Avevano consapevolmente disattivato i freni per bypassare un’anomalia che li avrebbe costretti a uno stop dell’impianto, già fermato a lungo a causa delle norme anti-Covid, per risolvere il problema. Una scelta fatta per soldi, è la sintesi del concetto espresso dagli inquirenti. Il loro lavoro non è finito, nonostante l’ammissione da parte di uno dei 3 fermati nella notte. “Siccome c’erano delle anomalie che facevano azionare il freno di emergenza, per garantire il funzionamento della funivia hanno mantenuto i dispositivi e disabilitato i freni di emergenza”, ha detto il comandante dei carabinieri di Verbania, Alberto Cicognani. “Questi malfunzionamenti andavano avanti da fine aprile e non erano stati risolti”, ha aggiunto spiegando quanto raccontato dal direttore Gabriele Tadini. L’uomo è stato fermato insieme a Gigi Nerini, il proprietario della società che gestisce la funivia Stresa-Mottarone, e l’ingegnere Enrico Perocchio, sul cui ruolo ‘a cavallo’ tra il gestore e la società responsabile della manutenzione Leitner, a quanto apprende ilfattoquotidiano.it, sono in corso approfondite verifiche da parte degli investigatori. L’inchiesta è destinata ad allargarsi, perché restano almeno 3 punti da chiarire al di là della scelta criminale di aggirare il problema al sistema frenante inibendolo con l’uso dei forchettoni invece di fermare l’impianto e risolvere il guasto dopo il controllo effettuato il 3 maggio sulle centraline idrauliche di frenatura dei veicoli.

Il (doppio?) ruolo di Leitner
In primis quale sia stato il ruolo di Leitner, l’azienda di Vipiteno che si occupa della manutenzione e dei controlli sulla funivia. Come già ricostruito negli scorsi giorni, l’azienda leader del settore ha contribuito al revamping dell’impianto ultimato nel 2016 entrando in società con la Ferrovie del Mottarone di Nerini. I primi – come ricostruito dal Corriere della Sera – hanno l’80% delle quote della società di progetto Funivie del Mottarone, Nerini il 20 per cento. L’accordo prevede un patto di cessione delle quote di Leitner ai Nerini dopo il pagamento dei lavori e del collaudo. La questione finisce però con una citazione in giudizio per un presunto mancato pagamento. Intanto, ad aprile 2016, Funivie, in quel momento ancora all’80 per cento della Leitner, stipula un contratto per la manutenzione dell’impianto con la stessa Leitner. In sostanza: chi in quel momento detiene il controllo di Funivie affida a se stesso la manutenzione e i controlli per 13 anni in cambio di 2 milioni di euro. La cessione dell’80% a Nerini avverrà solo ad impianti riavviati, nel marzo 2017, e in seguito la Funivie verrà fusa nella società di famiglia, la Ferrovie del Mottarone. Ad oggi il direttore di esercizio della funivia è Enrico Perocchio, uno dei tre fermati nel corso della notte: l’ingegnere, oltre a ricoprire lo stesso ruolo nella funivia del santuario Nostra Signora di Montallegro a Rapallo, stando al suo stesso profilo Linkedin è anche un dipendente della Leitner. Sul punto si stanno concentrando alcune verifiche degli inquirenti, come confermato dalla procuratrice Olimpia Bossi, per comprendere quale fosse effettivamente il ruolo di Perocchio in Leitner e se la sua mansione sia compatibile con l’inquadramento di direttore di esercizio della funivia Stresa-Mottarone: “Questa figura deve essere esterna – ha detto Bossi rispondendo a una domanda de ilfattoquotidiano.it – Il fatto che questo professionista fosse un dipendente della società che ha rinnovato l’impianto presenta profili che meriteranno di essere approfonditi”. Contattata nelle scorse ore per avere conferma della circostanza e chiedere un chiarimento, Leitner ha riferito che Perocchio ha ricevuto regolare nulla osta tecnico alla nomina da parte dell’Ustif nel maggio 2016.

Perché si è spezzato il cavo traente?
Al netto della scelta di inibire il freno di emergenza aggirando l’anomalia che – come confermano i carabinieri – andava avanti da fine aprile e non era stata risolta con l’intervento del 3 maggio, resta da chiarire perché si è spezzato il cavo traente, innescando l’incidente. Stando a quanto ricostruito da La Stampa, i cavi non venivano sostituiti da 23 anni. Quando nel 2014 viene appaltato la revisione completa dell’impianto, infatti, i cavi non vengono inseriti nella “Relazione tecnica generale del Progetto Esecutivo”. La previsione è di cambiare praticamente tutto, ma non le funi, per le quali è previsto solo il “controllo”, come riporta dovesciare.it. La legge, infatti, prevede che debbano essere sostituiti ogni venti anni e la sostituzione era stata fatta tra il 1997 e il 1998. In quel momento, quindi, meno della data limite per provvedere al cambio. E in ballo c’era anche una normativa europea che prolungava di dieci anni l’intervento. Quando il primo bando andò deserto fu proprio Nerini, in occasione del licenziamento degli operatori, a spiegare che le “condizioni proibitive per chiunque” e portava ad esempio proprio i cavi: “Non si teneva in considerazione che, nel 2028, a soli 2 anni dalla scadenza della concessione nel 2030 al gestore sarebbe toccato sostituire le funi”, spiegava a Verbanianotizie. Il bando al quale ha poi partecipato con Leitner la concessione è stata ridotta di due anni, proprio al 2028, allineandosi alla data limite prevista dalla normativa europea. A conti fatti, ad oggi i cavi trasportano le cabine da 23 anni. Spetterà ai periti della procura di Verbania accertare se il cavo traente fosse usurato e se sia stata questa la causa della rottura. Leitner ha comunicato di aver svolto l’ultimo controllo periodico magnetoinduttivo delle funi traenti, obbligatorio una volta all’anno, lo scorso 5 novembre: “Esito positivo”, ha spiegato l’azienda.

La disputa Regione-Comune sulla proprietà
Per l’assessore al Patrimonio della Regione Piemonte Andrea Tronzano, l’impianto è di proprietà del Comune di Stresa, come sancito da una legge regionale del 1997: “Nel 2014 è stato siglato un Accordo di programma promosso dal Comune di Stresa, attraverso il quale la Regione Piemonte ha stanziato 1.750.000 euro per gli interventi di ammodernamento e revisione dell’impianto, con una compartecipazione anche da parte del Comune di un milione di euro. Sempre nel 2014 è stata siglata anche la convenzione tra Scr e il Comune di Stresa che individua nel Comune l’amministrazione ‘concedente’ per la gara d’appalto di gestione dell’impianto ed esecuzione dei lavori”. E nel capitolato d’oneri di gara del secondo bando, dopo che il primo è andato deserto, ha detto ancora in Consiglio regionale, è “specificato” che “l’impianto con le opere e gli immobili ritorneranno nella materiale disponibilità del Comune” al termine del periodo di concessione. Solo che, come confermato dall’assessore piemontese, la trascrizione nei registri catastali non è ancora stata finalizzata a causa di alcuni contenziosi. Insomma, mancano gli ultimi atti. Formalmente, quindi, la proprietà, ad avviso della procura di Verbania, “dovrebbe essere della Regione Piemonte, perché non si è mai perfezionato il passaggio”. Gli inquirenti stanno ultimando le verifiche e andrà controllato anche se la disputa per la proprietà non abbia finito per trasformarsi in un ‘buco’ nel quale il concessionario abbia ricevuto minori input per una gestione performante sotto il profilo della sicurezza.

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