Per la prima volta in Italia c’è un disegno di legge che, se approvato, punisce chi commette atti di discriminazione fondati oltre che sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere anche sulla disabilità. Dopo l’approvazione alla Camera avvenuta nel novembre 2020, il ddl ribattezzato anche “legge Zan” dal cognome del relatore Pd Alessandro Zan, deputato del Pd, è tornato prepotentemente al centro del dibattito parlamentare. Il disegno di legge, infatti, è attualmente in discussione al Senato dove però deve fare i conti con l’ostruzionismo del centrodestra che lo ritiene “non prioritario”. Per comprenderne l’impatto e le novità Ilfattoquotidiano.it ha intervistato Sofia Righetti, una attivista con disabilità impegnata da anni a difendere i diritti delle persone disabili e molto seguita anche sui social. Righetti si è laureata in Filosofia del Diritto specializzandosi nei Disability Studies. E’ un’attivista intersezionale e una creator, fa divulgazione sui temi relativi alla disabilità, alla comunità lgbtq+, all’antispecismo e al femminismo. Lavora come formatrice e da tredici anni va nelle scuole, nelle università e nelle aziende tenendo lezioni e corsi sui temi della diversity. E’ anche campionessa nazionale di sci alpino paralimpico. Sul concetto di abilismo ha concentrato la sua principale battaglia: nel 2019 ha scritto un articolo in merito sul blog del Corriere della sera “Invisibili” e Treccani ha preso la sua definizione citandola dentro i neologismi. “È stata una delle soddisfazioni più grandi del mio lavoro di attivista” dice.
Perché questa legge serve anche alle persone con disabilità?
L’abilismo è la discriminazione attuata nei confronti delle persone disabili, è un sistema di potere dove certe abilità sono ritenute più degne di altre. Il ddl Zan è la prima legge in cui l’abilismo è espressamente citato. Le persone disabili devono alzare la voce per pretendere che tale legge venga approvata definitivamente al Senato, e l’abilismo sia così punito insieme all’omotransfobia e la misoginia.
Cosa hanno in comune omotransfobia e abilismo?
Il ddl Zan lo sto seguendo sin dall’inizio, quando l’abilismo doveva ancora essere inserito tra le aggravanti. Nel 2020 mi invitarono a Verona Pride a parlare sul palco dopo Alessandro Zan, e spiegai come l’omotransfobia e l’abilismo avessero la stessa matrice discriminatoria comune, ossia l’odio e il rifiuto di una semplice condizione d’essere. Mi ricordo la standing ovation che ricevetti e l’immensa felicità di avere il sostegno della comunità lgbtq+. Quando poi ho saputo che l’abilismo era stato inserito all’interno del DDL mi sono commossa per la gioia. È la dimostrazione giuridica della lotta intersezionale che porto avanti da sempre.
Ha vissuto delle discriminazioni in quanto disabile?
Ho una disabilità motoria, vivo discriminazioni da oltre trent’anni e la maggior parte a causa delle barriere architettoniche e della mentalità abilista della società. Una delle ultime è stata nel 2019: ero all’Arena di Verona per vedere un concerto e il palco era completamente oscurato perché le postazioni per le persone in carrozzina sono collocate dietro le persone in piedi. Sono in causa contro gli organizzatori in tribunale insieme al mio avvocato Alessandro Gerardi dell’Associazione Luca Coscioni, per porre fine a questo trattamento indecente. Per non parlare dei mezzi pubblici inaccessibili, così come i bar, i negozi, i cinema, le scuole, l’università, i concerti, l’impossibilità di trovare affitti o di lavorare. Il governo durante l’emergenza pandemia ha sospeso le assunzioni obbligatorie per le persone disabili, ma non se ne è parlato con la giusta attenzione.
Se fosse in vigore il ddl Zan pensa che ci sarebbe stata una effettiva tutela?
Credo fermamente che il ddl Zan possa inasprire duramente le sanzioni sulle azioni cariche di odio, discriminazione e abilismo che le persone disabili devono subire, rendendole coscienti di poter denunciare e del fatto che lo Stato le tutela condannando gli aggressori. Credo anche che i non-disabili ci penseranno due volte a seminare odio nei confronti delle persone disabili se sanno che tali atteggiamenti sono puniti severamente.
