“Non è incitamento all’odio e nemmeno alla guerra. È soltanto un boicottaggio verso chi appoggia le violenze e mette in dubbio la ‘spagnolità’ di una parte degli abitanti di Ceuta”. L’iniziativa lanciata da un gruppo di cittadini dell’enclave nordafricana – tra cui Nabila Soliman Ali, cittadina spagnola di chiare origini marocchine – un risultato lo ha già ottenuto: far esplodere un conflitto sociale latente legato alle origini degli abitanti della cittadina, incastrata sulla punta più settentrionale del Marocco, sigillata dal mare e dalle reti di protezione alte come muri. Negli ultimi giorni, Nabila e altri hanno scelto di boicottare sempre più attività economiche della città ‘sotto chiave’, i cui proprietari – secondo loro – si sono resi protagonisti di atti e pensieri che mirano a delegittimare parte della popolazione.

Nella lista figurano una ventina di imprese, artigiani e piccoli commercianti. Dentro c’è un po’ di tutto: dalla manutenzione di impianti alle farmacie, dalle palestre alle gioiellerie, dalle manicure ai ristoranti, passando per alberghi, negozi di abbigliamento, librerie, rivendite di computer e articoli tecnologici. “I proprietari di queste attività, nei giorni scorsi, hanno diffuso parole, appoggiato atteggiamenti e azioni che incitano all’odio di razza e di classe”, denuncia Soliman. “Manifestano chiaramente il proprio pensiero o lo diffondono attraverso i social, parlano di lotta ai musulmani, applaudono alle deportazioni di chi tenta di entrare o mettono ‘mi piace’ e commentano soddisfatti tragedie dell’immigrazione. Tutto questo si unisce al fatto che noi spagnoli di ultima generazione siamo sempre visti come cittadini di serie B, soggetti a soprusi, ingiustizie, aggressioni. Non siamo più disposti a subire simili angherie, per questo abbiamo deciso di lanciare il boicottaggio dei negozi”.

Mentre i riflettori internazionali sulla situazione di Ceuta si spengono (dopo l’ondata impressionante di migranti, 10mila di cui 7mila già espulsi, entrata a nuoto bypassando i due varchi doganali a mare), a preoccupare è lo scontro di civiltà interno all’enclave. Ceuta è una città di dimensioni medio-piccole che supera di poco gli 85mila abitanti. Chiunque la visiti si accorge di uno scenario socio-economico mutevole: dal porto turistico popolato di yacht superlusso, dal centro con negozi di alta qualità, ad alcune aree – i barrios – più distanti dal cuore urbano, dove si cerca di sopravvivere in condizioni svantaggiate. Il tema della subalternità tra spagnoli di nascita e tradizione e ceutini di acquisizione territoriale, ossia di chiare origini marocchine, non è campato in aria, ma reale. Non deve ingannare il fatto che la città, nel corso dei secoli, abbia subito varie conquiste e nel XVII secolo sia stata ceduta dai portoghesi alla Spagna: a nord c’è il Mediterraneo e oltre i due varchi di frontiera il regno del Marocco. Una terra da cui le giovani generazioni stanno scappando, in cerca di un futuro migliore, con l’obiettivo dell’Europa. E Ceuta è il primo brandello di Europa in Nordafrica. Oltre a essere terra di approdo del percorso di decine di migliaia di migranti dai Paesi sub sahariani, del Sahel e del Maghreb, Ceuta accoglie da sempre lavoratori pendolari dal Marocco: badanti, colf e portatrici di merci. O meglio, li accoglieva, visto che dal 13 marzo 2020, a causa della pandemia, la frontiera è chiusa e sigillata per tutti, in entrata ed uscita, a tempo indeterminato. Un altro fattore che ha peggiorato la situazione di tante famiglie marocchine che su quei lavori, seppur umili, sottopagati e in nero contavano per campare.

Quanto successo all’inizio della scorsa settimana – l’ingresso di migliaia di migranti irregolari – ha esacerbato gli animi. Il leader del partito di estrema destra Vox, Santiago Abascal, si è spinto a parlare di un’invasione di musulmani orchestrata dal Marocco, in grado di mettere a rischio la sicurezza dei suoi compatrioti spagnoli: “La misura è colma – attacca Nabila Soliman Ali – e la reazione a queste provocazioni da una parte della popolazione di Ceuta ci preoccupa. Dovremmo essere tutti concittadini, e invece vediamo molti plaudire alle parole di Abascal, additandoci come selvaggi e palesando il loro senso di superiorità nei confronti di chi ha origini diverse. Per questo, d’ora in avanti, non vedranno più un centesimo da noi”. Il boicottaggio ha sollevato un vespaio: uno scontro tra i due fronti, per ora limitato alle schermaglie social, ma pronto a trasferirsi anche nelle strade della città autonoma. Oltre alle tante voci a favore, l’iniziativa ha raccolto anche vari dissensi: “C’è bisogno di tutto meno che di liste nere. Il rischio è di emulare le campagne naziste e fasciste nei confronti degli ebrei”; “Ritiratelo, dietro c’è la sopravvivenza delle famiglie”, sono alcuni dei commenti.

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