Claudio Baglioni compie settant’anni: un artista onesto, rigoroso e dal grandissimo talento
Devo dire la verità: temevo che Il Fatto Quotidiano mi chiedesse di scrivere dei settant’anni di Claudio Baglioni, compiuti oggi, domenica 16 maggio 2021. Lo temevo perché, per amore, non avrei saputo dire di no. Allo stesso tempo però non mi sarebbe stato facile racchiudere in 5000 battute tutto quello che rappresenta, per me, Claudio Baglioni. Fra l’altro, come fa chi annaspa e farfuglia perché sa cosa dire ma non sa come dirlo, di battute ne ho già spese più o meno cinquecento.
Allora parto da un aspetto, secondo me centrale: a mio modo di vedere, Baglioni rappresenta l’esempio vivente di come essere bravi non basti a mettere d’accordo tutti. Negli anni Settanta successe infatti che l’impostazione ideologica non permise a certa gente un approccio critico disteso alla sua musica. A questo si unì l’assurda prosopopea elitaria di chi pensa sempre che le proprie canzoni amate siano migliori di quelle degli altri. Erano, e sono, persone a cui per esempio manca il gusto di ridere o di fruire della leggerezza in maniera totale. Probabilmente è un problema irrisolto legato alla sfera sessuale, ma questo ci porterebbe lontano dai nostri intenti odierni.
Fatto sta che Baglioni, per via di canzoni d’amore di successo come Questo piccolo grande amore o E tu…, smosse l’invidia di molti, soprattutto dell’intellighenzia di sinistra. Io sono nato nel 1979, ma racconti di gente di cui mi fido parlano del fatto che, se ascoltavi Baglioni, in certi giri eri malvisto. Non succedeva solo con lui, anche con Battisti. Capito che livelli? Erano tempi duri.
La mia fortuna è stata quella di essermi avvicinato alle sue canzoni da adolescente e senza le influenze fuorvianti del branco metropolitano, peraltro nel periodo migliore della carriera del cantautore romano. Era la metà degli anni Novanta. Baglioni pubblicava “Io sono qui” (1995); il precedente disco era stato “Oltre” (1990). Già questi due album sarebbero dovuti bastare, a quei duri e puri di cui sopra, per chiedere scusa e vivere pacificamente. Non credo sia andata così.
Baglioni ha raccontato storie minime, eppure condivisibili, con l’abilità musicale del compositore, non di chi si accontenta di scrivere musica attraverso le posizioni comode sul manico di una chitarra, perché di più non sa fare. Armonia mai scontata e melodia orecchiabile, che non è una cosa di cui vergognarsi, ma una difficilissima sfida alle regole della composizione. “Strada facendo” (1981), “La vita è adesso” (1986), “Oltre” e “Io sono qui”: basterebbero questi quattro album in quindici anni a descrivere la sua grandezza.
La stagione dei concept album più impegnativi, quella appunto dei due dischi degli anni Ottanta, poi sfociata nella “Trilogia dei Colori” degli anni Novanta, è venuta quando Baglioni era comunque già stra-ricco, stra-famoso, con una discografia che stava chiudendo le porte al fantomatico impegno e che dunque – in un certo senso – si poteva pensare gli stesse dando ragione. Ma chi scrive per necessità non ha bisogno di ragioni o torti. In quel momento, Baglioni ha pubblicato le cose migliori, le più complesse eppure orizzontali, mentre molti cantautori osannati dalla critica regredivano nella facile semplificazione: è un fatto che gli va riconosciuto e che, per certi aspetti, lo pone davanti a chiunque in Italia.
Credo, però, che l’anno scorso Baglioni abbia fatto il difficile passo in più. Con il disco “In questa storia, che è la mia”, il divo Baglioni ha fatto definitivamente pace con l’uomo Claudio. Questo è stato probabilmente il successo più grande. Chi lo conosce lo sa: si sente da come ha risolto il suo rapporto con le canzoni d’amore, che finalmente tornano a essere incastonate in un percorso più ampio, e che così sono diventate un altro capitolo splendido di una storia iniziata più di cinquant’anni fa. Far pace con esse vuol dire anche riconciliarsi con l’idea che non si può piacere a tutti, e non è detto che una piccola minoranza narcisa e ideologizzata, che sarà spazzata via dalla storia, debba per forza rovinargli la festa.
