Una su quattro tra le oltre 544mila persone che hanno chiesto aiuto alle Caritas diocesane tra settembre 2020 e marzo 2021 è un “nuovo povero”. Cioè qualcuno che prima del Covid non aveva mai avuto bisogno di assistenza per arrivare a fine mese. Le categorie che più spesso si sono rivolte alla rete Caritas sono le persone con un impiego irregolare fermo a causa della pandemia (61,1%), i lavoratori precari o intermittenti che non hanno potuto godere di ammortizzatori sociali (50%), gli autonomi e stagionali in attesa delle misure di sostegno (40,5%), i dipendenti in attesa della cassa integrazione ordinaria o in deroga (35,8%). I dati emergono dalla quarta rilevazione sui bisogni e le vulnerabilità, a cui hanno partecipato 190 Caritas diocesane, pari all’87,1% del totale. Il periodo considerato è quello della seconda ondata, in cui secondo l’organismo della Cei “sono emersi evidenti segnali di ripresa e l’attivazione di nuove forme di sostegno a favore di persone, famiglie e imprese colpite dagli effetti socio-economici della pandemia”.

Quasi tutte le Caritas diocesane interpellate evidenziano che, accanto a situazioni legate ai bisogni fondamentali della persona, compaiono bisogni inerenti alla sfera formativa e al disagio psico-sociale, che colpiscono soprattutto le donne e i giovani: difficoltà legate al precariato lavorativo e all’occupazione femminile (93,2% delle Caritas), precariato dei giovani (92,1%), persone e famiglie con difficoltà abitative (84,2%), povertà educativa (80,5%), disagio psico-sociale dei giovani (80,5%). Seguono la povertà minorile (66,3%), la rinuncia o rinvio dell’assistenza sanitaria ordinaria, non legata al Covid (66,8%), le violenze domestiche (51,1%).

Gli ambiti e i settori economici che hanno risentito maggiormente della crisi economica correlata al Covid, dall’osservatorio Caritas, sono stati soprattutto quelli della ristorazione, segnalati dal 94% delle organizzazioni diocesane, seguiti dal settore turistico-alberghiero (77,4%). La maggioranza assoluta delle diocesi segnala anche la difficoltà degli esercizi commerciali (64,2%) e delle attività culturali, artistiche e dello spettacolo (53,2%).

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