Balleari, ex vicesindaco di Genova passato in Regione lo scorso settembre. Per ora, però, entrambi i partiti si chiudono dietro ai no comment, mentre opposizioni e associazioni femministe promettono barricate contro un testo definito “retrogrado”, “aberrante” e “grottesco”, soprattutto nella relazione introduttiva, costellata di passaggi che paiono tratti da un manifesto ideologico di stampo ultra-clericale.
“L’aborto – vi si legge – è sempre e comunque una sconfitta: per il figlio, che perde la vita; per la madre, che porta con sé un trauma per tutta l’esistenza; per la società, che viene privata del suo futuro”. Le sue cause sarebbero, “da un lato, le difficoltà economico-familiari e quelle di ordine psicologico, dall’altro, lo scadimento del senso del valore della vita umana nella coscienza individuale e sociale”. Impedirlo, scrive Fratelli d’Italia significa “rendere un servizio ai figli – la cui vita, ancora nascosta, è in pericolo – e alle loro madri, minacciate dalla solitudine, dall’ignoranza, dalla povertà, dalla paura”. Mentre la donna in procinto di abortire andrebbe “aiutata a uscire dalla solitudine” e dall’”angoscia penetrante”, “sostenuta nella sua dignità”, “ascoltata nella sua disperazione”. “È bene ricordarsi queste parole, usate con così tanta leggerezza da una destra al potere che nemmeno si accorge di essere retrograda e anacronistica, di indebolire le donne, di colpevolizzarle, di esporle alla vittimizzazione e alla violenza maschile”, commenta la consigliera Selena Candia (lista Sansa), prima a sollevare la questione nel dibattito pubblico.
Poi ci sono le previsioni di legge vere e proprie. All’articolo 5, comma 4, il testo recita: “Presso ogni struttura in cui venga praticata l’interruzione volontaria della gravidanza è messo gratuitamente a disposizione, in prossimità del consultorio e/o del reparto di maternità oltre che adeguatamente segnalato al fine di renderlo agevolmente raggiungibile, un idoneo locale per le organizzazioni di volontariato che operino nel settore dell’aiuto alla vita nascente. L’assegnazione del locale ha durata biennale ed è rinnovabile”. All’articolo 4, invece, si prevede che “la documentazione informativa” messa a punto dalle sigle pro-vita “deve essere resa disponibile a strutture ed operatori coinvolti, nonché essere pubblicata con evidenza nei siti istituzionali”. In più, ospedali, medici e consultori “debbono previamente pubblicizzare la documentazione informativa nelle strutture di riferimento, nonché fornirla ed illustrarla compiutamente alla donna”. A chi lo accusa di voler colpevolizzare e ostacolare la libera scelta di interrompere la gravidanza, Balleari – raggiunto dal fattoquotidiano.it – difende la proposta dicendo che “si limita a dare attuazione ai primi articoli della legge 194, dedicati alla tutela della donna”. Chiunque interrompa una gravidanza, sostiene, “è destinato a vivere turbamenti psicologici nel corso della propria vita. E il motivo è semplice: non si tratta di una scelta naturale”.
Posizione contro cui si scagliano tutte le forze del centrosinistra, con il capogruppo Pd Luca Garibaldi che parla di proposta “aberrante”: “Non possiamo permettere che una donna, nel pieno esercizio di un suo diritto, si senta contrastata e umiliata in questo modo”. Il testo è “irricevibile, mefitico e grottesco” anche per il capogruppo M5S Fabio Tosi, che chiede a Fratelli d’Italia di “ritirare quanto prima una proposta moralmente guasta e pericolosa, un’inaccettabile invasione della libertà di scelta e della privacy”. Mentre per Gianni Pastorino, della lista progressista Linea Condivisa, “la genitorialità deve essere una libera scelta, non un’imposizione o un ricatto morale. La nostra regione non ha bisogno di imporre gravidanze indesiderate o di far sentire in colpa le persone che accedono a un diritto garantito da una legge da ben 43 anni”. È solo l’ultimo caso, peraltro, in cui maggioranze di centrodestra hanno tentato di imporre – a quarant’anni dal referendum sull’aborto – paletti “regionali” alla libertà di interrompere gravidanze indesiderate. A giugno 2020 la giunta umbra abrogava la possibilità di assumere la pillola RU486 in day hospital e a domicilio, mentre a ottobre il Piemonte vietava – con una circolare rivolta alle Asl – l’aborto farmacologico nei consultori e disponeva l’attivazione negli ospedali di appositi “sportelli” anti-interruzione di gravidanza: realtà identiche a quelle che Fratelli d’Italia vorrebbe portare in Liguria.