La crisi dell’acciaio mette a rischio la campagna del pomodoro italiano. O meglio, la sua trasformazione, di cui il nostro paese è leader mondiale. Ma per riempire i barattoli di conserva, servono i barattoli. Fatti per due terzi in banda stagnata, materiale utilizzato in grandi quantità dagli scatolifici italiani e che ora risente dell’aumento del prezzo della materia prima. Quell’acciaio che negli ultimi mesi arriva col contagocce dai produttori asiatici, complice l’aumento della domanda interna e i problemi logistici legati al Covid. Una mancanza che le ferriere europee non sono in grado di coprire, portando a un calo della produzione globale. Risultato: prezzi alle stelle e approvvigionamenti a rischio. “All’inizio dell’anno l’aumento era intorno al 15%”, spiega Giovanni Cappelli di Anfima, l’Associazione nazionale dei fabbricanti di imballaggi metallici. “Sono oscillazioni cicliche che di solito rientrano in pochi mesi. Questa volta invece il rincaro nato in Cina ha iniziato a cavalcare e ora siamo arrivati a prezzi maggiorati fino al 60% rispetto a settembre”.
Chiedere oggi una tonnellata di acciaio a un produttore europeo significa riceverla l’anno prossimo. E anche i contratti già sottoscritti risentono di questa situazione: “Le consegne avvengono con due o tre settimane di ritardo”, racconta Ottaviano Lucatello, titolare della New Box, azienda da 90 milioni di fatturato e 300 dipendenti che produce imballaggi per alimenti a Camisano Vicentino. “Noi per ora riusciamo a compensare con le scorte che abbiamo in magazzino, ma se i ritardi dovessero aumentare ancora ci saranno problemi”. Il mercato asiatico invece è ormai proibitivo: “In autunno un container da 25 tonnellate di materia prima costava 1.700 euro, ora ce ne chiedono 6.000”.
Alcuni produttori hanno anche cancellato quote di acciaio prestabilite: “Ci siamo visti tagliare le forniture e rigettare ordini ai prezzi stabiliti in autunno, una cosa mai vista in 25 anni di attività”, dice Fabio Bove della Easytech di Fisciano, provincia di Salerno, un’area dove si concentra gran parte della produzione italiana di conserve vegetali. La Easytech, 30 milioni di fatturato e 70 dipendenti nei mesi di lavoro più intensi, produce coperchi per barattoli in banda stagnata. “Oggi l’acciaio costa fino a 500 euro in più a tonnellata. Questo avrà una ricaduta importante sul prezzo finale dei prodotti”.
Gli effetti di queste dinamiche globali rischiano infatti di vedersi presto sugli scaffali dei supermercati italiani. “Per il momento abbiamo una certezza: l’aumento dei costi”, dice Giovanni De Angelis, direttore generale di Anicav, l’associazione di Confindustria che riunisce i produttori di conserve alimentari vegetali. “L’imballaggio è una voce che incide fino a un terzo sul costo di produzione, con questi numeri ci sarà un aumento finale del 10%”, continua De Angelis. La crisi dell’acciaio arriva in un momento decisivo per quella che sarà poi la produzione annuale di conserva. Il pomodoro viene lavorato principalmente in agosto e settembre, ma è in queste settimane che si producono le scatole e i barattoli necessari, due su tre fatti in banda stagnata. E la campagna 2021 inizia con i magazzini vuoti per effetto della pandemia. Non solo: “Se l’export si è confermato in aumento, per la prima volta dopo 10 anni nel 2020 è cresciuto anche il mercato interno”.
I consumi sono saliti del 16,4%, i volumi del 9,7. Un’inversione significativa dovuta alle chiusure prolungate dei ristoranti e al fatto che i consumatori italiani durante il lockdown hanno preferito i prodotti a lunga scadenza. Questo ha spinto i conservieri a programmare aumenti di produzione dal 10 al 15% per il 2021. “Gli stock sono stati esauriti dall’incremento delle vendite e ora c’è la necessità di produrre di più anche per adeguare i magazzini alla domanda”, spiega ancora De Angelis. “Le aziende avranno bisogno di un maggior numero di scatole e barattoli: questa crisi della materia prima deve essere superata o ci saranno grossi problemi per tutta la filiera”. Una conferma di queste criticità arriva da Mutti, leader del settore in Italia: “Il rischio di ricaduta c’è e lo stiamo avvertendo, sia per l’approvvigionamento sia dal punto di vista dell’aumento dei prezzi”, spiega l’amministratore delegato Francesco Mutti. “Stiamo lavorando per limitarne il più possibile l’impatto tanto sulla nostra filiera quanto sul consumatore finale”.