Franco Battiato era un’anima molto delicata, un po’ come quei fiori che, appena li tocchi, si disfano. Quindi, io ho pudore e paura a dire delle cose su di lui così a caldo”. Così, a “Otto e mezzo” (La7), il direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, esordisce nel suo commosso tributo all’amico Franco Battiato.
E per omaggiarlo legge alcuni versi della sua canzone “Testamento”: “‘Lascio agli eredi l’imparzialità, la volontà di crescere e capire, uno sguardo feroce e indulgente per non offendere inutilmente. Lascio i miei esercizi sulla respirazione, Cristo nei Vangeli parla di reincarnazione. Lascio agli amici gli anni felici delle più audaci riflessioni, la libertà reciproca di non avere legami. E mi piaceva tutto della mia vita mortale, anche l’odore che davano gli asparagi all’urina. We never died, We were never born. Noi non siamo mai morti, non siamo mai nati‘. C’è tutto”.

Alla conduttrice Lilli Gruber, che gli chiede quale fosse la canzone sua e di Battiato, Travaglio risponde: “Certamente ‘Prospettiva Nevski’, che ho provato a cantare con lui alla Versiliana e che non mi è mai riuscita così bene come quella volta. Era una magia di Battiato quella. ‘Il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire’ è un verso che ti lascia veramente un groppo in gola. L’altra è una canzone che lui mi dedicava ai concerti quando sapeva che ero tra il pubblico, perché, scherzando, diceva di averla scritta con me, a mia insaputa. Riguardava gli scandali del Cavaliere e si intitola ‘Inneres Auge’“.
E chiosa: “Battiato ha sempre vissuto in tanti mondi e se n’era già andato in uno di quei mondi da qualche anno. Oggi si è definitivamente liberato

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