La guerra impossibile contro i Signori del Prosecco. Da tre anni i cittadini di Conegliano Veneto, nel cuore delle colline trevigiane diventate Patrimonio dell’Unesco, attendono il referendum consultivo popolare per la messa al bando dei pesticidi in agricoltura. Il Comitato promotore si è trovato contro praticamente tutte le organizzazioni degli agricoltori, in un percorso ad ostacoli che ora li ha visti vincere una battaglia importante, anche se non decisiva. La Prima sezione del consiglio di Stato ha infatti espresso parere di inammissibilità sul ricorso straordinario che il mondo dell’agricoltura ha proposto al Presidente della Repubblica. A firmarlo erano stati Confagricoltura, Coldiretti, Confederazione Italiana Agricoltori, il Consorzio di Tutela della Doc Prosecco e il Consorzio Tutela del Vino Conegliano-Valdobbiadene Prosecco. Chiedevano di annullare la decisione del Comune di Conegliano che il 4 ottobre 2019 aveva indetto il referendum (sostenuto da oltre 2.500 firme raccolte nel 2018), sulla base di un parere di ammissibilità da parte di un collegio di garanti.
Nel quesito si propone di “promuovere nel territorio comunale l’uso di prodotti fitosanitari ammessi nelle pratiche dell’agricoltura biologica e/o dinamica” e di “vietare l’utilizzo di sostanze tossiche, di prodotti sintetici e di diserbanti chimici dannosi per la salute e l’ambiente e comunque di fitofarmaci chimici di sintesi all’interno dei confini comunali”. Una proposta di agricoltura totalmente pulita, ma anche una mazzata per i coltivatori agricoli che si aspettano importanti vantaggi economici dal riconoscimento dell’Unesco. Per questo si sono rivolti al presidente Sergio Mattarella, eccependo “violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere” di un referendum che “mira ad introdurre nel regolamento intercomunale di polizia rurale del Comune di Conegliano un divieto generale di utilizzo di prodotti fitosanitari di sintesi, intervenendo in materia di competenza comunitaria e nazionale”. Inoltre, il regolamento comunale prevederebbe solo referendum “per materie di esclusiva competenza locale”.
Il Comitato (assistito dall’avvocato Riccardo Sossai) ha replicato che su questo tema non si può esprimere la giustizia amministrativa, solo quella ordinaria. Inoltre, nello Statuto comunale di Conegliano è esplicito il riferimento alla “salvaguardia della salute dei cittadini, in quanto bene primario, e quindi dell’ambiente contro ogni forma di inquinamento e degrado”. Nel contraddittorio, il Comune di Conegliano, che attualmente è commissariato a seguito delle dimissioni del sindaco, ha riportato un parere del ministero dell’Interno secondo cui “il quesito è volto ad introdurre un divieto assoluto… in una materia che non rientra nella competenza comunale, essendo disciplinata da disposizioni normative comunitarie e da leggi statali o regionali”. Gli agricoltori e i coltivatori del prosecco chiedevano di annullare il referendum, già indetto, che finora non ha trovato una data utile nelle finestre temporali previste per legge.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto inammissibile il ricorso, per “difetto di giurisdizione”. A decidere, eventualmente, può essere un giudice civile, non un giudice amministrativo. Perché “i promotori del referendum agiscono in posizione di parità con gli organi preposti al controllo di legalità della richiesta referendaria che operano, al pari del comitato promotore, a tutela dell’ordinamento generale e non di uno specifico interesse della Pubblica Amministrazione”. Citando altre sentenze, il Consiglio di Stato afferma che “il diritto soggettivo pubblico dei promotori può essere affermato o negato, ma non degradato né inciso, essendo i suoi limiti dettati esclusivamente dalle leggi e dalle disposizioni statutarie che disciplinano il ricorso al referendum”. Il diritto politico “costituzionalmente garantito” può fare i conti solo con la legge.
“Il Comitato ha battuto i produttori del prosecco come il piccolo Davide sconfisse Golia. Resta l’amarezza per tremila persone che da tre anni aspettano di esprimersi su un tema così delicato” è il commento di Mario Nicastro, uno dei promotori. Andrea Zanoni, consigliere regionale del Pd: “Come mai gli stessi soggetti che predicano la tutela dell’ambiente con grandi campagne promozionali sulla stampa e in tv con testimonial internazionali, ostacolano un referendum del genere con raffiche di ricorsi? Gran parte del Trevigiano è diventata un’enorme monocoltura di Prosecco e la vendita e l’impiego di pesticidi continuano ad aumentare. Si vada prima possibile al voto”. I cittadini dovranno però ancora aspettare perché – al di là di ulteriori ricorsi al giudice civile – il Comune è commissariato fino ad autunno.