Oggi, dopo la direzione artistica di due Festival di Sanremo e con la consapevolezza di aver scritto pagine fondamentali della canzone italiana, Claudio Baglioni ci si presenta come un artista rigoroso e dal grandissimo talento. Quel che conta ancor di più, dà la sensazione di essere persona e cantautore onesto. Sono pronto a scommettere che oggi quasi tutti gli riserveranno il giusto tributo. Perché lui ha vinto davvero, a differenza dei suoi detrattori di un tempo.
Ne scriverà benissimo anche chi solo pochi anni fa lo trattava con sufficienza. Perché guardandosi indietro, nel tempo limitato della vita di una persona, ci si rende conto che poche cose restano, al punto di valere il privilegio della memoria e rappresentare un “attimo di eterno”. Resta quel bacio, quella volta che hai trovato le parole giuste al momento giusto, quel treno che non hai preso per scelta… e hai fatto bene. E restano alcune canzoni. Alcune fra quelle di Baglioni, per molti di noi, resteranno di certo. Ma non sarà per tutti la stessa; questo, credetemi, succede solo con i più grandi. Auguri, Claudio!
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico
La Redazione
Milano, 3 feb. (Adnkronos) - La Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) ha dichiarato all'unanimità "irricevibile" il ricorso presentato dalla difesa di Alberto Stasi condannato, nel 2015, in via definitiva a 16 anni di carcere per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi uccisa il 13 agosto 2007 a Garlasco (Pavia). Stasi reclamava "una violazione del suo diritto a un processo equo, per quanto riguarda il principio della parità delle armi" lamentando che nel processo d'appello bis non sarebbe stato ascoltato un testimone "decisivo" a dire della difesa.
Per la corte, invece, la condanna si basa "su vari elementi di prova" e le dichiarazioni del teste agli inquirenti "lungi dall'essere decisive per determinare la responsabilità penale dell’interessato, sono semplicemente servite a corroborare tutte le prove a carico" si legge nella sentenza. In tal senso, l'ultima decisione della corte d'Assise d'Appello di non sentire nuovamente il testimone "non ha compromesso l'equità del procedimento penale a carico del ricorrente. Pertanto, il ricorso deve essere respinto in quanto manifestamente infondato".
La decisione potrebbe così mettere la parola fine a uno dei casi giudiziari più lunghi degli ultimi anni, mentre Stasi, oggi quarantenne, già da tempo beneficia del lavoro esterno fuori dal carcere di Bollate.
Milano, 6 feb. (Adnkronos) - Quasi un milione di euro. E' questa la cifra che un imprenditore ha versato non rendendosi conto di essere vittima di un raggiro fatto via telefono usando il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto. L'uomo che ha denunciato l'accaduto allo stesso Crosetto (suo amico), si è poi rivolto ai carabinieri e alla procura che sta provando a bloccare il bonifico. Almeno due gli imprenditori vittime, solo una per ora la denuncia milionaria presente nel fascicolo, ma il numero delle potenziali vittime è di almeno cinque e sembra destinato a salire.
Roma, 6 feb. (Adnkronos) - 'Chi l’ha vista?'. Il Pd su Instagram prende titolo e logo della trasmissione di Rai 3 e postando la foto di Giorgia Meloni torna a chiedere alla premier di riferire in aula sul caso Almasri. "E' Giorgia Meloni a dover rispondere della vicenda Almasri al Parlamento e al Paese. Basta nascondersi".
Milano, 6 feb. (Adnkronos) - "Ci sono dei soldati prigionieri da liberare pagando un riscatto". E' questa la scusa che, in un caso, è stata utilizzata da chi, fingendosi il ministro della Difesa Guido Crosetto, ha raggirato due imprenditori, i quali hanno denunciato i fatti ai carabinieri e in procura a Milano. Altri tre imprenditori benestanti sono stati contattati dai truffatori che, complice anche l'intelligenza artificiale per camuffare le voci - del ministro, di un sedicente funzionario della Difesa o di un generale - hanno provato via telefono a ottenere ingenti bonifici. Sugli episodi indaga il pm Giovanni Tarzia.
Milano, 6 feb. (Adnkronos) - Si fingevano il ministro Guido Crosetto, oppure un generale o un sedicente funzionario del ministero della Difesa e provavano a truffare ingenti somme a degli imprenditori, cinque quelli a conoscenza dello stesso esponente di Fratelli d'Italia che ha denunciato la truffa. Due le vittime accertate, almeno tre gli altri professionisti che stavano cadendo nella rete di truffatori su cui indaga la procura di Milano guidata da Marcello Viola.
