Il Senato discute per la priva volta in una seduta pubblica di vitalizi ma nei fatti si tratta di una farsa. Invece di riunire il consiglio di presidenza per decidere come neutralizzare gli effetti della doppia sentenza che ha restituito l’assegno a Roberto Formigoni (aprendo le porte al ripristino anche per tutti gli altri ex senatori condannati), Palazzo Madama sceglie di approvare tutte e tre le mozioni sui vitalizi. Pure quelle di Lega e Forza Italia che con i voti dei loro esponenti nominati nella commissione Contenziosa e nel consiglio di Garanzia sono stati fondamentali per restituire l’assegno all’ex governatore della Lombardia.

Le tre mozioni – Oltre a quella del centrodestra (c’era anche la firma di Fdi), Palazzo Madama ha approvato anche le mozioni di M5s, Pd e Leu, e quella di Italia Viva. Ciascun gruppo ha votato la propria mozione astenendosi sulle altre, o facendole votare a qualcuno dei propri senatori, così da farle approvare tutte. Ma qual è la differenza tra le tre mozioni, presentate da tre schieramenti diversi e approvate dall’Aula di Palazzo Madama? Il testo firmato dall’ex maggioranza giallorossa chiede che gli uffici competenti del Senato studino le soluzioni in modo da applicare la Legge Severino in modo da revocare il vitalizio ai condannati. La mozione del centrodestra chiede invece di “rivalutare” la direttiva del Senato del 2015 che toglieva i vitalizi agli ex senatori condannati. Infine la mozione di Italia Viva impegna gli organi del Senato “ad adottare tutte le opportune determinazioni, volte a disciplinare i casi di revisione o revoca del vitalizio dei Senatori, cessati dal mandato, che siano stati condannati in via definitiva per delitti di particolare gravità”, alla luce dell’annullamento della direttiva del 2015.

Di Nicola: “Mozioni non colgono sostanza del problema”- A spiegare che quello delle mozioni sia alla fine solo un escamotage che non risolve la quesitone è Primo Di Nicola, senatore dei 5 stelle che si è astenuto anche quando da votare c’era il documento presentato dal suo partito. “Le mozioni presentate contro il ripristino dei vitalizi per i parlamentari condannati – ha detto – non colgono la sostanza del problema. E cioè che con la decisione presa è come se al Senato si fosse consumato una specie di golpe. Anzi un autogolpe. Con un conflitto di poteri tra organi interni che non ha precedenti nella storia della Repubblica. In materia di autodichia, la Commissione Contenziosa vale come è noto come un tribunale. Ebbene – osserva il parlamentare pentastellato – la sentenza con la quale ha deciso di restituire il vitalizio al senatore Formigoni non si è limitata a giudicare su un caso specifico, ma ha addirittura proceduto ad annullare una delibera del Consiglio di presidenza. È come se un tribunale avesse cancellato una legge ordinaria. Un pasticcio da Repubblica delle banane”. Secondo Di Nicola dunque le mozioni sono inutili, e invece il Senato dovrebbe sollevare “di fronte alla Corte Costituzionale un conflitto di attribuzione: l’invasione di campo di un organo giurisdizionale ha inflitto un vulnus al principio della separazione dei poteri. E penso che il Consiglio di presidenza abbia il dovere di promuovere questa iniziativa, altrimenti, lo dico a tutti i componenti che contestano la decisione, meglio uscire dal Consiglio di presidenza, per non condannarsi all’irrilevanza e farsi complice di un disegno di restaurazione di tutti i privilegi della Casta. Questo è il modo giusto per denunciare di fronte al Paese la gravità delle decisioni prese dagli organi presieduti dal senatore Caliendo e Vitali”.

Grasso: “Ora l’assegno anche ai mafiosi” – Come raccontato più volte in questi giorni da ilfattoquotidiano.it, nel 2018 il Consiglio di presidenza di Palazzo Chigi aveva deciso di applicare a Roberto Formigoni la direttiva presa nella precedente legislatura, nel 2015, di togliere il vitalizio agli ex senatori condannati per una serie di reati contro la Pubblica amministrazione. Formigoni ha fatto ricorso all’organo interno del Senato, la Commissione contenziosa, che gli ha dato ragione, restituendogli l’assegno. L’amministrazione del Senato ha fatto ricorso all’organo interno di secondo grado, il Consiglio di garanzia, che ha tuttavia confermato la decisione della Commissione contenziosa. La decisione dei due organismi giurisdizionali interni hanno assimilato il vitalizio a un trattamento pensionistico che quindi non può essere tolto in caso di condanna per certi reati. Un orientamento contestato di nuovo oggi in Aula dall’ex presidente del Senato Pietro Grasso che aveva firmato la direttiva del 2015: “Il mandato parlamentare, essendo di natura elettiva, non è affatto assimilabile a un rapporto di lavoro, l’indennità parlamentare non può essere qualificata come retribuzione, tanto che viene percepita per il solo fatto di ricoprire la carica, anche se il parlamentare si astenga del tutto da qualsiasi attività parlamentare e serve ad assicurare l’indipendenza della funzione. Pertanto, il vitalizio come proiezione dell’indennità non può avere natura previdenziale di retribuzione differita”. Grasso ha ripetuto che vanno considerate “anche le conseguenze: abolendo del tutto la delibera del 2015 si spalancano nuovamente le porte del vitalizio non solo ai senatori condannati per corruzione ma anche per mafia o terrorismo. Spero proprio che non sia un effetto voluto, ma solo una distrazione”.

La protesta dei 5 stelle, Caliendo non vota – Durante le dichiarazioni di voto il M5s ha alzato cartelli con la scritta “Stop vitalizi” gridando “Vergogna, vergogna“. Aveva appena finito di parlare la senatrice Paola Taverna: “Il Senato non è una scatoletta di tonno è un bunker antiatomico che resiste a tutto, e non bastano 8 anni per cambiare le cose, ma forse 20 anni”, ha detto tra l’altro. Più nel merito si è soffermata sul caso su cui hanno deciso gli organi interni del Senato, quello dell’ex presidente della Regione Lombardia, condannato a oltre 5 anni di reclusione per corruzione nell’ambito di un processo sulla sanità lombarda: “Dove sta la disciplina e l’onore nell’aver rubato i soldi della sanità pubblica per pagarsi vacanze in luoghi da sogno? – ha detto Taverna – Facciamo che noi gli restituiamo il vitalizio e lui ci restituisce i 47 milioni? Mi sembra la soluzione migliore”. Nel pomeriggio dovrebbe riunirsi anche l’ufficio di Presidenza per iniziare a discutere della questione. Giacomo Caliendo, senatore di Forza Italia e presidente della Commissione, da parte sua non ha votato nessuna delle mozioni: “Siamo davvero fuori dalla realtà se qualcuno ritenesse che una decisione giurisdizionale debba essere presa sulla spinta di pulsioni popolari“. Per motivare la restituzione del vitalizio a Formigoni, la commissione di Caliendo ha paragonato il ricco assegno al reddito di cittadinanza.

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