Ambiente & Veleni
Conegliano Veneto contro i big del prosecco: respinto il ricorso dei consorzi contro il referendum comunale che vieta i pesticidi
I cittadini del comune - che da tre anni aspettano una data per votare e mettere al bando l'utilizzo di fitofarmaci in agricoltura - hanno vinto la prima battaglia contro i giganti del vino: il consiglio di Stato ha giudicato inammissibile il ricorso di Confagricoltura, Coldiretti, Confederazione Italiana Agricoltori, il Consorzio di Tutela della Doc Prosecco e il Consorzio Tutela del Vino Conegliano-Valdobbiadene Prosecco: volevano bloccare il referendum
La guerra impossibile contro i Signori del Prosecco. Da tre anni i cittadini di Conegliano Veneto, nel cuore delle colline trevigiane diventate Patrimonio dell’Unesco, attendono il referendum consultivo popolare per la messa al bando dei pesticidi in agricoltura. Il Comitato promotore si è trovato contro praticamente tutte le organizzazioni degli agricoltori, in un percorso ad ostacoli che ora li ha visti vincere una battaglia importante, anche se non decisiva. La Prima sezione del consiglio di Stato ha infatti espresso parere di inammissibilità sul ricorso straordinario che il mondo dell’agricoltura ha proposto al Presidente della Repubblica. A firmarlo erano stati Confagricoltura, Coldiretti, Confederazione Italiana Agricoltori, il Consorzio di Tutela della Doc Prosecco e il Consorzio Tutela del Vino Conegliano-Valdobbiadene Prosecco. Chiedevano di annullare la decisione del Comune di Conegliano che il 4 ottobre 2019 aveva indetto il referendum (sostenuto da oltre 2.500 firme raccolte nel 2018), sulla base di un parere di ammissibilità da parte di un collegio di garanti.
Nel quesito si propone di “promuovere nel territorio comunale l’uso di prodotti fitosanitari ammessi nelle pratiche dell’agricoltura biologica e/o dinamica” e di “vietare l’utilizzo di sostanze tossiche, di prodotti sintetici e di diserbanti chimici dannosi per la salute e l’ambiente e comunque di fitofarmaci chimici di sintesi all’interno dei confini comunali”. Una proposta di agricoltura totalmente pulita, ma anche una mazzata per i coltivatori agricoli che si aspettano importanti vantaggi economici dal riconoscimento dell’Unesco. Per questo si sono rivolti al presidente Sergio Mattarella, eccependo “violazione di legge, incompetenza ed eccesso di potere” di un referendum che “mira ad introdurre nel regolamento intercomunale di polizia rurale del Comune di Conegliano un divieto generale di utilizzo di prodotti fitosanitari di sintesi, intervenendo in materia di competenza comunitaria e nazionale”. Inoltre, il regolamento comunale prevederebbe solo referendum “per materie di esclusiva competenza locale”.
Il Comitato (assistito dall’avvocato Riccardo Sossai) ha replicato che su questo tema non si può esprimere la giustizia amministrativa, solo quella ordinaria. Inoltre, nello Statuto comunale di Conegliano è esplicito il riferimento alla “salvaguardia della salute dei cittadini, in quanto bene primario, e quindi dell’ambiente contro ogni forma di inquinamento e degrado”. Nel contraddittorio, il Comune di Conegliano, che attualmente è commissariato a seguito delle dimissioni del sindaco, ha riportato un parere del ministero dell’Interno secondo cui “il quesito è volto ad introdurre un divieto assoluto… in una materia che non rientra nella competenza comunale, essendo disciplinata da disposizioni normative comunitarie e da leggi statali o regionali”. Gli agricoltori e i coltivatori del prosecco chiedevano di annullare il referendum, già indetto, che finora non ha trovato una data utile nelle finestre temporali previste per legge.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto inammissibile il ricorso, per “difetto di giurisdizione”. A decidere, eventualmente, può essere un giudice civile, non un giudice amministrativo. Perché “i promotori del referendum agiscono in posizione di parità con gli organi preposti al controllo di legalità della richiesta referendaria che operano, al pari del comitato promotore, a tutela dell’ordinamento generale e non di uno specifico interesse della Pubblica Amministrazione”. Citando altre sentenze, il Consiglio di Stato afferma che “il diritto soggettivo pubblico dei promotori può essere affermato o negato, ma non degradato né inciso, essendo i suoi limiti dettati esclusivamente dalle leggi e dalle disposizioni statutarie che disciplinano il ricorso al referendum”. Il diritto politico “costituzionalmente garantito” può fare i conti solo con la legge.
“Il Comitato ha battuto i produttori del prosecco come il piccolo Davide sconfisse Golia. Resta l’amarezza per tremila persone che da tre anni aspettano di esprimersi su un tema così delicato” è il commento di Mario Nicastro, uno dei promotori. Andrea Zanoni, consigliere regionale del Pd: “Come mai gli stessi soggetti che predicano la tutela dell’ambiente con grandi campagne promozionali sulla stampa e in tv con testimonial internazionali, ostacolano un referendum del genere con raffiche di ricorsi? Gran parte del Trevigiano è diventata un’enorme monocoltura di Prosecco e la vendita e l’impiego di pesticidi continuano ad aumentare. Si vada prima possibile al voto”. I cittadini dovranno però ancora aspettare perché – al di là di ulteriori ricorsi al giudice civile – il Comune è commissariato fino ad autunno.
