Nelle 43 pagine di “note all’udienza” depositate dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco e dal sostituto procuratore Stefano Civardi nel processo con rito abbreviato sul caso Lombardia Film Commission e che vede imputati per peculato e turbata libertà nella scelta del contraente Di Rubba e Manzoni non c'è solo la copertura politica di tutta l'operazione, ma anche il rapporto a quattro tra l'ex tesoriere e i commercialisti
“Controllori” alcuni anche “coperti”, una “comune militanza politica”, naturalmente sotto l’ombrello del nuovo “leader incontrastato” Matteo Salvini, e ancora “rapporti personali strettissimi (…) in parte occultati e dissimulati”. È questa la cornice dentro la quale si consuma “l’intero progetto criminoso” che riguarda l’acquisto di un capannone da parte della fondazione regionale Lombardia Film Commission. I passaggi eloquenti e che portano nel campo della stretta politica leghista l’affare Lfc condotto attraverso un “accordo collusivo” coordinato dagli ex contabili del Carroccio, Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, sono contenuti nelle 43 pagine di “note all’udienza” depositate dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco e dal sostituto procuratore Stefano Civardi nel processo con rito abbreviato che vede imputati per peculato e turbata libertà nella scelta del contraente gli stessi Di Rubba e Manzoni. E se pur il documento inevitabilmente è incentrato sulla ricostruzione del caso Lfc, alcuni passaggi fanno intendere chiaramente che l’inchiesta milanese sui presunti fondi neri della Lega prosegue a ritmo serrato e in modo parallelo ai processi in corso. È, secondo la Procura, lo stesso Manzoni a illustrare indirettamente il nuovo scenario, spiegando “fattualmente la sua ascesa nel mondo del partito politico Lega sotto l’egida del nuovo indiscusso leader eletto segretario federale nel dicembre del 2013”.
E ancora: “L’asse, per sé penalmente irrilevante ai fini di questa porzione di indagine, è ben ricostruito dallo stesso Manzoni: Matteo Salvini posiziona Giulio Centemero nella delicata carica di tesoriere del partito e Centemero si avvale della collaborazione dello stimato amico e collega Manzoni, che a sua volta gli introduce Di Rubba”. Così “i due giovani commercialisti bergamaschi costituiranno i cardini su cui ristrutturare la gestione economica della Lega”. Gestione già illustrata dal commercialista Michele Scillieri nei suoi lunghi verbali davanti alla Procura e che conduce anche verso flussi di denaro collegati al Lussemburgo. Spiega Scillieri: “Quando lavoravo in Bellerio nel 2015 (…) avevo avuto modo di apprendere alcune circostanze da Di Rubba e Manzoni: in cassa della Lega c’erano circa dai 6 agli 8 milioni che sarebbero dovuti servire in parte per la riduzione del personale e per mettere ordine nella gestione delle diverse società (l’immobiliare, la radio, la finanziaria etc.). Nel dicembre 2018 (…) ebbi modo di ritornare sull’argomento con Di Rubba. Seven Fiduciaria era di un commercialista di Clusone Sergio Balduzzi dal quale avevano lavorato Di Rubba e Manzoni fino al 2014 e al quale avevano portato via molti clienti. Io chiesi a Di Rubba se c’era un collegamento fra le sette società possedute dalla Seven Fiduciaria e i sette milioni che erano all’estero in Lussemburgo. Di Rubba mi fece il gesto dei rivoli e io intuii che ogni società aveva in dote 1 milione. Le sette società erano gestite da loro e da Centemero (almeno una da Centemero)”.
Nel documento di cui qui si tratta vi è un passaggio ad oggi inedito e che spiega il modo in cui la Lega di Salvini ha tentato di sottrarre il denaro del partito ai sequestri ottenuti dalla procura di Genova che indaga dal 2018 sulla scomparsa dei 49 milioni. Spiega sempre Scillieri: “Incontrai Manzoni alla Camera dei deputati. Ripercorremmo assieme il tentativo di vendere l’immobile di via Bellerio, la riduzione del personale, la esternalizzazione tramite il loro studio della gestione contabile e amministrativa, la creazione delle associazioni regionali e provinciali per impedire l’aggressione del patrimonio della Lega”. Si tratta delle cosiddette “casse esterne” sulle quali far girare il denaro e blindarlo da eventuali aggressioni da parte dei magistrati. Un dato già emerso nei verbali di Marco Ghilardi, ex direttore della filiale Ubi di Seriate sulla quale i leghisti oggi imputati movimenteranno molto denaro e tenteranno, senza riuscirci, di aprire conti correnti dedicati proprio alle varie ramificazioni locali del Carroccio.
Il rapporto a quattro, tra Centemero, Di Rubba, Manzoni, Scillieri, è definito di “grande intimità” e “validato sul campo” attraverso “la molteplicità di legami, leciti e illeciti”. La lista è lunga: e va “dal “servizio di domiciliazione per la nuova Lega, agli studi sulla vendita dell’immobile di via Bellerio, al sistematico ritorno economico a Di Rubba e Manzoni degli emolumenti relativi agli incarichi che” i due “procuravano a Scillieri, nella Lega e in quella fitta selva di sottogoverno in cui rientrava Lfc”. E se Centemero non risulta indagato qua, la sua presenza riempie diversi atti d’indagine. In particolare alcune chat acquisite dalla Procura di Genova e che riguardano il progetto di mettere in piedi uno studio di commercialisti con Scillieri e il duo Di Rubba-Manzoni. Scrive il tesoriere della Lega. “Arrotondiamo a 30 x 6 anni. In quello spazio suppongo ci stia anche il coinquilino di Scillieri”. Giorni dopo Di Rubba scrive a Centemero: “Scillieri l’ho sentito venerdì ed è interessato a dividere con noi l’ufficio, sull’acquisto o affitto mi fa sapere a breve”. Centemero. “Great”. Alla fine il progetto non andrà in porto, ma, scrive la Procura, “Scillieri non spiega esaustivamente perché non abbia dato seguito al progetto di studio professionale a quattro”.
Insomma, quello che emerge da questa “fabbrica di carte” sul caso Lfc è che “nulla è come sembra”. Par di capire quindi che l’accusa di peculato rappresenti solo la punta dell’iceberg. E del resto, scrive la Procura, l’intera vicenda Lfc si è snodata a partire dal 2016 “attraverso un’accorta apparecchiatura di mezzi, istanze, atti pubblici, fatture, contratti, consulenze, perizie”. Il tutto per uno scopo: “Impossessarsi di danaro pubblico, in ragione di qualche centinaia di migliaia di euro (…) inteso come ricompensa dovuta di più complessi e rischiosi servizi”. Quali che siano questi altri “rischiosi servizi” e forniti a chi, è una domanda alla quale vuole rispondere la Procura con le prossime indagini.