Difficile immaginare qualcosa che possa esser detto di Bob Dylan nel giorno dei suoi 80 anni: provando a pensare, specie, a un aneddoto, una o più curiosità che non siano già state tirate fuori. La sua antipatia, pure, è nota: basti pensare al quasi sdegno con cui cinque anni fa ritirò il Premio Nobel alla Letteratura a lui conferito, nonostante solo a George Shaw fosse riuscito di vincere sia quello che un Oscar.
Nato Robert Allen Zimmermann, nipote di due emigrati ucraini giunti negli Stati Uniti per sfuggire alle repressioni antisemite, trascorse l’infanzia dedicando gran parte del tempo all’ascolto e alla scoperta, via radio, degli inni blues, country e rock and roll, coltivando il sogno di arrivare a conoscere Little Richard prima di innamorarsi della proposta di Woody Guthrie: tra i più grandi interpreti di sempre, in ambito folk, forse motivo principale del suo precoce trasferimento, di lì a breve, a New York. E come il più prevedibile dei colpi di scena, allievo intento ad apprendere quanto a rubare il giusto, sarà proprio Dylan (adottato ufficialmente il proprio nome d’arte) a raccoglierne l’eredità: ancor prima di attirare l’attenzione della futura amante e amica di sempre, Joan Baez, saranno infatti i critici dell’epoca a raccontarne da subito la voce rugginosa, divenuto presto uno dei suoi marchi di fabbrica.
Figure di spicco, entrambi, del movimento per i diritti civili, quello tra i due rappresenta tuttora uno dei sodalizi artistici più fortunati di tutti i tempi: così come Dylan è debitore nei confronti della Baez per il successo, internazionale, a cui questa riuscì di portarlo, è altrettanto vero che a fare la fortuna dell’artista furono, da subito, le decine di reinterpretazioni di alcuni dei suoi primi brani ad opera di Spirit, Hollies, Turtles e, più avanti, ovviamente Jimi Hendrix. Una tradizione, questa, arrivata praticamente fino ai giorni nostri: esisterà eccome più di qualcuno, nel mondo, convinto “Knockin’ On Heaven’s Door” sia in realtà un originale dei Guns N’ Roses.
La metà degli anni sessanta segna l’approdo al rock e, più o meno in contemporanea con quanto accaduto a Paul McCartney, anche la diffusione della leggenda legata all’incidente, in moto, subito a bordo della sua Triumph: giunto al termine di un periodo nel quale Dylan, tra richieste di completamento di romanzi, partecipazioni televisive e film, evitò per miracolo l’esaurimento nervoso. E se le dicerie arrivano a darlo per morto e sostituito da un sosia, è la penna – inconfondibile – a non lasciar dubbi, dato che nel giro di un decennio, scarso, pubblica “Bringing All Back Home”, “Highway 61 Revisited”, “Blonde On Blonde” e “Blood On The Tracks”: quattro pietre miliari, oltre che capisaldi della sua discografia.
Gli ottanta rappresentano invece forse il periodo più difficile della carriera dell’artista, che rimane sì prolifico ma soffre probabilmente il disimpegno e la spensieratezza generali. Eccezion fatta per l’album capolavoro “Oh Mercy” (1989), merito anche della produzione e dell’influenza di Daniel Lanois: il quale solo due anni prima aveva dato vita, assieme a Brian Eno, a “Joshua Tree” degli U2.
Il miracolo si ripeterà solo scavallati i novanta, con quel “Time Out Of Mind” (1997) che arriverà ad interrompere un ciclo creativo non particolarmente fortunato (complice il ritorno alle cover), aprendo un’ennesima nuova fase nella carriera di Dylan, fatta anche di scontri (fisici e ideali) con il già citato produttore e collaboratore. “I giorni nei quali le canzoni saltavano fuori tre o quattro alla volta sono lontani.”, dirà nel corso di un’intervista anni e anni prima preannunciando, di fatto, la mole infinite di riletture, outtakes, bootleg e live ufficiali che hanno preceduto la pubblicazione, solo lo scorso anno, del nuovo “Rough And Rowdy Days”: arrivato dal nulla, nel periodo peggiore dell’umanità dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. L’ultimo dei migliori, ha scritto in giro qualcuno consapevole del fatto che poco altro potremmo aggiungere. Auguri, Bob!
