Mario Draghi ed Enrico Letta si confrontano a distanza sulla redistribuzione della ricchezza. E sulla proposta del segretario Pd di istituire una “dote” per i neo-diciottenni finanziandola con un aumento della ora risicatissima tassa di successione sui patrimoni oltre i 5 milioni di euro (idea lanciata, per la verità, già lo scorso 17 aprile all’assemblea nazionale del partito dal capodelegazione al Parlamento Ue Brando Benifei) prende vita lo scontro politico. “Non ne abbiamo mai parlato, non l’abbiamo mai guardata ma non è il momento di prendere i soldi ai cittadini ma di darli”, ha risposto il premier durante la conferenza stampa di presentazione del decreto Sostegni bis. “Noi mettiamo i giovani al centro della nostra azione, sono la parte più bistrattata e colpita dalla pandemia. Abbiamo chiesto loro un sacrificio per mettere in sicurezza la parte più fragile della nostra popolazione, ora dobbiamo ridare indietro“, è la replica – indiretta – del segretario Pd, che ritiene giusto che ora a pagare sia “l’1% più ricco”: “Sarebbe un bellissimo segnale di spinta ai giovani per lo studio, la casa, il lavoro”. Un’idea che ricalca quella lanciata un paio di anni fa dal Forum disuguaglianze dell’economista ed ex ministro Fabrizio Barca, anche se le aliquote proposte sono più basse.

La franchigia resterebbe a 1 milione di euro. Oltre i 5 milioni di patrimonio – parliamo dell’1% degli italiani – le aliquote che oggi sono al 4% per la successione in linea diretta salirebbero progressivamente fino al 20%. Con il ricavato si pagherebbe una dote da 10mila euro destinata alla metà dei diciottenni italiani, quelli di famiglie con redditi sotto una certa soglia. Il ritocco, peraltro, è stato auspicato di recente anche dall’Ocse che ha fatto notare come in Italia questa imposta sia molto inferiore ai livelli medi nei Paei sviluppati. “In Germania – ricordano dal Nazareno – l’aliquota è al 30% e in Francia al 45%”.

“La proposta del Pd è dare. Ai giovani, che non hanno avuto nulla o troppo poco”, commenta il vicesegretario, l’ex ministro Giuseppe Provenzano. “Presidente Draghi, la tassa di successione c’è nei paesi più avanzati, la propone il Fondo monetario internazionale. Tassare l’1% più ricco, che eredita milioni di euro o li riceve in dono, non è chiedere: è restituire. Con giustizia”, scrive su Twitter. Poco dopo, in conferenza stampa, anche il ministro del Lavoro Andrea Orlando appoggia la proposta: “Io credo che un fisco che sposta il peso dal lavoro e dall’investimento verso la rendita e il patrimonio è più favorevole alle nuove generazioni. Io credo che la proposta del segretario sia un punto di partenza importante”.

Alla posizione di Draghi si allinea però Andrea Marcucci, fino a poco tempo fa capogruppo al Senato del partito di cui Letta è segretario. “Sulla proposta di aumentare la tassa di successione condivido totalmente la risposta del presidente Draghi”, twitta a propria volta. Critico anche il senatore Davide Faraone di Italia Viva: “La proposta di Enrico Letta è veramente fuori dal mondo. Questo governo è nato per far ripartire l’Italia, non per mettere le mani nelle tasche dei cittadini. E noi ci sentiamo finalmente a nostro agio, questa frase di Draghi è la nostra agenda”, dichiara. “Anche in questa circostanza c’è piena sintonia con il premier Draghi, se c’è una cosa di cui l’Italia non ha bisogno sono nuove tasse. Letta e il Pd si rassegnino”, scrive invece il segretario della Lega, Matteo Salvini.

Sull’uscita di Letta si erano già dichiarati d’accordo Gianni Cuperlo (“Battaglia sacrosanta per redistribuire risorse e opportunità”) e la deputata Barbara Pollastrini (“Uno strumento per aiutare ragazze e ragazzi a costruirsi un futuro, a partire da chi ne ha più bisogno”). Sulle barricate, come da copione, esponenti di primo piano di Forza Italia, che con il senatore Renato Schifani si fa un punto d’onore il fatto di aver “abolito la tassa di successione nel 2001 con il governo Berlusconi”. “Letta si scordi qualsiasi irricevibile aumento di tasse. Vuole mettere le mani nelle tasche degli italiani? Lo dica in campagna elettorale e proponga al Paese un esecutivo di sinistra con al primo punto l’aumento della pressione fiscale. Per quanto ci riguarda è un’idea non percorribile“, dice il capogruppo alla Camera Roberto Occhiuto.

Contro l’ex premier anche altri esponenti azzurri di primo piano. “Considerare patrimoni da un milione di euro come ricchezze da espropriare riflette una concezione punitiva della proprietà privata che vorrebbe colpire risparmi di una vita lasciati ai figli. La proposta di Letta è irricevibile”, fa sapere la capogruppo al Senato Anna Maria Bernini, mentre per la deputata Annagrazia Calabria “la rincorsa del segretario Pd Letta al voto dei giovani è un goffo susseguirsi di boutade ideologiche. L’inclusione sociale dei giovani – argomenta – non si realizza con le bandierine di parte ma attraverso interventi strutturali che agevolino l’incontro tra scuola e lavoro, la formazione, l’orientamento, misure peraltro previste nel Recovery plan. Discutibile anche il fatto che, per il segretario Pd, le misure possono essere finanziate solo a debito o con nuove tasse: mai che a sinistra si teorizzasse, una volta tanto, un taglio alla spesa pubblica improduttiva o delle misure di assistenzialismo non virtuoso”, conclude.

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