di Gianluca Catullo*
C’era una volta il re della foresta… Quello che potrebbe sembrare l’incipit di una favola per bambini rischia, invece, di diventare il mantra delle generazioni future, dei nostri figli e nipoti, i quali ci incolperanno, tra gli altri, anche di non aver fatto abbastanza per scongiurare l’estinzione del leone, una delle specie più evocative e carismatiche del pianeta.
Già, perché la popolazione di leoni africana è crollata dai 200.000 esemplari di un secolo fa a poco meno dei 20.000 attuali, costretti a vivere quasi esclusivamente all’interno di parchi o riserve. Solo il 10% dell’areale originale della specie include ancora popolazioni di questo felino, molte delle quali appaiono oggi troppo esigue per rimanere vitali nel lungo periodo. L’allarme è stato lanciato recentemente anche dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn), l’organizzazione che tramite le liste rosse certifica se una determinata specie è a rischio di estinzione.
Il leone è ora listato ufficialmente come specie in pericolo, andandosi ad aggiungere ad una lunga lista di specie tra le quali ritroviamo la tigre, la balenottera azzurra, la lince iberica, solo per fare qualche esempio. Per capirci, le categorie successive sono in pericolo critico, dopodiché il tetro estinto in natura.
Come tutti i grandi predatori il leone ha bisogno di territori vasti e di abbondanti prede, entrambi sempre più difficili da trovare in un continente che continua a vedere una rapida crescita della popolazione umana. L’habitat a disposizione dei leoni e delle loro prede viene eroso costantemente e inevitabilmente aumenta la frequenza delle interazioni tra questi felini e l’uomo, inasprendo così un conflitto già radicato. I leoni cadono quindi vittime degli allevatori locali, colpevoli di aver sottratto capi di bestiame al pascolo in quelle che, una volta, erano le terre del re degli animali.
I bracconieri, dal canto loro, guardano ora con interesse ai leoni: da quando nel 2007 sono state attuate una serie di misure per controllare il commercio di ossa di tigre si è trovato nelle ossa di leone un valido sostituto. Le quotazioni al mercato nero rendono il commercio vantaggioso e il risultato è un preoccupante incremento del bracconaggio.
Povero re della foresta, ora ci si è messa anche la pandemia: il blocco del turismo verso i parchi nazionali africani quale misura per controllare il diffondersi del Covid-19 ha fatto saltare l’economia di interi paesi. Assieme al chiassoso vociferare dei turisti stranieri sono spariti anche gli introiti derivanti dal turismo e i posti di lavoro. La caccia di sussistenza, unica opzione rimasta alle comunità locali per garantirsi un adeguato apporto proteico, ha ripreso vigore, così come la competizione con i leoni, anch’essi impegnati a cacciare le stesse prede degli uomini. Inutile contare sul controllo dei ranger, rimasti a casa, anche loro, a causa dei tagli ai bilanci delle aree protette dovuti ai mancati introiti.
In assenza di misure efficaci e di progetti di conservazione dedicati, i biologi ci dicono che i leoni diminuiranno di un ulteriore 50% nei prossimi due decenni in Africa occidentale, centrale e orientale. Sarebbe un vero disastro, in quanto i leoni sono fondamentali per garantire l’integrità e la stabilità degli ecosistemi. Gli impatti sulle economie nazionali e locali sarebbero altrettanto devastanti. Inoltre, tutelare le aree dove ancora vivono i leoni significa garantire l’erogazione di importanti servizi ecosistemici che, per le popolazioni locali, si traduce in acqua potabile, cibo e protezione dagli eventi climatici estremi quali inondazioni e siccità.
C’è poi l’aspetto culturale: cosa sarebbe l’Africa e il mondo intero senza il leone? Garantire un futuro al leone è quindi qualcosa di più che conservare una specie. Il WWF è impegnato in numerosi progetti di conservazione del leone africano, di cui il più ambizioso si svolge in un’area grande quanto l’intera Grecia, localizzata tra Kenia e Tanzania. Attraverso il ripristino ambientale, il controllo del bracconaggio e lavorando a stretto contatto con le comunità locali con l’intento di ridurre i conflitti, il WWF mira a raddoppiare il numero di leoni in natura entro il 2050. L’obiettivo è assolutamente alla nostra portata e proprio in questi giorni ognuno può sostenere il progetto SOS leoni donando al 45585 con SMS o chiamata da rete fissa.
Foto di copertina: © Steve Morello
*responsabile specie e habitat del WWF Italia