FATTO FOOTBALL CLUB - La qualificazione in coppa vale 50-70 milioni di euro l’anno e l’intera programmazione societaria (specie durante questa durissima crisi economica dovuta la Covid). Le conseguenze della giornata di ieri le vedremo quest’estate e forse per tutto l’anno prossimo
Il campionato è finito. È finito con la festa dell’Inter, ma non sono i nerazzurri che hanno festeggiato davvero. Lo scudetto era assegnato da mesi, ieri si è giocato per qualcosa di persino più importante. Perché dal quarto posto dipendeva il futuro prossimo di tre grandi squadre della Serie A, e quindi un po’ di tutto il campionato: Juventus, Milan, Napoli. La prima si salva, il secondo si rilancia, il terzo naufraga miseramente. La qualificazione in Champions vale 50-70 milioni di euro l’anno e l’intera programmazione societaria (specie durante questa durissima crisi economica dovuta la Covid). Le conseguenze della giornata di ieri le vedremo quest’estate e forse per tutto l’anno prossimo.
Ecco il perché della disperazione del Napoli, che ha buttato via tutto sul più bello. Ma è inutile prendersela con Calvarese, con la sfortuna o con gli avversari. Sì, senza l’assurdo arbitraggio di Juve-Inter i bianconeri non ci sarebbero arrivati nemmeno all’ultima giornata. Così come sarebbe stata un’altra storia se Gattuso avesse avuto sempre a disposizione Osimhen e Mertens. Ma il Napoli può recriminare solo con se stesso: pareggiare in casa contro il Verona che ha sbaraccato da quasi un girone è un suicidio sportivo. Non il primo, di una squadra a cui storicamente manca personalità, dove i leader nel momento decisivo si nascondono invece di farsi vedere: da Insigne in giù, ieri la prestazione è stata semplicemente imbarazzante per chi sa di dover solo vincere per centrare l’obiettivo. Tornare in Champions era l’unico modo per crescere. Così invece fallisce Gattuso, falliscono i giocatori, e fallisce pure De Laurentiis e il suo progetto: per il secondo anno di fila il Napoli, che con Sarri era arrivato a un passo dalla perfezione e dallo scudetto, è fuori dall’Europa che conta. Sarà diverso il mercato (difficile sognare grandi nomi) e forse pure la conduzione tecnica (si era parlato tanto di Allegri, ma accetterebbe senza Champions?). Sa tanto di ridimensionamento.
Quello del Milan invece è a tutti gli effetti un trionfo: il secondo posto finale va oltre ogni più rosea aspettativa e possibilità di questa squadra, che aveva sulla carta la quinta-sesta rosa del torneo. Certo, mai come quest’anno il confine tra trionfo e fallimento è sottile. I rossoneri hanno rischiato di finire quinti dopo aver sognato (solo questo, non hanno mai avuto una chance) per un girone intero lo scudetto. Comunque Pioli, Ibrahimovic &Co hanno raggiunto l’obiettivo e si meritano la riconferma (anche se non è detto che sia ciò di cui ha davvero bisogno il Milan). L’impressione è che per il salto di qualità definitivo la strada sia ancora lunga e soprattutto potrebbero volerci uomini diversi per compierlo: dalla panchina al campo, dove Ibra l’anno prossimo compirà 40 anni e non dovrà più essere il cardine del progetto. Però questa qualificazione in Champions rappresenta davvero una prima, fondamentale tappa per riavere un grande Milan in Serie A. In fondo, è esattamente ciò che è successo tre anni fa all’Inter: senza quel gol di Vecino, oggi non staremmo parlando dello scudetto di Conte. I rigori di Kessie a Bergamo possono avere lo stesso valore.
Questo quarto posto fa talmente la differenza che persino la stagione della Juventus, alla fine, assume un sapore diverso. Sempre disastrosa, per carità: i 13 punti di distacco dall’Inter e la figuraccia europea non si cancellano. Però per essere un’annata di transizione si chiude comunque con due trofei, e soprattutto con la certezza di non aver pregiudicato il futuro. I problemi restano: uno su tutti, porta il cognome pesante di Cristiano Ronaldo, escluso a Bologna e sempre più fuori dal progetto. Bisognerà decidere il futuro suo e di Andrea Pirlo. Sono due scelte cruciali, non semplici. Anche perché se l’allenatore dipende solo da Agnelli, per il portoghese conteranno anche le alternative che riuscirà a trovare. Ma ciò che importa è che con i soldi della Champions la Juve ha nelle sue mani la possibilità di tornare subito grande: se non ripeterà gli errori degli ultimi due anni, ricostruirà la squadra, la affiderà alla persona giusta, si presenterà di nuovo da favorita ai nastri di partenza. Per questo ieri hanno esultato o si sono disperati tutti, come per uno scudetto. Era molto più di un quarto posto. Valeva un pezzo della prossima stagione.