Il leader di Forza Italia è stato condannato in via definitiva per frode fiscale a 4 anni di cui 3 coperti dall'indulto, ha scontato la pena ai servizi sociali ed è stato riabilitato potendo quindi candidarsi ed essere eletto al Parlamento europeo. L'ex giudice Esposito: "Ho avanzato ai miei legali la richiesta di essere presente in giudizio. Siamo pronti a depositare atti in quella sede"
Dieci domande che appaiono standard a 7 anni dalla presentazione del ricorso. La Corte europea dei diritti dell’uomo non deve avere ritenute urgentissime le lagnanze di Silvio Berlusconi contro le presunte violazioni al diritto di difesa nel processo sui diritti tv Mediaset visto che come scrive il Corriere della Sera i giudici hanno scritto all’Italia di rispondere ad alcuni quesiti entro il 15 settembre. Il leader di Forza Italia è stato condannato in via definitiva per frode fiscale a 4 anni di cui 3 coperti dall’indulto, ha scontato la pena ai servizi sociali ed è stato riabilitato potendo quindi candidarsi ed essere eletto al Parlamento europeo. Ha presentato due ricorsi: questo contro la condanna e quello contro la decadenza in virtù della legge Severino che a differenza del primo era stato discusso davanti alla Grande Chambre e a cui l’ex premier ha rinunciato prima della sentenza. La Corte ha quindi archiviato.
All’udienza di Strasburgo vorrebbe partecipare anche l’ex giudice Antonio Esposito, presidente della sezione di corte di Cassazione che nel 2013 emise la sentenza nel procedimento Mediaset. “Entro il 15 settembre il governo è chiamato a rispondere ai rilievi avanzati dalla Cedu. Già da qualche mese ho avanzato ai miei legali la richiesta di essere presente in giudizio. Siamo pronti a depositare atti in quella sede”.
La Cedu pone all’Italia queste domande: “Il ricorrente signor Silvio Berlusconi ha beneficiato di una procedura dinanzi a un tribunale indipendente, imparziale e costituito per legge? Ha avuto diritto a un processo equo? Ha disposto del tempo necessario alla preparazione della sua difesa? L’azione per la quale il ricorrente è stato condannato costituiva reato secondo il diritto nazionale al momento in cui è stata commessa? Il ricorrente si è visto infliggere una pena più grave rispetto a quella applicabile al momento in cui la violazione è stata commessa, in ragione della mancata applicazione delle circostanze attenuanti? Il ricorrente è stato processato due volte per la stessa offesa sul territorio dello Stato?”. A questi quesiti hanno risposto nel corso del tempo molti corti italiani e tantissimi giudici, basti pensare che per Berlusconi è stata ricalcolata al ribasso la pena accessoria da 5 a 2 anni. Tutte le eccezioni sollevate nel corso dei lunghissimi anni del processo, tra un lodo e un altro (bocciati dalla Consulta), come i presunti mancati riconoscimenti del legittimo impedimento al taglio dei testimoni richiesti dalla difesa (oltre 100) oppure il rigetto dell’istanza di trasferimento del processo ad altra sede o anche la mancata traduzione in italiano di alcuni documenti provenienti dall’estero, sono stati sottoposti ai giudici europei, ma i magistrati italiani le hanno già valutate e rivalutate bocciandole. Alle risposte del governo potranno replicare i difensori di Berlusconi, in un contraddittorio scritto che precederà il verdetto che è preliminare alla decisione nel merito. Solitamente la Cedu ci impiega una anno prima di esaminare un ricorso dalla sua presentazione. Se la Corte accerta una violazione, essa può riconoscerle
una “equa compensazione”, che consiste in un risarcimento economico dei pregiudizi sofferti. La Corte non può annullare le decisioni o le leggi nazionali.
Ma la sentenza Mediaset ha avuto una conseguenza importante dal punto di visto economico. Il diritto della Fininvest a detenere le quote eccedenti il 9,99 per cento di Banca Mediolanum, contestato proprio a causa della perdita dei requisiti di “onorabilità” (dovuta alla condanna) da parte dell’ex Cavaliere, azionista di maggioranza del gruppo che a seguito del verdetto dovette vendere quindi la sua parte di azioni.