Valerio Cesari
Speaker radiofonico, psicologo
Musica - 24 Maggio 2021
Bob Dylan compie 80 anni, auguri all’ultimo dei migliori
Difficile immaginare qualcosa che possa esser detto di Bob Dylan nel giorno dei suoi 80 anni: provando a pensare, specie, a un aneddoto, una o più curiosità che non siano già state tirate fuori. La sua antipatia, pure, è nota: basti pensare al quasi sdegno con cui cinque anni fa ritirò il Premio Nobel alla Letteratura a lui conferito, nonostante solo a George Shaw fosse riuscito di vincere sia quello che un Oscar.
Nato Robert Allen Zimmermann, nipote di due emigrati ucraini giunti negli Stati Uniti per sfuggire alle repressioni antisemite, trascorse l’infanzia dedicando gran parte del tempo all’ascolto e alla scoperta, via radio, degli inni blues, country e rock and roll, coltivando il sogno di arrivare a conoscere Little Richard prima di innamorarsi della proposta di Woody Guthrie: tra i più grandi interpreti di sempre, in ambito folk, forse motivo principale del suo precoce trasferimento, di lì a breve, a New York. E come il più prevedibile dei colpi di scena, allievo intento ad apprendere quanto a rubare il giusto, sarà proprio Dylan (adottato ufficialmente il proprio nome d’arte) a raccoglierne l’eredità: ancor prima di attirare l’attenzione della futura amante e amica di sempre, Joan Baez, saranno infatti i critici dell’epoca a raccontarne da subito la voce rugginosa, divenuto presto uno dei suoi marchi di fabbrica.
Figure di spicco, entrambi, del movimento per i diritti civili, quello tra i due rappresenta tuttora uno dei sodalizi artistici più fortunati di tutti i tempi: così come Dylan è debitore nei confronti della Baez per il successo, internazionale, a cui questa riuscì di portarlo, è altrettanto vero che a fare la fortuna dell’artista furono, da subito, le decine di reinterpretazioni di alcuni dei suoi primi brani ad opera di Spirit, Hollies, Turtles e, più avanti, ovviamente Jimi Hendrix. Una tradizione, questa, arrivata praticamente fino ai giorni nostri: esisterà eccome più di qualcuno, nel mondo, convinto “Knockin’ On Heaven’s Door” sia in realtà un originale dei Guns N’ Roses.
La metà degli anni sessanta segna l’approdo al rock e, più o meno in contemporanea con quanto accaduto a Paul McCartney, anche la diffusione della leggenda legata all’incidente, in moto, subito a bordo della sua Triumph: giunto al termine di un periodo nel quale Dylan, tra richieste di completamento di romanzi, partecipazioni televisive e film, evitò per miracolo l’esaurimento nervoso. E se le dicerie arrivano a darlo per morto e sostituito da un sosia, è la penna – inconfondibile – a non lasciar dubbi, dato che nel giro di un decennio, scarso, pubblica “Bringing All Back Home”, “Highway 61 Revisited”, “Blonde On Blonde” e “Blood On The Tracks”: quattro pietre miliari, oltre che capisaldi della sua discografia.
Gli ottanta rappresentano invece forse il periodo più difficile della carriera dell’artista, che rimane sì prolifico ma soffre probabilmente il disimpegno e la spensieratezza generali. Eccezion fatta per l’album capolavoro “Oh Mercy” (1989), merito anche della produzione e dell’influenza di Daniel Lanois: il quale solo due anni prima aveva dato vita, assieme a Brian Eno, a “Joshua Tree” degli U2.
Il miracolo si ripeterà solo scavallati i novanta, con quel “Time Out Of Mind” (1997) che arriverà ad interrompere un ciclo creativo non particolarmente fortunato (complice il ritorno alle cover), aprendo un’ennesima nuova fase nella carriera di Dylan, fatta anche di scontri (fisici e ideali) con il già citato produttore e collaboratore. “I giorni nei quali le canzoni saltavano fuori tre o quattro alla volta sono lontani.”, dirà nel corso di un’intervista anni e anni prima preannunciando, di fatto, la mole infinite di riletture, outtakes, bootleg e live ufficiali che hanno preceduto la pubblicazione, solo lo scorso anno, del nuovo “Rough And Rowdy Days”: arrivato dal nulla, nel periodo peggiore dell’umanità dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. L’ultimo dei migliori, ha scritto in giro qualcuno consapevole del fatto che poco altro potremmo aggiungere. Auguri, Bob!
