Cinque anni di reclusione per induzione alla prostituzione minorile, produzione di materiale pedopornografico e tentata violenza sessuale su minori. La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza emessa lo scorso settembre dalla Corte d’appello di Roma nei confronti di Gabriele Paolini, il ‘disturbatore’ più noto della televisione italiana. La vicenda nasce nel 2013, quando Paolini fu detenuto in carcere per 19 giorni e agli arresti domiciliari per 20 mesi dopo un’ordinanza del giudice per le indagini preliminari. Secondo il gip, Paolini aveva avuto rapporti sessuali con alcuni minorenni, in cambio di soldi e regali, intrattenendo una relazione con un ragazzo di 17 anni.

In particolare, secondo l’ordinanza l’uomo aveva messo in atto un “insistente tentativo di persuasione” nei confronti dei ragazzini, “pur a fronte delle palesi resistenze oppostegli, con modalità espressive di reiterata e collaudata tecnica di induzione”. Nel 2017, per l’uomo che ha sempre negato le sue colpe, è arrivata la condanna a 5 anni di reclusione da parte dei giudici della quinta sezione penale del tribunale di Roma e poi confermata dalla Terza Sezione della Corte d’Appello. Martedì la Cassazione ha reso definitiva la sentenza. “Il mio avvocato mi ha informato della decisione dei supremi giudici – ha detto Paolini rendendo nota la sentenza – sono disperato. Vorrei non fosse finita così. Nelle prossime ore mi andrò a costituire all’Autorità di polizia. Sono addolorato da questa decisione, ma respingo tutti i reati a me contestati perché non mi appartengono. Ho amato quel giovane, nonostante la differenza di età. Io avevo 39 anni e lui 17, ma lo ho amato per davvero. Ma se la Cassazione ha confermato la condanna, allora è giusto andare in carcere, non voglio misure alternative”.

“Sono molto giù – ha aggiunto – non so se mia madre riuscirà a reggere questa botta. Probabilmente pago anche per l’essere stato sempre un rompicogl…Su questo non sono difendibile, per 25 anni ho destabilizzato il mondo della tv e sicuro pago per questo”. “Come difesa dico che è stata un’occasione perduta da parte dell’ordinamento giuridico italiano – ha detto all’Adnkronos Lorenzo La Marca, l’avvocato dell’uomo – in cui vi è una discriminazione in base all’orientamento sessuale”.

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