Ci può dare qualche dato sulla discriminazione dei disabili?
Le persone disabili rappresentano la più grande minoranza al mondo. In Italia nel 2018 ci sono state 221 denunce per abilismo e violenza, nel 2019 i casi sono stati 207. Eppure queste sono cifre totalmente lacunose e parziali, poiché riguardano solo i fatti denunciati e che sono entrati nelle cronache. La maggior parte delle persone disabili è impossibilitata dal denunciare in quanto si sente minacciata, mancante di tutela giuridica e molto spesso poiché vive in una condizione di sottomissione e dipendenza con l’aggressore, come accade ad esempio con i caregiver o all’interno delle Rsa. Questi episodi di violenza succedono all’interno della sfera familiare, sui social, nei contesti sociali e lavorativi. Le donne sono le più colpite, in quanto disabili e in quanto donne, tanto che secondo un’indagine del Parlamento Europeo l’80% delle donne disabili nel corso della loro vita ha subito almeno una volta insulti, umiliazioni o stupri.
Alcuni sostengono che non c’è bisogno di una legge aggiuntiva per decretare quello che già è stabilito nella Costituzione, semmai c’è bisogno di inasprire le pene. Soprattutto l’articolo 3 della Costituzione impedisce ogni discriminazione, occorre altro?
I reati previsti con formule generali assumono un aspetto diverso quando colpiscono una minoranza, qualificandosi come “crimini d’odio”. Per ogni persona colpita tutte le persone appartenenti a quella minoranza si sentono giustamente minacciate. Il ddl Zan, come la legge Reale-Macino, definisce le aggravanti. La logica alla base del concetto stesso di aggravante, che per definizione si chiede per reati già riconosciuti come tale, è proprio di riconoscere la gravità di determinate circostanze. La misoginia, l’omo-bi-transfobia e l’abilismo, sono problematiche di cui è il momento di validare l’esistenza anche a livello giuridico.
Quando si tratta di temi sui diritti civili, non c’è rischio che i politici strumentalizzano le battaglie da una parte e dall’altra?
Ritengo che in alcuni schieramenti politici ci sia tantissima malafede e una malcelata omotransfobia, di misura talmente grande da far di tutto per ostacolare l’unica legge che andrebbe a coprire quel buco legislativo riguardante i crimini d’odio che l’Italia si porta dietro da anni. Basta guardare le fandonie che alcuni esponenti politici si sono inventati per affossare il ddl Zan, fandonie facilmente smascherabili dallo stesso disegno di legge.
Lei va nelle scuole a parlare di abilismo, che tipo di riscontro vede dagli alunni?
Con gli studenti ho sempre avuto un riscontro ottimo, per loro è molto semplice comprendere come la disabilità non sia una tragedia personale, una “sfiga”, ma un problema di cui l’unica responsabile è la società e il sistema normativo che relega le persone disabili in un’apartheid sociale, disabilizzandole.
Le è capitato da quando porta avanti, come attivista, la battaglia sul ddl Zan di essere attaccata sui social?
Sono fortunata perché la community che mi segue sui social è estremamente intelligente e partecipativa, e nessuna persona ha il minimo dubbio sull’imprescindibilità del ddl Zan. Sono estremamente fiera dell’attivismo che siamo riusciti a creare durante la pandemia. I problemi nascono quando parli dal vivo con alcune persone di altre generazioni, e lì ti devi armare di tanta pazienza per spiegare come mai il ddl Zan sia una legge fondamentale se vogliamo definirci un paese civile. Sono decenni che stiamo aspettando questa legge per tutelare tutte le persone dall’odio e dalle discriminazioni, approvarla immediatamente è l’unica azione da fare, se si vuole definirsi cittadini di un paese inclusivo e garante della dignità umana.
Di cos’altro hanno bisogno le vittime di abilismo?
È fondamentale che venga creato un sistema di sostegno per dare supporto legale pro-bono alle persone vittime di abilismo. Le persone disabili, a causa dell’alto costo di vita che sono costrette a sobbarcarsi nella società abilista, spesso non hanno il privilegio economico per fare un’azione legale contro chi li discrimina. Il supporto pro-bono legale diventa necessario per cambiare le cose.