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Tel Aviv, 17 feb. (Adnkronos) - Secondo quanto riportato dall'emittente statale israeliana Kan, citando diverse fonti, il capo dello Shin Bet, Ronen Bar, non fa più parte del team incaricato delle trattative per la liberazione degli ostaggi. Fonti a conoscenza dei dettagli affermano che Bar potrebbe unirsi a una delegazione in futuro se si svolgeranno i negoziati sulla fase due.
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Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Ha ribadito le perplessità sul formato del vertice di Parigi, sull'invio di truppe europee in Ucraina e la necessità di percorrere strade che prevedano il coinvolgimento degli Stati Uniti. Queste le linee, a quanto si apprende, dell'intervento della premier Giorgia Meloni oggi al summit a Parigi convocato da Emmanuel Macron alla presenza del britannico Keir Starmer, del premier olandese, Dick Schoof, del cancelliere tedesco Olaf Scholz, del capo del governo polacco Donald Tusk e del primo ministro spagnolo Pedro Sanchez. All'Eliseo anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte e i vertici Ue, Antonio Costa e Ursula von der Leyen.
Meloni, a quanto si apprende, ha sottolineato di aver voluto essere presente per non rinunciare a portare il punto di vista dell’Italia, ma di avere espresso le sue perplessità riguardo un formato che, a suo giudizio, esclude molti Paesi, a partire da quelle più esposti al rischio di estensione del conflitto, anziché includere, come sarebbe opportuno fare in una fase storica come questa. Anche perché, avrebbe rimarcato la premier, la guerra in Ucraina l’abbiamo pagata tutti.
Per l'Italia le questioni centrali rimangono le garanzie di sicurezza per l’Ucraina, perché senza queste ogni negoziato rischia di fallire. Quindi Meloni avrebbe rimarcato l'utilità di un confronto tra le varie ipotesi in campo, osservando come quella che prevede il dispiegamento di soldati europei in Ucraina appaia come la più complessa e forse la meno efficace. Una strada su cui l'Italia avrebbe mostrato le sue perplessità al tavolo.
Secondo Meloni, a quanto viene riferito, andrebbero esplorate altre strade che prevedano il coinvolgimento anche degli Stati Uniti, perché è nel contesto euro-atlantico che si fonda la sicurezza europea e americana. La premier avrebbe definito una sferzata sul ruolo dell'Europa quella lanciata dall'amministrazione Usa ma ricordando che prima di questa analoghe considerazioni sono state già state fatte da importanti personalità europee. È una sfida, avrebbe quindi sottolineato, per essere più concreti e concentrarsi sulle cose davvero importanti, come la necessità di difendere la nostra sicurezza a 360 gradi, i nostri confini, i nostri cittadini, il nostro sistema produttivo.
Secondo la presidente del Consiglio sono i cittadini europei a chiederlo: non dobbiamo chiederci cosa gli americani possono fare per noi, ma cosa noi dobbiamo fare per noi stessi.
Meloni avrebbe quindi rimarcato come il formato del summit all'Eliseo non vada considerato come un formato anti-Trump. Tutt’altro. Gli Stati Uniti lavorano a giungere ad una pace in Ucraina e noi dobbiamo fare la nostra parte, la sollecitazione della premier italiana. Meloni infine, sempre a quanto si apprende, avrebbe manifestato condivisione per il senso della parole del Vice Presidente degli Stati Uniti Vance, ricordando di aver espresso concetti simili in precedenza. Ancora prima di garantire la sicurezza in Europa, avrebbe sottolineato Meloni, è necessario sapere che cosa stiamo difendendo.
Parigi, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - "La Russia minaccia tutta l'Europa". Lo ha detto la premier danese Mette Frederiksen dopo i colloqui di emergenza a Parigi sul cambiamento di politica degli Stati Uniti sulla guerra in Ucraina.
La guerra in Ucraina riguarda i "sogni imperialisti di Mosca, di costruire una Russia più forte e più grande, e non credo che si fermeranno in Ucraina", ha detto ai giornalisti, mettendo in guardia gli Stati Uniti dai tentativi di concordare un cessate il fuoco "rapido" che darebbe alla Russia la possibilità di "mobilitarsi di nuovo, attaccare l'Ucraina o un altro paese in Europa".
Parigi, 17 feb. (Adnkronos) - "Oggi a Parigi abbiamo ribadito che l'Ucraina merita la pace attraverso la forza. Una pace rispettosa della sua indipendenza, sovranità, integrità territoriale, con forti garanzie di sicurezza. L'Europa si fa carico della sua intera quota di assistenza militare all'Ucraina. Allo stesso tempo abbiamo bisogno di un rafforzamento della difesa in Europa". Lo ha scritto su X la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.