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Coppa Italia – Qual è la vera Juventus? Quella del quinto posto o della finale vinta? Lo deciderà Gasperini

Coppa Italia – Qual è la vera Juventus? Quella del quinto posto o della finale vinta? Lo deciderà Gasperini
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La finale di Coppa Italia, oltre a consegnare il trofeo alla Juventus di Andrea Pirlo a scapito dell’Atalanta guidata da Gian Piero Gasperini, ci ha regalato alcuni spunti dal divano. Ecco quali…

di Mattia Musio

Il paradosso calcistico che si è formulato nei 90 minuti della finale di Coppa Italia sono il perfetto riassunto di una stagione indecifrabile. Questa ha mostrato, una volta di più, il doppio volto della squadra allenata da Andrea Pirlo.

Spieghiamoci meglio: il primo tempo è tutto ciò che di negativo abbiamo visto nella squadra bianconera in questa annata. Un baricentro basso, una scarsa predisposizione alla lotta sulle seconde palle, dialogo poverissimo tra la linea di centrocampo e quella di attacco, tanto lontane e avulse da non sembrare dello stesso schieramento. Soprattutto, una pigrizia a suggerire il passaggio di ritorno che in questi mesi è stata disarmante, che porta come conseguenza naturale il dribbling non riuscito o il lancio a campanile.

I secondi quarantacinque minuti sono invece il volto ruggente di una squadra coraggiosa, nervosa (nel senso buono del termine) e altruista. Questi sono il riflesso propositivo della trionfante trasferta a Barcellona, delle partite contro il Napoli e, appunto, della frazione decisiva nella conquista della Coppa Italia.

Ma, a conti quasi conclusi, non si riesce a capire quale sia la metà di Juventus che domina sulla sua nemesi: quella della pressione alta e dei movimenti verticali o quella pigra ed egoista che, fino a ora, ha portato i bianconeri al quinto posto in campionato? Se, con il secondo titolo stagionale, le percentuali si sono – forse – stabilizzate simmetricamente, a decidere le sorti dell’allenatore bianconero sarà proprio l’Atalanta, giudice kafkiano di una stagione che, in caso di mancata qualificazione alla Champions League, sarà da definire fallimentare.

Il paradosso ora torna clamoroso: è possibile giudicare come fallimentare la prima stagione di un allenatore che vince due trofei? E se no, dove sta il punto? Il punto sta nell’indole mai trasmessa a una squadra svuotata mentalmente durante tutto il corso dell’anno, i gol concessi su sanguinose disattenzioni che si sono accumulate fino a formare la marea kubrickiana di Shining, l’ipotetico quinto posto della rosa più attrezzata d’Italia che, manco a dirlo, sarebbe una beffa. La colpa, senza alibi, di non aver trovato nel corso della stagione una formazione titolare, in un continuo susseguirsi di moduli, assetti e interpretazioni di gioco sempre differenti e mai complementari, come dimostrano il centrocampo e l’attacco ormai cambiato di domenica in domenica, con buona pace del concetto di identità calcistica.

In tutto questo, il timbro della sufficienza sulla stagione di Pirlo sarà nelle mani di Gian Piero Gasperini, che nell’ultima partita stagionale potrebbe regalare il pass dell’Europa dei grandi all’esordiente collega. Questo, ovviamente, dando per scontato che i bianconeri facciano risultato a Bologna: la Juventus del secondo tempo non avrebbe difficoltà, quella del primo è condannata a naufragare.

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