Xiaomi è riuscita a dimostrare che non è di proprietà o controllata dai militari cinesi, così il Dipartimento della Difesa statunitense l’ha finalmente esclusa dal ban commerciale.
Xiaomi, durante l’amministrazione Trump, era finita nella famosa blacklist di entità con cui le aziende americane non possono avere rapporti commerciali, la stessa su cui è tristemente finita anche Huawei. Il nuovo governo USA ha ora finalmente deciso di rimuovere le limitazioni messe in atto contro l’azienda di Lei Jun.
Xiaomi non ha nulla a che vedere con l’esercito cinese e non rappresenta una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti. In questo modo potremmo riassumere gli accadimenti recenti che hanno visto finalmente la rimozione del nome di Xiaomi dalla tristemente nota blacklist di “aziende proibite”.
Dopo essere stata inserita nella lista nera americana proprio a causa delle accuse dell’amministrazione Trump, le quali indicavano una possibile relazione tra le forze armate cinesi e l’azienda tecnologica, Xiaomi aveva avviato un procedimento legale contro il Governo degli Stati Uniti.
Ora quest’ultimo, amministrato dal Presidente Joe Biden, ha raggiunto un nuovo accordo: Xiaomi è riuscita a dimostrare che non è di proprietà o controllata dai militari cinesi, così il Dipartimento della Difesa (DoD) statunitense l’ha esclusa dal ban commerciale. Come riportato da Bloomberg, questo ha fatto salire le azioni dell’azienda alla borsa di Hong Kong del 6,7% dopo la pubblicazione della notizia.
“L’amministrazione Biden è profondamente preoccupata per i potenziali investimenti statunitensi in aziende legate all’esercito cinese e pienamente impegnata a mantenere la pressione su tali aziende“, ha detto Emily Horne, una portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca.
Una storia a lieto fine per Xiaomi, un finale decisamente diverso da quello che è toccato a Huawei. L’azienda guidata dal CEO Ren Zhengfei ha subito delle conseguenze decisamente peggiori con l’esclusione dagli appalti per la realizzazione delle infrastrutture 5G in diversi Paesi nel mondo e l’impossibilità di collaborare con Google per l’uso del software americano sui propri smartphone, con conseguente nascita di HarmonyOS e di Huawei AppGallery.