A Reggio Emilia è stata una grande finale, e non solo per il ritorno del pubblico, dopo oltre un anno di Coronavirus e stadi chiusi
La Juventus è ancora campione. Solo della Coppa Italia. Ma anche nella stagione in cui ha abdicato, ceduto lo scudetto ai rivali dell’Inter, rischia di non qualificarsi nemmeno in Champions League, vince comunque. Batte 2-1 l’Atalanta, che invece è sempre bellissima, fa e disfa, incanta, ma resta una favola, ancora incompiuta. Come nel 2019, quando aveva perso contro la Lazio, ma stavolta fa più male, perché dopo due anni la squadra di Gasperini sembrava ancora più matura, più pronta, semplicemente più forte della Juventus. Evidentemente non abbastanza.
A Reggio Emilia è stata una grande finale, e non solo per il ritorno del pubblico, dopo oltre un anno di Coronavirus e stadi chiusi. Una delle più belle partite della stagione, per intensità, qualità, tensione agonistica. E una delle migliori Juventus della stagione, per coerenza, applicazione, concentrazione. Un’idea chiara in testa: difendere, contenere, e poi colpire, se e quando sarebbe stato possibile. È andata esattamente così. La Dea ha giocato. La Juve ha vinto. Con pragmatismo e umiltà, la forza di chi nonostante tutto queste partite è abituato a giocarle, tanta esperienza, ma anche la gioventù di Kulusevski e Chiesa, gli autori dei gol decisivi, le due speranze per la rifondazione bianconera che chissà, potrebbe anche essere cominciata stasera.
Come gira la ruota. L’Atalanta è diventata così grande con Gasperini, la Juventus si è riscoperta così piccola con Pirlo, che in questa finale erano gli orobici i favoriti. Ma i bianconeri non hanno avuto vergogna a vestire i panni dell’outsider, quasi della provinciale: con Morata lasciato in panchina e una sola punta di ruolo in campo, Ronaldo, e Kulusevski tanto defilato da formare una specie di 4-5-1. Ed è stata questa la chiave. Perché hanno sofferto, ma mai concesso troppo agli avversari, e poi hanno preso il sopravvento nel finale.
L’Atalanta, che ha fatto la partita, ne ha deciso anche i ritmi. Forsennati, dall’inizio ma non alla fine, sino a quando c’è riuscita. In 5 minuti aveva già sfiorato due volte il gol, con Zapata, incontenibile per De Ligt. E poi reclamato un rigore con Pessina (intervento scomposto di Rabiot), che ci sarebbe stato, se solo Massa avesse visto, o almeno rivisto al Var. Pressione costante. Ma la Juventus ha retto. Anche nei momenti più difficili, tutti nel primo tempo. Avendo la fortuna di ritrovarsi addirittura in vantaggio, con il mancino d’oro dell’ex Kulusevski, al termine di un contropiede nato da un altro episodio controverso, un’entrata al limite di Cuadrado che prende palla e gambe. Niente fischio, niente Var, di nuovo proteste furiose. Tutto regolare. L’Atalanta sembra non fare un piega, continua ad attaccare di gioco e di nervi e ritrova il pareggio quasi subito, prima dell’intervallo, col suo uomo più in forma, Malinovsky, che ormai nella macchina perfetta di Gasperini ha sostituito Gomez e Ilicic messi insieme. Però questo sforzo, fisico e mentale, lo pagherà alla distanza.
Il secondo tempo riprende alla stessa maniera. L’Atalanta spinge, attacca, la Juve aspetta, difende. Però qualcosa sta cambiando. Dopo un’ora di gioco, e che gioco, anche l’Atalanta sembra rifiatare, pensare, forse dubitare, mentre la Juve ritrova nuove energie e certezze. Kulusevski sfiora la doppietta, Chiesa si presenta solo davanti a Gollini e si stampa clamorosamente sul palo. Non è un’impressione. Alla terza occasione, la Juventus ripassa: l’azione è confezionata ancora da Kulusevski e Chiesa, l’azzurro di nuovo solo in mezzo all’area stavolta non sbaglia. E stavolta il vantaggio bianconero non è un caso, non è un incidente di percorso a cui l’Atalanta ha tutto il tempo di rimediare ma il sogno che scivola di nuovo via. Gasperini, che aveva già inserito senza risultati Muriel e Pasalic, si gioca pure Ilicic, e poi persino Miranchuk. Ma non produce niente: semplicemente l’Atalanta non ne ha più, solo nervi, per un arbitraggio discutibile ma soprattutto per i propri rimpianti. È stata brava la Juventus a farle finire la benzina e poi approfittarne. Forse Pirlo non è poi così scarso. O forse questo trofeo non cambia nulla nella stagione fallimentare dei bianconeri, dipenderà molto di più da quel quarto posto che vale decine di milioni. Però vincere conta sempre qualcosa. La Juventus continua a farlo.