Roma, 6 feb. (Adnkronos) - "Ieri ancora una volta il governo è venuto in Parlamento e non ha detto la verità, non ha avuto il coraggio di assumersi le responsabilità delle sue scelte, si è contraddetto. Noi vogliamo sapere se per tutelare l’interesse nazionale il governo si affida anzi coopera o meglio è complice di una banda di tagliagole, di assassini, di stupratori. Io penso che questo non sia accettabile, che c’è un limite anche a quello che si definisce interesse nazionale. Mi pare del tutto normale che le opposizioni abbiano, in modo molto deciso, sottolineato le incongruenze e siano intenzionate a chiedere che ci siano risposte di verità". Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs parlando con i cronisti davanti a Montecitorio.
"Perché è inaccettabile che alla fine - aggiunge il leader di SI - la politica si infili in una discussione surreale sui cavilli e di cui diventa vittima la realtà, e quei corpi violati da aguzzini senza scrupoli, come si può vedere anche oggi in un nuovo e terribile video diffuso da Repubblica con un uomo legato al parafango e trascinato da un mezzo di quella polizia giudiziaria libica di cui è a capo Almasri gentilmente rilasciato da Nordio e Piantedosi".
"Così come è inaccettabile l’attacco devastante del governo alla Corte Penale Internazionale: ma come si fa a non vedere che ci troviamo in un mondo in guerra nel quale senza questi organismi, anzi senza il loro rafforzamento, senza ricostruire attorno a quegli organi una sorta di sacralità, l’unico elemento che resta in campo è la legge del più forte, della violenza, della violazione sistematica dei diritti? Questo governo - conclude Fratoianni - sta creando un disastro colossale, i cui costi saranno pagati dal nostro Paese".
Roma, 6 feb. (Adnkronos) - “Il Governo ha condotto l’Italia al centro di uno scandalo internazionale, impedendo che il criminale libico venisse assicurato alla giustizia. Nordio e Piantedosi ieri si sono smentiti, Meloni è sparita. Ma non può continuare a scappare. Al di là di ogni aspetto giudiziario, deve risponderne sul piano politico, davanti al Parlamento e al Paese”. Così il democratico, Peppe Provenzano.
Paolo Talanca
Critico musicale
Musica - 16 Maggio 2021
Claudio Baglioni compie settant’anni: un artista onesto, rigoroso e dal grandissimo talento
Devo dire la verità: temevo che Il Fatto Quotidiano mi chiedesse di scrivere dei settant’anni di Claudio Baglioni, compiuti oggi, domenica 16 maggio 2021. Lo temevo perché, per amore, non avrei saputo dire di no. Allo stesso tempo però non mi sarebbe stato facile racchiudere in 5000 battute tutto quello che rappresenta, per me, Claudio Baglioni. Fra l’altro, come fa chi annaspa e farfuglia perché sa cosa dire ma non sa come dirlo, di battute ne ho già spese più o meno cinquecento.
Allora parto da un aspetto, secondo me centrale: a mio modo di vedere, Baglioni rappresenta l’esempio vivente di come essere bravi non basti a mettere d’accordo tutti. Negli anni Settanta successe infatti che l’impostazione ideologica non permise a certa gente un approccio critico disteso alla sua musica. A questo si unì l’assurda prosopopea elitaria di chi pensa sempre che le proprie canzoni amate siano migliori di quelle degli altri. Erano, e sono, persone a cui per esempio manca il gusto di ridere o di fruire della leggerezza in maniera totale. Probabilmente è un problema irrisolto legato alla sfera sessuale, ma questo ci porterebbe lontano dai nostri intenti odierni.
Fatto sta che Baglioni, per via di canzoni d’amore di successo come Questo piccolo grande amore o E tu…, smosse l’invidia di molti, soprattutto dell’intellighenzia di sinistra. Io sono nato nel 1979, ma racconti di gente di cui mi fido parlano del fatto che, se ascoltavi Baglioni, in certi giri eri malvisto. Non succedeva solo con lui, anche con Battisti. Capito che livelli? Erano tempi duri.
La mia fortuna è stata quella di essermi avvicinato alle sue canzoni da adolescente e senza le influenze fuorvianti del branco metropolitano, peraltro nel periodo migliore della carriera del cantautore romano. Era la metà degli anni Novanta. Baglioni pubblicava “Io sono qui” (1995); il precedente disco era stato “Oltre” (1990). Già questi due album sarebbero dovuti bastare, a quei duri e puri di cui sopra, per chiedere scusa e vivere pacificamente. Non credo sia andata così.
