Alice Pellegrino, 28enne di Frascati, è laureata in Ingegneria Spaziale e Astronautica. Nel 2018, dopo un anno di tirocinio in Olanda, viene assunta a Tokyo. Poi la scelta di riavvicinarsi a casa, e la firma di un contratto all'altezza delle sue competenze che l'ha portata ad Anversa. "Sono felice del mio lavoro e dell’accoglienza che ho avuto qui. E le mie responsabilità sono aumentate"
“Il Belgio ha saputo valorizzare il mio lavoro e le mie esperienze all’estero, l’Italia sembra dimenticarsi che il futuro siamo noi giovani”. Alice Pellegrino, 28enne di Frascati (Roma), dopo due anni in Giappone come ingegnere di Sistema nella progettazione di satelliti per applicazioni per Osservazione della Terra, decide di tornare in Europa, ma è un’azienda belga di Anversa a volerla perché dall’Italia non arrivano contratti all’altezza delle sue competenze. “Sono felice del mio lavoro e dell’accoglienza che ho avuto qui, essere più vicina alla mia famiglia in questa difficile situazione che tutti stiamo attraversando”.
Laureata in Ingegneria Spaziale e Astronautica alla Sapienza di Roma, con una specializzazione in Telerilevamento spaziale, Alice inizia a lavorare già prima della specializzazione. “Ho avuto la fortuna di poter collaborare ai progetti dello Space Systems and Space Surveillance Laboratory (S5Lab) della Sapienza, partecipando alla progettazione e realizzazione di piccoli satelliti ed esperimenti universitari internazionali”. Tra i lavori del S5Lab ci sono i satelliti per il tracciamento della fauna selvatica nei parchi nazionali del Kenya. Nel 2018, dopo un anno di tirocinio in Olanda, ottiene un lavoro a Tokyo per un’azienda giapponese che nel 2017 ha lanciato nello spazio il suo primo satellite commerciale. “Ho avuto subito un contratto a tempo indeterminato, un appartamento e la possibilità di lavorare ad un progetto all’avanguardia”. Alice aveva ventisei anni. Anche per i suoi colleghi nipponici è stata la prima volta: è la prima donna ingegnere del suo dipartimento e non asiatica della compagnia. “Non erano abituati a parlare in inglese, ci siamo dovuti adattare – afferma sorridendo -. Per il mio lavoro dovevo interfacciarmi con una ventina di colleghi e non è semplice farlo con chi per motivi culturali ha un’idea nei rapporti interpersonali così diversa dalla nostra”.
La tematica di genere è molto sentita da chi lavora proiettato verso le stelle: “Faccio parte di un gruppo locale di Roma dell’associazione Women in Aerospace Europe, dove coordino un progetto di ricerca sul tema della parità di genere in ambito STEM (cioè le materie scientifiche, tecnologiche, matematiche, ingegneristiche) e aerospaziale. Tutti ambienti ancora prettamente maschili”. Eppure è stata una donna afroamericana, Katherine Johnson, a calcolare le traiettorie che portarono l’uomo sulla luna. “Sono molte le donne che hanno dedicato la loro vita alla ricerca spaziale, è importante che questo settore sia senza discriminazioni o distinzioni di genere”.
Alice era in Giappone tra febbraio e marzo 2020, quando è arrivata la pandemia. “All’inizio si facevano pochi tamponi, poi iniziarono a farli solo a chi aveva sintomi gravi – ricorda -. Parliamo di un Paese dove già prima del Covid-19 il 60% della popolazione era abituato a portare la mascherina”. Le restrizioni, poi, interessavano di più gli stranieri. “Il governo varò una serie di misure rimaste in vigore fino a settembre dello scorso anno, tra cui l’impossibilità di rientrare nel Paese per chi non fosse giapponese”. Sono i mesi in cui il comitato olimpico internazionale decide il rinvio delle Olimpiadi di Tokyo 2020. “L’azienda non ci permetteva lo smart working, l’unica possibilità di flessibilità mi è stata data attraverso la rinuncia di parte dello stipendio. La pandemia ha scosso tutti – afferma – in quei mesi ho deciso di ritornare vicino la mia famiglia”. Ma tra le possibilità che le si prospettano le differenze sono disarmanti: “In Italia ci sono molte aziende che lavorano nel mio campo. Bravura e competenza non mancano – afferma- ed è un peccato quando ti accorgi che l’unica problematica è che appartieni ad una categoria bistrattata: quella dei giovani”. Ad Anversa le hanno proposto un contratto simile a quello che ha in Giappone, dall’Italia invece non sono arrivate offerte paragonabili.
E le sue responsabilità lavorative in Belgio sono cresciute: “Sono sia ingegnere di sistema che manager per le forniture di un progetto per la Stazione Spaziale Internazionale (ISS): l’International Berthing and Docking Mechanism (IBDM), un meccanismo di attracco a basso impatto per veicoli spaziali grandi e piccoli”. Con giornate di lavoro caratterizzate da orari flessibili e attenzione ai bisogni del dipendente. “Sono convinta che lo smart working, se usato in modo intelligente, può far risparmiare tempo sia al lavoratore che all’azienda”. Per la sua Italia è soltanto un arrivederci? “Non rinuncerò alla speranza di rientrare ma dovrà valerne la pena. Spero che il mio Paese decida quanto prima di investire in noi giovani. Quale sarebbe altrimenti il suo futuro, se non riesce ad attirare e trattenere i giovani lavoratori?”.