È inutile negare che lo scontro in atto in questi giorni tra fautori della tutela e sostenitori della transizione ecologica è molto forte. Non potrebbe essere altrimenti perché in questi giorni si decide in merito alla proposta del ministro Roberto Cingolani di ridurre a 30 giorni l’iter autorizzativo delle Soprintendenze.

A supporto della proposta sono uscite sulla stampa delle dichiarazioni di Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, contro le Soprintendenze, colpevoli secondo lui di mettere a rischio il raggiungimento dell’obiettivo della Ue di ridurre del 55% le emissioni di CO2 entro il 2030. Una accusa che Italia Nostra trova ingiustificata, visto che le lungaggini spesso derivano dalla scarsa qualità dei progetti presentati dagli operatori.

Altrettanto duro è lo scontro che oppone i territori alla concreta realizzazione degli impianti eolici e fotovoltaici a terra e che spesso finiscono nei Tribunali amministrativi d’Italia, da nord al sud. Dopo anni in cui la speculazione green ha devastato incontrastata le aree interne, dove le Comunità sono indifese e prive di una forte rappresentanza politica (vedi la Basilicata, il Molise e la Capitanata in Piglia), oggi sono gli stessi sindaci a opporsi. Le comunità più popolose delle coste sono riuscite a respingere le proposte di impianti eolici offshore a Termoli, a Manfredonia nel Gargano, a Is Arenas in Sardegna, a Sciacca e a Gela in Sicilia, e infine a Rimini. Sui territori le battaglie sono spesso portate avanti con l’appoggio del WWF e della base di Legambiente.

La narrazione fantasiosa, che vorrebbe altissimo il gradimento delle fonti rinnovabili, si dissolve come nebbia al sole quando i cittadini vedono sorgere questi impianti dietro casa, nella loro terra e nel loro mare. E allora ringraziano il cielo che esistano le tanto vituperate Soprintendenze, costantemente sotto attacco delle forze politica interessate solo a depontenziarle. Come anche la narrazione che in altri paesi europei non vi sia un movimento contro l’eolico selvaggio: vedere l’EPAW (European Platform Against Windfarms) che raccoglie 1615 sigle in 31 paesi.

Perché continuare a negare ai territori il diritto di tutelare il loro ambiente, le biodiversità e anche settori importanti dell’economia, come il turismo, l’immobiliare e l’agricoltura? Legambiente fa finta di non vedere lo scempio del paesaggio per l’estrazione industriale di energia cosiddetta green a beneficio di grandi multinazionali che, oltre a beneficiare di incentivi pagati a caro prezzo dagli italiani nelle loro bollette, versano pochi spicci ai poveri agricoltori costretti a piegarsi al loro strapotere. E, infine, è indifferente alle leggi dello Stato, quel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio che altri paesi ci invidiano ma che dà fastidio a chi vorrebbe tappezzare le campagne italiane di pannelli fotovoltaici e coprire tutti i crinali con torri eoliche.

Per superare questa sterile contrapposizione, Italia Nostra propone di:

autorizzare solo i progetti validi, istruiti con cura e non accanirsi a chiedere modifiche che ingolfano inutilmente i lavori della Commissione di VIA, prassi già denunciata da tutte le associazioni ambientaliste;

rivedere il sistema degli incentivi, concentrandoli sull’installazione dei pannelli solari sui capannoni industriali, sugli edifici nelle periferie delle città, sui parcheggi e lungo le autostrade;

incentivare soluzioni tecnologiche meno impattanti dell’eolico gigante;

favorire la nascita di comunità energetiche attraverso leggi e politiche fiscali ad hoc, mettendo finalmente in mani democratiche la produzione energetica: il sole e il vento sono di tutti, non dei grandi gruppi energetici.

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