di Luigi Manfra*
Nel suo ultimo rapporto trimestrale, la Banca dei Regolamenti Internazionali (Bank for International Settlements, Bis) ha lanciato un allarme relativo al divario crescente tra l’andamento dei mercati finanziari e l’economia reale. Questa anomalia può innescare lo scoppio di una bolla finanziaria. Con questo termine si fa riferimento ad un aumento generalizzato dei prezzi delle attività finanziarie che deviano dal loro valore reale a causa di comportamenti speculativi.
La situazione attuale è caratterizzata da aumenti esplosivi dei prezzi delle azioni, dovuti al prevalere di comportamenti altamente rischiosi degli investitori. Ne è testimonianza l’andamento dell’indice Dow Jones, relativo alle prime trenta società statunitensi, che, dal maggio 2020 allo stesso mese del 2021, è passato da 25.000 a quasi 35.000 punti, con un aumento del 40% mentre l’economia reale era ancora in recessione. Questa divaricazione fa prevedere il rischio elevato di un crollo dei mercati finanziari.
Ma cosa spinge gli investitori a fare scelte così azzardate al punto da causare una bolla finanziaria? Lo spiega la neuroeconomia quando, investigando sui meccanismi neuronali che entrano in gioco quando l’essere umano fa delle scelte di carattere economico, scopre che ogni nostra decisione coinvolge anche il lato emozionale. Non è possibile distinguere tra azioni in cui soltanto le decisioni razionali svolgono un ruolo, e altre in cui entrano in gioco le emozioni. Esiste invece una profonda commistione tra i due aspetti.
A livello neurobiologico, inoltre, sono stati individuati i meccanismi con cui le emozioni di una persona, determinate dal risultato di una sua scelta, influenzano anche chi osserva. Ad esempio, quando un investitore vede che altri operatori realizzano un guadagno, sarà stimolato ad accrescere la sua propensione al rischio e vorrà investire lui stesso, anche per evitare il rimpianto di non avere partecipato al rialzo dei prezzi. Al contrario, nel momento in cui vede la frustrazione di chi sta perdendo, l’osservatore sarà indotto a ridurre la sua voglia di rischiare.
La neuroeconomia ha dimostrato come, in queste circostanze, entrano in azione i cosiddetti neuroni specchio, vale a dire quelle aree cerebrali con cui si fa proprio il sentimento negativo o positivo dell’altro. La risonanza magnetica funzionale, che individua quali parti del cervello si attivano durante lo svolgimento di un’attività, ha messo in evidenza come l’immedesimazione nell’altro può indurre a compiere le stesse scelte innescando il cosiddetto “effetto gregge”, che si verifica quando il comportamento della maggioranza degli investitori si adegua a quello degli altri. Le bolle speculative nascono proprio dall’operare di questo effetto.
Si prospetta, dunque, lo sviluppo di una nuova teoria economica della decisione, in grado non soltanto di spiegare tutto quello che, fino ad ora, è stato oggetto dei modelli economici dominanti, ma anche e soprattutto quei limiti e quelle criticità legati alle assunzioni improntate alla logica massimizzante dell’utilitarismo. Senza, pertanto, negare l’importanza che ha l’aspetto razionale nelle decisioni umane, la neuroeconomia, tuttavia, evidenzia l’inadeguatezza di un metodo che non consideri il ruolo cruciale svolto da automatismi e processi emozionali.
Infatti, gran parte dei comportamenti umani non viene da una consapevole scelta, ma dall’applicazione di processi neuronali automatici, in cui la libera volontà non ha alcun peso. Non essendo una macchina perfetta, il cervello risponde agli stimoli esterni trovando soluzioni rapide e sufficientemente efficaci. L’impossibilità di elaborare velocemente un numero eccessivo di informazioni ci porta a dare risposte automatiche e istintive. L’azione finale che si osserva, insomma, è spesso soltanto la punta di un iceberg automatico di cui si pensa di avere il controllo.
Ma l’irrazionalità delle pulsioni emotive non è un errore cerebrale dovuto ad un malfunzionamento delle cellule nervose, bensì deriva da un meccanismo cerebrale del tutto fisiologico che l’evoluzione, e il confronto continuo con l’ambiente, non ha modificato in quanto proprietà essenziale per l’adattamento all’ambiente e, quindi, alla sopravvivenza. L’irrazionale è, in definitiva, un necessario arricchimento della vita che colloca l’uomo nell’armonia degli altri esseri viventi, e che lo distingue dalla precisione delle macchine. L’irrazionalità è alla base della complessità e della creatività del pensiero.
Quando si prendono decisioni in campo economico, la mente emotiva e quella cognitiva interagiscono tra loro. Ma spesso la mente emotiva si avvia prima, per cui, di fronte ad una scelta, l’emozione orienta la decisione prima ancora che si attivi la corteccia prefrontale, considerata sede del pensiero razionale. Le emozioni per la neuroeconomia sono ritenute una componente essenziale della decisione, qualcosa di cui il cervello non può fare a meno, e non un fattore di disturbo che impedisce di fare la scelta più razionale.
*Responsabile progetti economici-ambientali UNIMED, già docente di politica economica presso l’Università la Sapienza di Roma