In Inghilterra il programma dei vaccini sta andando bene. Ma a Boris Johnson i vaccini servono a nascondere una situazione sociale ed economica piena di incertezze, che un ribasso di infezioni Covid non potrebbe, comunque, risolvere.
Siamo tutti esausti per la pandemia. E questo si traduce in una sorta di amnesia collettiva per cui tutto ciò che accade nel governo inglese viene smorzata dal sollievo di vedere la luce alla fine del tunnel con l’arrivo dei vaccini.
A gennaio, quando la variante inglese individuata nel Kent infettò migliaia di persone, l’Inghilterra è stata soprannominata “Plague Island”. In poche settimane dopo Natale, l’Inghilterra è diventata il paese con più morti da Covid in tutta Europa.
Alla fine del 2020, Johnson aveva permesso alle famiglie di celebrare il Natale insieme. Un errore gravissimo. Ma la situazione era cambiata dall’anno precedente. Questa volta, c’era un trucco magico: i vaccini.
Ora in Inghilterra, più di 20 milioni di persone sono già state vaccinate, e più di metà della popolazione ha ricevuto almeno la prima dose di un vaccino. Nell’Ue, il numero di vaccinati rimane più basso. Boris Johnson, naturalmente, non fa altro che parlarne. E sembra, in questo momento, che le persone abbiano dimenticato i gravi errori commessi dal suo governo.
Da quando è iniziato il programma vaccinale, la popolarità del Primo Ministro non ha fatto che alzarsi da un minimo storico e il suo partito ha avuto molto successo nelle elezioni locali a maggio.
L’economia inglese, con cautela, si sta riprendendo. Però siamo effettivamente ancora in uno stato di lockdown, aiutati da agevolazioni economiche e stipendi pagati dal governo per chi non può lavorare in presenza. Perciò non possiamo ancora sapere come sarà l’economia inglese fuori l’Ue e se l’accordo commerciale, organizzato all’ultimo minuto, sarà veramente fruttuoso.
Per ora, i segnali non sono molto buoni. Un terzo dei produttori inglesi, a causa dei costi troppo alti e della burocrazia soffocante, non vogliono lavorare con le altre aziende inglesi, e non possono più scegliere di lavorare con altri fornitori nell’Unione europea. Interi settori, dalla pesca, alla moda, dallo spettacolo ai servizi finanziari, stanno soffrendo per via della Brexit e non riescono a guadagnare come prima. Già da gennaio, abbiamo visto un calo del 41% di esportazioni dall’Inghilterra ai paesi europei.
Inoltre, non possiamo neanche dimenticare il problema del Nord Irlanda, che vent’anni fa era una zona di guerra e ora la violenza tra le comunità cattoliche e protestanti sta accendendo di nuovo, catalizzata dalla Brexit. Recentemente, il leader del governo Nord Irlandese, Arlene Foster, si è dimessa perché il suo partito, il Democratic Unionist Party, ha problemi gravi con la frontiera nel Mare d’Irlanda. Il suo successore, Edwin Poots (riconosciuto per essere contro l’Accordo del Venerdì Santo nel 1998) giura che la sua priorità sarà di lottare contro il Northern Ireland Protocol.
Tutto questo non può essere sminuito come fa Johnson, che continua a descrivere la situazione come semplici “difficoltà iniziali”.
In più c’è una riluttanza da parte dei media e della classe politica a parlare dei problemi dovuti alla Brexit, dando sostegno all’attitudine noncurante di Johnson. A Westminster si sente spesso la nuova espressione ‘B-Word’ quando si parla della Brexit, come se la parola ‘Brexit’ fosse una bestemmia. I conservatori, prevedibilmente, non mettono mai in risalto fatti che possano screditare l’accordo commerciale. Il partito laburista, traumatizzato dall’esodo dei propri votanti nelle regioni euroscettiche del Nord a favore del partito conservatore nel 2019, evita di parlare di Brexit per la paura di perdere ancora più voti da questa platea di elettori.
Johnson, dunque, si vanta di un popolo stufo sia del Covid che della Brexit.
Ma arriverà il giorno in cui il nostro lodevole programma dei vaccini entrerà a far parte del passato. E Johnson dovrà affrontare le problematiche dell’accordo commerciale.
Coltivare cattive relazioni con l’Ue non aiuterà tutte le persone che vogliono semplicemente continuare con le loro attività come prima. Soprattutto, non aiuterà i cittadini nord irlandesi, che vivono con la paura di una nuova ondata di violenza dopo una pace conquistata con molta fatica.
Il futuro inglese fuori dall’Europa è un futuro incerto. I vaccini salvano vite. Ma prima del Covid c’era sempre la Brexit e il futuro colmo di incertezze legato alla Brexit non sparirà grazie ai vaccini.