È una storia lunga quasi 30 anni quella della legge contro l’omotransfobia, oggi in discussione al Parlamento con il disegno che prende il nome dal primo firmatario, il deputato Pd Alessandro Zan. Anni in cui si sono alternati governi, ministri e disegni di legge, e in cui ogni volta gli sforzi della comunità lgbtqi si sono scontrati con l’ostruzionismo di una parte della politica. Dagli anni ’90 a oggi ogni testo è stato affossato, con il risultato che attualmente l’Italia è tra i pochissimi paesi europei che ancora non si sono dotati di una norma ad hoc. La cronologia l’ha spiegata nel dettaglio l’ex parlamentare e padre delle battaglie per i diritti lgbtqi, Franco Grillini, in un diretta trasmessa sul Fattoquotidiano.it in occasione della Giornata internazionale contro l’omotransfobia che si è celebrata lunedì 17 maggio. “Questa legge è necessaria, perché ci stiamo provando da 28 anni“. Bisogna tornare al 1993. “Quando l’allora ministro degli interni del Governo Ciampi, Nicola Mancino, riformò la Legge reale, noi cercammo di far introdurre all’interno della legge anche la questione dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale. E ci fu detto che avevamo ragione, ma che non era possibile in prima stesura altrimenti la legge non sarebbe passata. Quindi alle motivazioni etnico religiose razziali e nazionali, non fu possibile aggiungere anche identità di genere e orientamento”.
Seguì una serie di iniziative, sempre con lo stesso epilogo. “Una cosa analoga successe con la legge 211 del 2000, primo firmatario Furio Colombo, che istituì la Giornata della Memoria per le vittime dell’Olocausto. Anche in quel caso se se avessero incluso anche le persone omosessuali tra quelle sterminate, la legge non sarebbe passata. Questo ci dice qual è stata la discriminazione brutale delle persone lgbt anche sul piano legislativo e la fatica che abbiamo fatto ogni volta per discutere queste questioni in sede parlamentare. E in questi 28 anni non siamo stati con le mani in mano: abbiamo provato e riprovato. Un tentativo fu stato poi nel 1999, primo firmatario Paolo Palma, ma naufragò. Fu rifatto da me in sede parlamentare e riuscimmo a votare il testo in commissione Giustizia, ma il lunedì successivo, quando dovevo relazionare in Aula, Prodi andò a rassegnare le dimissioni a Napolitano. In tutti questi casi il centrosinistra fu molto bravo e garantì sempre la presenza in commissione. Ci sono stati poi il tentativo fatto Anna Paola Concia e quello di Ivan Scalfarotto. Allora – ha concluso -quando sento dire che il ddl Zan non è una priorità, io dico ‘si poteva evitare di fare ostruzionismo in questi 30 anni’. La legge ce l’avremmo già, come la maggior parte dei paesi europei”.
Il ddl Zan ha ricevuto un primo via libera il 4 novembre 2020 alla Camera. Una volta approdato in Senato però il percorso si è fatto più complicato. In prima fila a opporsi alla legge, c’è il fronte compatto composto da Lega e Fratelli d’Italia. L’ultima frenata il giorno dopo la Giornata contro l’omotransfobia, il 18 maggio, quando la commissione Giustizia non ha votato la separazione del ddl sostenuto dai giallorossi da quello a prima firma Ronzulli-Salvini. Di fatto i due saranno esaminati in contemporanea, rischiando così di rallentare così il percorso del testo Zan. E se è vero che in Parlamento ogni proposta è finita con un nulla di fatto, molte Regioni hanno invece fatto passi avanti e approvato provvedimenti in autonomia. La prima a dotarsi di una legge contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale o l’identità è stata la Toscana, 15 anni fa, nel 2004. Successivamente hanno seguito l’esempio anche Marche, Liguria, Umbria ed Emilia Romagna, mentre nel Lazio una legge è arrivata quasi al traguardo.