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Kiev, 19 mar. (Adnkronos) - "Sono attualmente in corso operazioni di soccorso a Odessa in seguito a un altro attacco russo alle infrastrutture energetiche della città. 160mila persone sono al momento senza luce e riscaldamento". Lo scrive su X il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, aggiungendo che "ancora una volta, le strutture energetiche civili sono state colpite: da quasi tre anni, l'esercito russo utilizza senza sosta missili e droni d'attacco contro di esse".
"Proprio ieri - prosegue il post - dopo il famigerato incontro a Riad, è diventato chiaro che i rappresentanti russi stavano di nuovo mentendo, sostenendo di non prendere di mira il settore energetico ucraino. Eppure, quasi contemporaneamente, hanno lanciato un altro attacco, con droni che hanno colpito trasformatori elettrici. E questo durante l'inverno: di notte c'erano meno 6 gradi Celsius".
"Almeno 160.000 residenti di Odessa sono ora senza riscaldamento ed elettricità. Tredici scuole, un asilo e diversi ospedali sono rimasti senza elettricità o riscaldamento. Le squadre di riparazione stanno lavorando instancabilmente e tutti i servizi comunali sono impegnati. Sono grato a ogni soccorritore e a tutti coloro che aiutano le persone. Non dobbiamo mai dimenticare che la Russia è governata da bugiardi patologici: non ci si può fidare di loro e bisogna fare pressione. Per amore della pace".
Roma, 19 feb. (Adnkronos) - Si svolge oggi, alle 15, il Question time trasmesso dalla Rai in diretta televisiva dall'Aula di Montecitorio, a cura di Rai Parlamento. Il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, risponde a una interrogazione sulle iniziative volte a salvaguardare la produzione nazionale di ortofrutta, attraverso un corretto equilibrio tra esigenze produttive e sicurezza alimentare.
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, risponde a interrogazioni sulle iniziative normative per limitare il ricorso alla custodia cautelare, anche nell'ottica della riduzione del sovraffollamento all'interno delle carceri; sulle iniziative in relazione alla situazione all'interno delle carceri, con particolare riferimento al sovraffollamento e al fenomeno dei suicidi; sulle tecnologie in uso alla polizia penitenziaria; sulle risorse finanziarie destinate al funzionamento del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, del Gruppo operativo mobile e del Nucleo investigativo centrale e chiarimenti in ordine ad attività di intercettazione svolte da strutture finanziate dal ministero della Giustizia.
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, risponde a interrogazioni sulle iniziative volte ad arginare i fenomeni di sfruttamento lavorativo nell'ambito delle filiere del made in Italy; sullo sviluppo dell'industria aerospaziale italiana; sulle iniziative volte a salvaguardare la continuità produttiva degli stabilimenti liguri della Piaggio aerospace e i relativi livelli occupazionali, con riferimento alla procedura di cessione all'azienda turca Baykar; sulle iniziative a sostegno della produzione industriale nazionale a tutela dei livelli occupazionali, nonché per stimolare la crescita economica e rafforzare la competitività; sull'adozione del Libro bianco sulla nuova strategia italiana di politica industriale.
Palermo, 19 feb. (Adnkronos) - I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, unitamente a personale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Gruppo Operativo Regionale Antifrode - Gora), hanno eseguito un’ordinanza emessa dal Gip presso il Tribunale di Termini Imerese (su richiesta della Procura termitana), con cui è stato disposto il sequestro preventivo di 10 complessi aziendali, nonché di beni e di disponibilità finanziarie per oltre 15 milioni di euro nei confronti di 13 soggetti (anche per equivalente). Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico - Finanziaria di Palermo in co-delega con il citato Ufficio dell’A.D.M., hanno consentito di ricostruire l’operatività di un’associazione per delinquere attiva nelle province di Palermo, Agrigento e Catania e dedita alla commissione di illeciti tributari, con particolare riferimento alla commercializzazione di prodotti energetici sottoposti ad aliquota agevolata (c.d. “gasolio agricolo”).
