Non so se Rino Gattuso abbia la preparazione tecnica per diventare un grande allenatore. Non è il mio campo di competenze e pertanto, come semplice tifosorisultatista”, mi limito ad apprezzarne i successi (una Coppa Italia ed una probabile quanto difficile qualificazione in Champions League).

Quello che riesco a valutare, invece, con maggiore consapevolezza è la leadership efficiente che il mister ha dimostrato di possedere in un momento di crisi come quello vissuto dal Napoli tra l’autunno e l’inverno scorso.

E’ una delle cose più difficili essere riconosciuti come leader nelle fasi di crisi perché, di solito, ci sono due tipi di comportamenti distorsivi che impediscono ai capi di fare le scelte giuste:

  • l’accentrismo, cioè la consapevolezza che spinge a fare troppo e ad assumersi compiti per cui l’organizzazione è mal equipaggiata (errore commesso da Ancelotti abituato ad un diverso tipo di società)
  • l’abdicazione, che porta a scansare le responsabilità e ad addossare la colpa agli altri (opzione particolarmente attraente per Sarri).

Quando c’è un incendio in una fabbrica, un improvviso calo dei ricavi, una catastrofe naturale, gli uomini di una azienda non hanno bisogno di una chiamata all’azione.

Sono già motivati a muoversi, ma spesso brancolano. Ciò che serve, in quel momento, è solo un certo tipo di “sostegno” che li spinga ad agire in modo mirato. Il “sostegno” descrive il modo in cui il manager, l’allenatore, spesso con autorevolezza, contiene e interpreta ciò che accade nei momenti di incertezza.

Il verbo “contenere” si riferisce alla capacità di lenire l’angoscia e di aiutare gli altri a dare un senso a una situazione, alla vita insieme. Le persone non dimenticano mai come i manager le hanno trattate nei periodi crisi.

Essere “sostenuti “ mentre si lavora in un momento di crisi è più utile che sentirsi dire quanto sia luminoso il futuro.

E il gruppo di lavoro ricorderà come i manager li hanno sostenuto nella crisi o, e te lo fanno pagare, non lo hanno fatto.

E’ il grande merito di Gattuso al Napoli che ha compattato un gruppo (società e squadra) che, memore delle citate esperienze precedenti, rischiava di sbandarsi.

Un gruppo cui ha trasmesso energia e sostenuto anche (e ribadisco anche) con rumore, quel rumore che ha dato fastidio a Quagliarella (“mister stai facendo la telecronaca”) e ai tanti “giochisti” che lo interpretano come volgare chiasso.

Ma la leadership è la capacità di far conseguire alle persone di un gruppo determinati obiettivi. E’ l’attività volta ad influenzare le persone affinché si impegnino volontariamente in obiettivi di squadra. Avere leadership significa avere consenso, disponibilità verso gli altri e quindi capacità di capire gli interlocutori (come sono fatti, come la pensano) al fine di indirizzarne i comportamenti verso gli obiettivi fissati dalla società. In ultima analisi la leadership è la capacità di coniugare le aspettative dei cuori e dei cervelli dei tuoi collaboratori con quelli della organizzazione e i tuoi.

Non esiste lo stile di leadership ideale, esiste lo stile di guida migliore per quel contesto, per quelle teste e per quegli obiettivi.

Perché per essere efficiente, per realizzare gli obiettivi prefissati da una azienda, un leader deve trasmettere energia anche (lo ripeto, anche) attraverso “suoni”, mandarli in risonanza!

Ogni leader è fatto di musica, è una sinfonia, un’opera d’arte unica e irripetibile. Anche il silenzio produce vibrazioni.

Per capire quanto vali come guida, il gruppo deve conoscerti, ascoltarti e accettarti: sei un flauto o un pianoforte? Il tuo ritmo è “grave” o “allegro con brio”? Evochi un requiem o una primavera? Suoni in maggiore o minore?

La leadership nasce anche dai suoni che trasmetti: sono chiari o confusi? Ben organizzati o caotici? Sono note o rumori? Accordi o cacofonie? Che cultura trasmetti, sei rock o lento? Heavy metal o pop? E infine, che modello sei, un solista o un’orchestra?

L’era del calcio globalizzato, le squadre formate dalle nuove generazioni dei millennials e della generazione Z, mettono il leader in relazione con persone di provenienza e cultura diverse.

Come fai a farti capire e a motivarle? La forza della voce, la tua musica ti può dare una mano. Il suo segreto è contenuto negli elementi ritmici, melodici, armonici e timbrici. E’ quasi impossibile che ci siano tutti e quattro.

Importante è che la musica funzioni.

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