Toccherà al giudice accertare se qualche dubbio rimanga ancora o se la vicenda debba essere archiviata come morte da suicidio. Il corpo dell'agente penitenziario fu trovato l' 1 novembre 2016 in un ascensore dell'ospedale di Venezia, dove aveva fatto visita ad una detenuta. Un solo proiettile le aveva trapassato il cranio. I familiari hanno sempre contestato la tesi della morte volontaria, indicando elementi controversi meritevoli di approfondimento
I pubblici ministeri non credono alla tesi dell’omicidio e per la terza volta chiedono l’archiviazione del fascicolo riguardante la tragica morte di Maria Teresa Trovato Mazza, detta Sissy, l’agente penitenziario trovato quattro anni fa in condizioni gravissime all’interno di un ascensore dell’ospedale Ss. Giovani e Paolo di Venezia. La causa, un colpo di pistola sparato dalla sua pistola d’ordinanza. È stata per mesi in rianimazione, non si è mai risvegliata dal coma ed è poi stata trasferita in una struttura di riabilitazione in Calabria. È deceduta dopo oltre due anni, senza riprendere conoscenza. Secondo la Procura di Venezia a premere il grilletto fu lei. Secondo i familiari, la giovane donna è stata uccisa da qualcuno che temeva le sue rivelazioni su qualche oscuro episodio avvenuto dietro le sbarre della casa di detenzione femminile della Giudecca.
Già per due volte era stata chiesta l’archiviazione, ma il gip aveva ordinato nuovi accertamenti. Adesso il sostituto procuratore Elisabetta Spigarelli, dopo aver effettuato le indagini integrative che erano state disposte lo scorso novembre, non ha modificato la propria ricostruzione dei fatti. E ancora una volta i legali della famiglia di Sissy, gli avvocati Girolamo Albanese ed Eugenio Pini, hanno presentato opposizione. Toccherà al giudice accertare se qualche dubbio rimanga ancora o se la vicenda debba essere archiviata come morte da suicidio.
Maria Teresa aveva 28 anni, veniva da Taurianova. Il suo corpo fu trovato l’ 1 novembre 2016 in un ascensore dell’ospedale di Venezia, dove aveva fatto visita ad una detenuta. Un solo proiettile le aveva trapassato il cranio. I familiari hanno sempre contestato la tesi del suicidio, indicando elementi controversi meritevoli di approfondimento. In questa ultima fase investigativa, la pm ha interrogato una detenuta del pianeta-carcere che sarebbe stata in possesso di informazioni importanti su quanto era accaduto all’interno della struttura e che avrebbe potuto costituire il movente di un omicidio. Secondo il pubblico ministero, invece, la deposizione non avrebbe aggiunto nulla di nuovo. I consulenti della Procura hanno ribadito che le tracce di sangue trovate nell’ascensore non dimostrano la presenza di una terza persona. Luciano Garofano, ex comandante del Ris, ora in congedo, aveva invece sostenuto che in caso di suicidio si sarebbero dovute trovare tracce di sangue da “retroproiezione” sulle maniche, sul braccio e sulla pistola di Sissy. Senza esito, infine, la ricerca delle chiamate effettuate o ricevute dal cellulare di Sissy, nei giorni precedenti, perché è trascorso troppo tempo e non è disponibile l’elenco dei dati. Il cellulare era stato trovato nell’armadietto del carcere, una circostanza che non convince i familiari, secondo cui qualcuno, dopo aver ucciso Sissy, lo avrebbe rimesso al suo posto.