Secondo la ricostruzione compiuta, la frode avrebbe permesso di sottrarre al pagamento delle imposte oltre 11 milioni di litri di prodotto petrolifero e sarebbe stata perpetrata attraverso l’utilizzo strumentale di operatori economici del settore e la predisposizione di documentazione mendace. Più nel dettaglio, diversi depositi commerciali riconducibili ai vertici del sodalizio criminale avrebbero emesso fatture per operazioni inesistenti e predisposto DAS fittizi al fine di documentare cartolarmente la vendita di carburante a “società di comodo” o aziende del tutto ignare di quanto avveniva, mentre lo stesso, in realtà, veniva ceduto “in nero” a soggetti terzi non aventi titolo a riceverlo. Il che consentiva a questi ultimi di praticare prezzi fortemente concorrenziali a discapito degli altri operatori del settore.
Il descritto sistema di frode - come accertato all’esito di indagini tecniche, servizi di riscontro su strada e mirate attività ispettive - avrebbe garantito un significativo abbattimento dell’I.V.A. e delle Accise dovute, oltre che delle imposte dirette, generando un’evasione d’imposta, e un conseguente danno alle casse dello Stato, pari a 15.231.376,80 euro. Agli indagati sono contestati, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere, sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui prodotti energetici, irregolarità nella loro circolazione e illeciti di natura tributaria.
Abu Dhabi, 19 feb. (Adnkronos) - Il segretario di Stato americano Marco Rubio è arrivato negli Emirati Arabi Uniti, ultima tappa del suo primo tour in Medio Oriente, dopo i colloqui di ieri con i funzionari russi a Riad. Rubio incontrerà ad Abu Dhabi il presidente degli Emirati Mohammed bin Zayed Al Nahyan e il ministro degli Esteri Abdullah bin Zayed Al Nahyan.
La visita di Rubio negli Emirati Arabi Uniti precede il vertice di venerdì in Arabia Saudita dei sei Stati del Consiglio di cooperazione del Golfo, nonché di Egitto e Giordania, per rispondere al piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per la Gaza del dopoguerra.
L'amministrazione Trump, che respinge qualsiasi ruolo futuro di Hamas nel devastato territorio palestinese, ha invitato i paesi arabi, fermamente contrari a qualsiasi spostamento dei palestinesi da Gaza, a proporre alternative al piano del presidente degli Stati Uniti.
Kiev, 19 feb. (Adnkronos) - Il massiccio attacco notturno con droni russi contro la città e l'oblast meridionale di Odessa ha ferito almeno quattro persone, tra cui un bambino. Lo ha riferito il governatore Oleh Kiper, secondo cui nell'attacco sono rimasti danneggiati una clinica pediatrica, un asilo, grattacieli e alcune automobili.
Tel Aviv, 19 feb. (Adnkronos) - I caccia israeliani hanno colpito depositi di armi appartenenti all'ex regime siriano di Bashar Assad a Sasa, nella Siria meridionale. Lo ha reso noto l'esercito israeliano in una nota.
Brasilia, 19 feb. (Adnkronos/Afp) - L'ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro è stato incriminato per un presunto piano di "colpo di stato" volto a impedire il ritorno al potere del suo successore Lula dopo le elezioni del 2022. La procura ha dettagliato in un comunicato l'incriminazione dell'ex leader dell'estrema destra (2019-2022) e di altri 33 indagati "accusati di incitamento e compimento di atti contrari ai tre poteri e allo Stato di diritto democratico".
L'atto d'accusa è stato consegnato alla Corte Suprema, che ora dovrà decidere se processarlo. L'ex capo dello Stato è stato incriminato per presunti piani di "colpo di stato", "tentato tentativo di abolizione violenta dello stato di diritto democratico" e "organizzazione criminale armata". Se si aprisse un processo, Jair Bolsonaro rischierebbe una condanna da 12 a 40 anni di carcere.
Secondo l'accusa, questa presunta cospirazione "era guidata dal presidente Bolsonaro e dal suo candidato alla vicepresidenza Walter Braga Netto che, alleati con altri individui, civili e militari, hanno tentato di impedire, in modo coordinato, l'applicazione del risultato delle elezioni presidenziali del 2022".