Baglioni ha raccontato storie minime, eppure condivisibili, con l’abilità musicale del compositore, non di chi si accontenta di scrivere musica attraverso le posizioni comode sul manico di una chitarra, perché di più non sa fare. Armonia mai scontata e melodia orecchiabile, che non è una cosa di cui vergognarsi, ma una difficilissima sfida alle regole della composizione. “Strada facendo” (1981), “La vita è adesso” (1986), “Oltre” e “Io sono qui”: basterebbero questi quattro album in quindici anni a descrivere la sua grandezza.
La stagione dei concept album più impegnativi, quella appunto dei due dischi degli anni Ottanta, poi sfociata nella “Trilogia dei Colori” degli anni Novanta, è venuta quando Baglioni era comunque già stra-ricco, stra-famoso, con una discografia che stava chiudendo le porte al fantomatico impegno e che dunque – in un certo senso – si poteva pensare gli stesse dando ragione. Ma chi scrive per necessità non ha bisogno di ragioni o torti. In quel momento, Baglioni ha pubblicato le cose migliori, le più complesse eppure orizzontali, mentre molti cantautori osannati dalla critica regredivano nella facile semplificazione: è un fatto che gli va riconosciuto e che, per certi aspetti, lo pone davanti a chiunque in Italia.
Credo, però, che l’anno scorso Baglioni abbia fatto il difficile passo in più. Con il disco “In questa storia, che è la mia”, il divo Baglioni ha fatto definitivamente pace con l’uomo Claudio. Questo è stato probabilmente il successo più grande. Chi lo conosce lo sa: si sente da come ha risolto il suo rapporto con le canzoni d’amore, che finalmente tornano a essere incastonate in un percorso più ampio, e che così sono diventate un altro capitolo splendido di una storia iniziata più di cinquant’anni fa. Far pace con esse vuol dire anche riconciliarsi con l’idea che non si può piacere a tutti, e non è detto che una piccola minoranza narcisa e ideologizzata, che sarà spazzata via dalla storia, debba per forza rovinargli la festa.
Oggi, dopo la direzione artistica di due Festival di Sanremo e con la consapevolezza di aver scritto pagine fondamentali della canzone italiana, Claudio Baglioni ci si presenta come un artista rigoroso e dal grandissimo talento. Quel che conta ancor di più, dà la sensazione di essere persona e cantautore onesto. Sono pronto a scommettere che oggi quasi tutti gli riserveranno il giusto tributo. Perché lui ha vinto davvero, a differenza dei suoi detrattori di un tempo.
Ne scriverà benissimo anche chi solo pochi anni fa lo trattava con sufficienza. Perché guardandosi indietro, nel tempo limitato della vita di una persona, ci si rende conto che poche cose restano, al punto di valere il privilegio della memoria e rappresentare un “attimo di eterno”. Resta quel bacio, quella volta che hai trovato le parole giuste al momento giusto, quel treno che non hai preso per scelta… e hai fatto bene. E restano alcune canzoni. Alcune fra quelle di Baglioni, per molti di noi, resteranno di certo. Ma non sarà per tutti la stessa; questo, credetemi, succede solo con i più grandi. Auguri, Claudio!
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Milano, 3 feb. (Adnkronos) - La Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) ha dichiarato all'unanimità "irricevibile" il ricorso presentato dalla difesa di Alberto Stasi condannato, nel 2015, in via definitiva a 16 anni di carcere per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi uccisa il 13 agosto 2007 a Garlasco (Pavia). Stasi reclamava "una violazione del suo diritto a un processo equo, per quanto riguarda il principio della parità delle armi" lamentando che nel processo d'appello bis non sarebbe stato ascoltato un testimone "decisivo" a dire della difesa.
Per la corte, invece, la condanna si basa "su vari elementi di prova" e le dichiarazioni del teste agli inquirenti "lungi dall'essere decisive per determinare la responsabilità penale dell’interessato, sono semplicemente servite a corroborare tutte le prove a carico" si legge nella sentenza. In tal senso, l'ultima decisione della corte d'Assise d'Appello di non sentire nuovamente il testimone "non ha compromesso l'equità del procedimento penale a carico del ricorrente. Pertanto, il ricorso deve essere respinto in quanto manifestamente infondato".
