Il gravissimo incidente dalla funivia Stresa-Mottarone nel Verbano precipitata con a bordo 15 persone e che al momento conta 14 morti, ripropone con forza il tema della sicurezza nel settore dei trasporti e della viabilità.
Dopo i recenti crolli dei ponti stradali, i deragliamenti ferroviari ed ora della Funivia di Stresa, appare sempre più evidente che tenere in sicurezza 6.700 chilometri di rete autostradale, 132mila chilometri di strade provinciali, 35mila chilometri di rete ferroviaria e 1.700 funivie diventa sempre più complicato. Appare evidente che sono insufficienti le risorse e i tecnici per le manutenzioni delle reti stradali e ferroviarie, inadeguati i sistemi di vigilanza ministeriali dell’Ansfisa (Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali). L’organo di vigilanza che recentemente ha unificato il settore stradale e quello ferroviario, lasciando nell’Ustif (Ufficio speciale trasporti a impianti fissi) gli impianti a fune e pochi tecnici.
Una grande ombra incombe sulla gestione del ministero dei Trasporti da poco diventato della Mobilità Sostenibile. Ministero che continua a proporre nuove opere senza curare la manutenzione di quelle già esistenti e vigilare sulla loro sicurezza. Il disastro di Stresa evidenzia un enorme problema di sicurezza legato agli impianti a fune con una aggravante che ha dell’incredibile. Un decreto ministero delle Infrastrutture e dei trasporti del 25 gennaio 2021, n. 28 (ministra dei Trasporti Paola De Micheli) istituisce una proroga di un anno delle scadenze delle revisioni generali e speciali quinquennali per gli impianti a fune.
Il settore delle funivie è per definizione un sistema che vive sulla sicurezza, dunque le manutenzioni ordinarie e straordinarie non possono essere rinviate. Se non ci sono le condizioni per fare le manutenzioni l’unica decisione è quella di chiudere l’impianto fino alla sua effettuazione. Mentre, a quanto sembra, un ente dell’impianto di sicurezza è stato disattivato per accelerare la corsa della funivia per evitare dei blocchi che si erano manifestati nei giorni precedenti. Risultato: con il cedimento della fune portante, il freno disinserito non ha evitato il disastro. La prima azione vincolante da imporre sarebbe stato il fermo della Funivia. Piuttosto che fermarla si è preferito escludere una componente essenziale per la sicurezza.
I controlli ministeriali sono narcotizzati dalla imprese concessionarie e dai loro conti economici. Chi ha voluto a tutti i costi che si mettesse in servizio una Funivia in precarie condizioni? Com’è stato possibile? La logica post Covid delle aziende concessionarie si è dimostrata evidente quando hanno chiesto ed ottenuto dal governo un anno intero di proroga della manutenzione quinquennale, quella che probabilmente era scaduta anche alla Funivia di Stresa. L’ultima è stata attuata nel 2016. La proroga dei termini degli adempimenti tecnici e amministrativi relativi agli impianti a fune, nonché ad ascensori e scale mobili, è un fatto gravissimo. Sono stati i gestori a chiedere la proroga, piegati economicamente dai lunghi mesi di inattività a causa del Covid. I controlli hanno costi e per risparmiare il ministero dei Trasporti ha disposto il rinvio.