Quasi quaranta procedure tecnico-amministrative, almeno cinque assemblee prima dell’inizio dei lavori, fino a sei mesi per ottenere dai comuni la verifica della conformità edilizia, circa 40 documenti da caricare nelle piattaforme. Per l’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) sono queste forse le maggiori criticità del Superbonus 110% introdotto dal governo Conte con il decreto Rilancio. Una procedura farraginosa che ha compresso le potenzialità del Superbonus e che le imprese del settore sperano sarà presto semplificata.
Non a caso, come raccontano le ultime rilevazioni Enea-Mise al 6 maggio 2021, l’incentivo è riuscito a far scattare 13.549 interventi per un importo complessivo di 1,7 miliardi di euro. La cifra rappresenta solo una piccola parte degli oltre 18 miliardi stanziati dal governo per una delle più importanti misure di rilancio dell’economia del Paese. Come se non bastasse, riferisce l’Ance, il 90% dei lavori che usufruiscono oggi del Superbonus riguarda singole unità indipendenti o edifici unifamiliari. Sono state poche le richieste da parte dei condomini che però rappresentano quasi il 40% dell’importo complessivo con una spesa media da oltre 500mila euro contro i 90mila euro dei lavori previsti per gli immobili unifamiliari. Probabilmente, come spiega l’Ordine dei commercialisti, lo scarso interesse dei condomini è legato proprio alla complessità e ai tempi delle procedure che possono essere diversi da comune a comune e da regione a regione. Non a caso, sempre secondo le rilevazioni Ance, c’è anche una distribuzione a macchia di leopardo nell’utilizzazione dell’incentivo. Con Veneto, Lombardia e Lazio che fanno la parte del leone, seguite a ruota dall’Emilia Romagna.
Finora, in sintesi, i risultati sono inferiori alle aspettative delle aziende di settore e dei professionisti che peraltro lamentano una monopolizzazione del mercato da parte delle grandi società di consulenza. “Il pieno successo del Superbonus è frenato da una congiunzione nociva dovuta al fatto che i principali gruppi bancari hanno stretto accordi con le grandi società di consulenza, che non stanno dando una risposta pienamente efficiente – ha spiegato Achille Coppola, segretario del consiglio nazionale dei commercialisti -. La natura stessa del provvedimento avrebbe dovuto invece portare ad un ben maggior coinvolgimento di soggetti di minor dimensione: piccoli consulenti, piccole aziende, piccoli istituti di credito. I grandi attori stanno sclerotizzando il mercato”. Per non tacere il fatto che, secondo i commercialisti, sarebbe anche necessario un testo unico delle interpretazioni per l’intera famiglia delle detrazioni edilizie che dal punto di vista del bilancio dello Stato vale ormai un impegno di spesa annuale da ben 10 miliardi di euro.
Eppure il Superbonus ha un potenziale molto elevato. L’Ance ha stimato che può valere 6 miliardi di spesa aggiuntiva solo nel 2021. “Un investimento che, è utile ricordarlo, è in grado di generare un effetto sull’economia di 21 miliardi di euro, ovvero oltre un punto percentuale di Pil – ha spiegato il presidente Ance, Gabriele Buia, in audizione in parlamento lo scorso 13 maggio – A ciò si aggiungano anche gli importanti effetti sull’occupazione, con un incremento di circa 64mila posti di lavoro nelle costruzioni (che, considerando l’indotto, potrebbe raggiungere le 100mila unità). Fino ad oggi, però, molte aspettative sono state frustrate da una normativa che solo alla fine del 2020 ha definito le regole operative e da iter procedurali troppo complessi che ritardano considerevolmente l’avvio delle iniziative sul mercato. In altre parole, si è perso quasi un anno prima di poter finalmente lavorare”. Tocca ora al governo tentare di rimettere a posto le cose puntando anche a ristabilire un clima di fiducia nel rapporto con il contribuente che resta comunque il responsabile di ultima istanza della procedura. Con il rischio, in caso di errori, di perdere l’intero beneficio fiscale. Una spada di Damocle che di certo non è un incentivo.