Chiamarla ancora “Autostrada della Valtrompia” è una presa in giro. Il progetto originale sarebbe dovuto partire da Ospitaletto ovest e da Brescia est per arrivare a Lumezzane (35 km). Quello che ne resta è la tratta tra Sarezzo e Concesio, in provincia di Brescia (12 km di cui 6 in galleria). Anche questa dimezzata.
Ma a rimettere in discussione per l’ennesima volta anche quel poco che resta dell’Autostrada Valtrompia, arriva ora l’impennata dei prezzi delle materie prime, in particolare quello dei prodotti siderurgici, a partire dal costo dell’acciaio che è andato alle stelle. Eppure una buona tosata ai costi era arrivata con l’ultima modifica al progetto, che prevede non più la doppia canna in galleria, bensì una sola: anche se – incredibile! – per lo stesso costo delle due canne, di oltre 213 milioni di euro.
Nonostante il dimezzamento dei costi, che avrebbe dovuto consentire un buon margine di garanzia economica, oggi si legge dell’allarme prezzi che impedirebbe la prosecuzione dei lavori. Sorprende che a lanciare l’SOS non sia l’azienda vincitrice dell’appalto (Salc spa), ma il presidente dell’associazione degli industriali bresciani, produttore di acciaio, cioè della materia prima che attualmente ha i costi alle stelle per la sua scarsità sul mercato (inoltre un grave problema per tutte le altre opere previste nel PNNR). Tra l’altro è lo stesso presidente degli industriali che hanno delocalizzato le industrie dalla Valtrompia alla bassa bresciana e nell’est europeo.
La stazione appaltante (ANAS) non si è invece ancora pronunciata: la sua proverbiale lentezza decisionale si sta accentuando perché l’azienda delle strade è sempre più lottizzata dai partiti, e spolpata dai numerosi dirigenti che oltre che lavorare per i nuovi progetti e i programmi di manutenzione sono anche costretti a fare i commissari delle grandi e piccole opere.
Con la crescita del costo dell’acciaio, anche tutto il Piano Next Generation EU, in cui sono stati rispolverati vecchi progetti infrastrutturali con vecchie previsioni economiche, si trova di fronte ad una crescita imprevista delle spese, dato che il codice degli appalti non prevede adeguamenti dei prezzi in corso d’opera.
A nulla servirà anche in questo caso l’invocato arrivo del commissario nominato dal governo. Come poco servirà anche in altre situazioni dove verosimilmente aprire cantieri di opere stradali, autostradali, ferroviarie di edilizia scolastica e sanitaria con progetti vecchi e prezzi non attualizzati. Adesso, nonostante le risorse europee, è la sostenibilità economica, ma anche quella ambientale, a mettere in discussione tutto il programma.
L’autostrada della Valtrompia ne è un esempio e deve fare da guida per capire se davvero il Ministero è della Mobilità Sostenibile o di quella “insostenibile”. Se a Taranto è crollata la produzione di acciaio e la Cina si accaparra tutto quello c’è in circolazione, questo è un motivo in più per cambiare un PNRR che appare sempre più come una nuova legge Obiettivo, con un lunghissimo elenco di opere senza nessuna valutazione economica e di reale funzionalità trasportistica rispetto alle esigenze attuali, che non sono quelle ante 2010 cui risalgono gran parte dei progetti. Non solo: nell’era della transizione ecologica che pure si dice di volere, si ritiene che la valutazione d’impatto ambientale sia un ostacolo anziché una sicurezza.
Sarebbe il caso di capire che l’ennesima grande colata di cemento (senza acciaio che costa troppo …) dovrebbe essere trasformata in una grande opera di manutenzione della rete stradale (ponti e gallerie), di messa insicurezza idrogeologica del territorio e di adeguamento della obsoleta rete idrica.