Se è vero, come prevede la ricerca Cultura 2030, che “il modello culturale dominante nel 2030 sarà capitalistico”, se è vero che “il modello dominante nel 2030 promuoverà la solidarietà e la rete attraverso il controllo delle nostre vite, dei movimenti, degli acquisti. […] fondato sulla dittatura del denaro e del profitto”, se è vero che “un modello sarà elaborato e perfezionato dalle multinazionali delle intelligenze artificiali” dove “i governi saranno spettatori, da esso dipendenti e ricattati”. Appare chiaro che la necessità di un risveglio e di un nuovo corso diventi sempre di più una necessità vitale di libertà e di sopravvivenza.
Le nuove generazioni non stanno a guardare: sperimentano, provano, falliscono e alla fine dimostreranno che la rete sarà la base di un nuovo modello politico. La democrazia diretta, dal basso, che riesce a saltare la mediazione del politico di professione non sarà un’esperienza confinata nell’intuizione e nella pratica che ne ha fatto il Movimento 5 Stelle, con tutti i suoi limiti e distorsioni, ma diventerà un bene comune e non ci saranno argini che la fermeranno.
L’idea lanciata da Beppe Grillo il 16 luglio 2005, e cioè di dar vita a dei nuclei operativi di azione politica e sociale chiamati Meetup e radicati nelle singole città, è stata una grande intuizione e il più grande esperimento reale di democrazia diretta e dal basso mai realizzato nella storia della democrazia moderna. Un esperimento nato da uno strumento digitale che permetteva incontri e raduni fisici molto popolati, insieme a discussioni digitali tramite forum. Un successo popolare confermato dai risultati elettorali nazionali nel 2013 con il 25% dei consensi degli italiani e nel 2018 con 11 milioni di cittadini che votarono il M5s.
I limiti e le distorsioni di questo percorso sono diventati altrettanto evidenti. Mentre l’azione comunicativa, sociale e politica del M5s prendeva sempre più forza non c’è stata una evoluzione del pensiero, del modello della democrazia diretta, che è restato nelle sue forme primordiali di “assemblearismo” del 2005, svuotandosi di veri processi decisionali e generando liturgie digitali o istituzionali prive dei valori e della genuina energia democratica degli albori, quell’energia capace di dare uno scossone clamoroso all’establishment politico dal 2013 in poi, élite che certo non è stata a guardare e ha continuato a reagire e riprendere spazi colpo su colpo.
L’effetto di tutto questo dentro al M5s è stata il consolidarsi di grumi di potere che nessuno vuole cedere con l’associazione di Rousseau da una parte e il M5s di governo dall’altra. Come se ne esce? Studiando e sperimentando nuovi modelli. La democrazia diretta non può avere custodi, siano essi associazioni come Rousseau o movimenti politici, ma custodi ne sono i cittadini stessi perché hanno tutto da perdere nell’arrendersi allo status quo.
Un nuovo modello ideale e culturale della società, in grado di produrre periodici tornado sociali utili al maggior numero di cittadini e al maggior numero di ecosistemi, non può e non deve essere alimentato solo dalla democrazia diretta, ma da “una coscienza collettiva che terrà unite le persone, le cose, gli oggetti intelligenti, gli elettrodomestici e i luoghi naturali e artificiali” per sviluppare “un modello culturale che preserverà l’ambiente, promuoverà la connessione, la rete tra il mondo naturale e quello artificiale”.
Ci vuole un modello di società vivo, interattivo, come un organismo vivente, un modello che parta dal rapporto Meadows nel libro The Limits to Growth e i successivi 33 studi e affinamenti del modello e che includa nuove variabili: il punto di vista femminile, le diversità, i Sud, i migranti, gli invisibili, il dialogo inter-religioso, i movimenti di massa per i diritti sociali, civili ed ecologici, le comunità ecologiche, una rete di pratiche rivoluzionarie e di transizione in grado di incidere nella trasformazione di ecosistemi più grandi e della rappresentanza politica.