Com’è lunga e ostacolata la strada della transizione verde. Le tecnologie, i progetti, i soldi….e le soprintendenze. Incaricate di salvaguardare paesaggi e monumenti italiani sono estremamente restie ad autorizzare nuove installazioni eoliche o fotovoltaiche o anche, più semplicemente, a far rimpiazzare i vecchi impianti con nuovi più efficienti. La denuncia arriva oggi dalle pagine di Repubblica da parte di chi l’ambiente l’ha sempre difeso, vale a dire il presidente di Legambiente Stefano Ciafani. “Dobbiamo costruire impianti fotovoltaici ed eolici e dobbiamo farlo in fretta ma i soprintendenti dicono sempre no”, spiega Cifani che cita poi alcuni dei casi più eclatanti “in Sardegna la società che gestisce un campo eolico voleva ridurre le pale per metterne meno ma più grandi e potenti: le è stato impedito. A Taranto è stato bloccato l’impianto eolico off shore (ossia in mare aperto, ndr)”.
Coerentemente con i piani dell’Unione europea l’Italia è impegnata ad accrescere sensibilmente il peso delle fonti rinnovabili entro il 2030 ed azzerare le emissioni di Co2 entro il 2050. I fondi, almeno in parte, ci sono, stanziati con il Recovery plan che distribuisce le risorse in arrivo da Bruxelles. Oggi l’Italia genera circa il 40% della sua elettricità da idroelettrico, eolico e fotovoltaico. La sfida è di salire introno al 70-80% già nei prossimi anni. Bisogna muoversi in fretta anche alla luce dell’avvertimento arrivato ieri dall’Agenzia internazionale dell’energia, secondo cui l’unico modo per centrare gli obiettivi di contenimento dell’aumento della temperatura globale è quello di bloccare da subito qualsiasi nuovo investimento in petrolio, gas o carbone.
Il presidente di Legambiente ricorda come oggi prevalga spesso una concezione discutibile e obsoleta di ambientalismo. Vengono consentiti “sfregi” di ogni tipo, dai condizionatori che spuntano come funghi sulle facciate delle case, alle migliaia di antenne e parabole che popolano i tetti di molti centri storici. Si dimentica poi come la costruzione di impianti di energie rinnovabile consentiranno di eliminare quelli a combustibile fossile. E dunque le ciminiere e le centrali a gas, petrolio e carbone che impattano pesantemente su tante aree italiane, da Civitavecchia, a Savona, dal Sulcis a La Spezia.
“In questo momento, afferma Ciafani, il destino della transizione ecologica è più nelle mani del ministro dei beni e delle attività culturali Dario Franceschini che in quelle del ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani. Per questo riteniamo che il suo ministero dovrebbe aggiornare le linee guida sull’installazione delle rinnovabili, che risalgono a più di dieci anni fa, per adeguarle in modo chiaro ai nuovi obiettivi del paese“. Secondo il presidente di Legambiente il nuovo documento dovrebbe diventare il testo sacro in base a cui le soprintendenze forniranno i loro pareri. “Ma speriamo anche che nel decreto semplificazioni sia prevista la consultazione pubblica prima di realizzare un’opera, come si fa da anni in Francia. Si apriranno migliaia di cantieri e se non si recepiranno i pareri dei territori il rischio è che l’Italia diventi un paese in guerra civile”, ragiona Ciafani. Di fronte al rischio che iter autorizzativi più rapidi e la mancanza del potere di veto delle soprintendenze mettano a rischio l’integrità del territorio il numero uno di Legambiente ritiene che il pericolo possa essere scongiurato rafforzando i controlli che oggi sono invece molto carenti, soprattutto al Sud.
Sul tema interviene anche il ministro Cingolani che, in un’intervista a Il Foglio, sottolinea “sull’ambiente, le perdite di tempo non saranno più ammissibili e non dovrà più essere accettabile che vi sia qualcuno che renda impossibile l’installazione di un impianto per le rinnovabili con giustificazioni arbitrarie. Lo stesso concetto vale per le verifiche di impatto ambientale. Non sono a favore – dice – di una deregulation spietata ma dobbiamo chiederci come sia possibile che vi siano alcune procedure per ottenere i permessi che durino anche 1.200 giorni“.