La decisione potrebbe così mettere la parola fine a uno dei casi giudiziari più lunghi degli ultimi anni, mentre Stasi, oggi quarantenne, già da tempo beneficia del lavoro esterno fuori dal carcere di Bollate.
Milano, 6 feb. (Adnkronos) - Quasi un milione di euro. E' questa la cifra che un imprenditore ha versato non rendendosi conto di essere vittima di un raggiro fatto via telefono usando il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto. L'uomo che ha denunciato l'accaduto allo stesso Crosetto (suo amico), si è poi rivolto ai carabinieri e alla procura che sta provando a bloccare il bonifico. Almeno due gli imprenditori vittime, solo una per ora la denuncia milionaria presente nel fascicolo, ma il numero delle potenziali vittime è di almeno cinque e sembra destinato a salire.
Roma, 6 feb. (Adnkronos) - 'Chi l’ha vista?'. Il Pd su Instagram prende titolo e logo della trasmissione di Rai 3 e postando la foto di Giorgia Meloni torna a chiedere alla premier di riferire in aula sul caso Almasri. "E' Giorgia Meloni a dover rispondere della vicenda Almasri al Parlamento e al Paese. Basta nascondersi".
Milano, 6 feb. (Adnkronos) - "Ci sono dei soldati prigionieri da liberare pagando un riscatto". E' questa la scusa che, in un caso, è stata utilizzata da chi, fingendosi il ministro della Difesa Guido Crosetto, ha raggirato due imprenditori, i quali hanno denunciato i fatti ai carabinieri e in procura a Milano. Altri tre imprenditori benestanti sono stati contattati dai truffatori che, complice anche l'intelligenza artificiale per camuffare le voci - del ministro, di un sedicente funzionario della Difesa o di un generale - hanno provato via telefono a ottenere ingenti bonifici. Sugli episodi indaga il pm Giovanni Tarzia.
Milano, 6 feb. (Adnkronos) - Si fingevano il ministro Guido Crosetto, oppure un generale o un sedicente funzionario del ministero della Difesa e provavano a truffare ingenti somme a degli imprenditori, cinque quelli a conoscenza dello stesso esponente di Fratelli d'Italia che ha denunciato la truffa. Due le vittime accertate, almeno tre gli altri professionisti che stavano cadendo nella rete di truffatori su cui indaga la procura di Milano guidata da Marcello Viola.
Roma, 6 feb. (Adnkronos) - "Ieri ancora una volta il governo è venuto in Parlamento e non ha detto la verità, non ha avuto il coraggio di assumersi le responsabilità delle sue scelte, si è contraddetto. Noi vogliamo sapere se per tutelare l’interesse nazionale il governo si affida anzi coopera o meglio è complice di una banda di tagliagole, di assassini, di stupratori. Io penso che questo non sia accettabile, che c’è un limite anche a quello che si definisce interesse nazionale. Mi pare del tutto normale che le opposizioni abbiano, in modo molto deciso, sottolineato le incongruenze e siano intenzionate a chiedere che ci siano risposte di verità". Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs parlando con i cronisti davanti a Montecitorio.
"Perché è inaccettabile che alla fine - aggiunge il leader di SI - la politica si infili in una discussione surreale sui cavilli e di cui diventa vittima la realtà, e quei corpi violati da aguzzini senza scrupoli, come si può vedere anche oggi in un nuovo e terribile video diffuso da Repubblica con un uomo legato al parafango e trascinato da un mezzo di quella polizia giudiziaria libica di cui è a capo Almasri gentilmente rilasciato da Nordio e Piantedosi".
"Così come è inaccettabile l’attacco devastante del governo alla Corte Penale Internazionale: ma come si fa a non vedere che ci troviamo in un mondo in guerra nel quale senza questi organismi, anzi senza il loro rafforzamento, senza ricostruire attorno a quegli organi una sorta di sacralità, l’unico elemento che resta in campo è la legge del più forte, della violenza, della violazione sistematica dei diritti? Questo governo - conclude Fratoianni - sta creando un disastro colossale, i cui costi saranno pagati dal nostro Paese".
Roma, 6 feb. (Adnkronos) - “Il Governo ha condotto l’Italia al centro di uno scandalo internazionale, impedendo che il criminale libico venisse assicurato alla giustizia. Nordio e Piantedosi ieri si sono smentiti, Meloni è sparita. Ma non può continuare a scappare. Al di là di ogni aspetto giudiziario, deve risponderne sul piano politico, davanti al Parlamento e al Paese”. Così il democratico, Peppe Provenzano.