Si è presentato insieme alla moglie al seggio di Douma, città del sospetto attacco chimico dell’aprile 2018, e ha risposto alle critiche di Europa e Stati Uniti che hanno bollato le presidenziali in corso come “né libere, né eque”, in un Paese che da dieci anni è distrutto dalla guerra civile. Ma Bashar al Assad, al potere da 21 anni e avviato verso un quarto scontato mandato di altri sette, contrattacca dichiarando che la maggior parte di quelle nazioni “ha una storia coloniale” e “noi come Stato non siamo preoccupati per queste dichiarazioni“. “Le vostre opinioni valgono zero”, ha detto il presidente siriano dopo avere votato.

Abdullah Salloum Abdullah, ex ministro ed ex parlamentare, e Mahmoud Ahmad Mar’ai, uno dei siriani ai colloqui di Ginevra sotto l’egida delle Nazioni Unite, sono i due candidati che competeranno simbolicamente contro di lui al ballottaggio. I seggi saranno aperti dalle 7 ora locale (le 6 in Italia) fino alle 19. L’amministrazione Biden ha affermato che non riconoscerà il risultato delle elezioni presidenziali siriane a meno che il voto non sia libero, equo, supervisionato dalle Nazioni Unite e rappresenti tutta la società siriana. Assad è al potere dal 2000, quando è subentrato a suo padre, Hafez, che ha governato per 30 anni.

La Siria dopo 10 anni di guerra civile – Nonostante la guerra, che a un certo punto sembrava minacciare il suo governo, Assad è rimasto al potere, sostenuto dalla potenza regionale Iran e Russia, che ha inviato consiglieri militari e potenze aerea per respingere l’opposizione armata. Il conflitto armato si è placato negli ultimi anni, ma la Siria resta lacerata. Migliaia di truppe straniere hanno sede in diverse parti del paese. Le elezioni non si svolgeranno in almeno quattro province perché sono sotto il controllo dell’opposizione e delle forze curde, privando quasi 8 milioni di siriani di un voto. È inoltre improbabile che molti rifugiati votino alle elezioni organizzate nelle ambasciate siriane.

La Siria è in preda alla guerra civile dal 2011, quando le proteste ispirate dalla Primavera araba contro il governo della famiglia Assad si sono trasformate in un’insurrezione armata in risposta a una brutale repressione militare. Il conflitto ha provocato la morte di oltre 400mila persone e, secondo stime dell’Onu, gli sfollati sono più della metà della popolazione siriana prima della guerra, 22,4 milioni di persone. Dalle presidenziali del 2014, con l’aiuto di Iran e Russia, Assad ha ripreso il controllo di più del 60% del territorio, mentre i ribelli hanno ancora in mano aree nel nord e nel nordovest della Siria e i curdi controllano zone del nordest.

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