“Servono un po’ di soldi, bisogna ungere tutti i giorni”. “L’ingegnere mi ha detto bisogna fare così, che nessuno parla, che tutti stanno zitti, perché mi hanno promesso che questa cosa la tirano fuori. Ma se qualcuno parla, l’altro fa casino e dopo c’è il prefetto, poi il sub prefetto, poi il ministro, poi il sotto ministro, dicono ‘Di quel terreno si è parlato troppo, troppo, troppo’”. Un accordo corruttivo con i funzionari della Repubblica della Costa d’Avorio per ottenere l’autorizzazione per un impianto semi-industriale di estrazione dell’oro all’interno di un parco nazionale ad Aka Yaoro, nel Paese africano.
Con l’accusa di corruzione internazionale e trasferimento fraudolento di valori, su richiesta della Procura di Locri, il gip ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Giuseppe Pulitanò – residente a Gatteo Mare in provincia di Forlì, dell’imprenditore romano Maurizio De Santis e di Cosimo Salerno, un sorvegliato speciale di Bianco, nella Locride, ritenuto contiguo alla cosca Marando di Platì e già coinvolto in un’inchiesta antimafia della Procura di Torino.
L’operazione “Tutto il mondo è paese” è scattata stamattina in seguito alle indagini avviate nei primi mesi del 2020 dal commissariato di Bovalino con il coordinamento della squadra mobile di Reggio Calabria e dello Sco. Nell’inchiesta è indagato anche un cittadino della Costa D’Avorio, Arsene Rachel Koumane Kouassi, di 43 anni, amministratore della società ivoriana “Secomip Sarl” assieme a Giuseppe Pulitanò.
Entrambi avrebbero trattato sull’ammontare delle mazzette, consegnando 7 milioni di franchi Cfa (10600 euro) a Valabou Tamblae, il direttore regionale delle Miniere e della Geologia di Yamoussoukro per l’autorizzazione a estrarre l’oro nei terreni di una riserva naturale protetta. Il tutto senza il nulla osta dell’Ufficio ivoriano dei Parchi e delle Riserve (Oipr). Per ottenerlo, gli indagati hanno pagato un altro milione di Franchi Cfa (1519 euro) al direttore dell’Oipr, Remy Kouassi Kouadio.
L’inchiesta si basa sulle molte intercettazioni telefoniche nelle quali gli indagati parlano delle tangenti pagate ai funzionari pubblici della Costa D’Avorio: “È stato lui ad avergli promesso un milione a quel direttore. Il direttore del Mine gli ha promesso un milione al direttore di Oipr. Non glieli ha dati, penso che gli ha dato centomila. Poi è andato anche a sputtanarlo in giro. Quello si è offeso e non vuole firmare…quello non ha preso soldi apposta non firma”.
Nell’inchiesta è coinvolta anche la “Magica Sarl”, una seconda società ivoriana di import-export dell’imprenditore Maurizio De Santis, che veniva utilizzata secondo la Procura di Locri per finanziare la “Secomip Sarl, il socio occulto sarebbe stato Cosimo Salerno. Stando alle indagini, infatti, il sorvegliato speciale della Locride “contribuiva al finanziamento dell’iniziativa e forniva appoggi logistici, grazie ad amicizie vantate nello Stato africano”.
“Abbiamo speso centodiecimila euro con Maurizio (De Santis, ndr). Tutti i soldi che avevo io e i soldi che aveva Maurizio li abbiamo messi, li abbiamo investiti lì” racconta Salerno. Ma l’affare dell’oro in Costa D’Avorio, stando alle intercettazioni, era molto più ampio e avrebbe dovuto “coinvolgere anche soggetti canadesi. “Mi hanno chiamato pure i partner del Canada – dice il socio occulto Salerno al telefono con De Santis -. Ieri Alex del Canada ha detto ‘guarda che… addirittura questi hanno attivato anche i canali bancari inglesi e quindi appena si può partire andiamo’”. Il problema era la concessione che ancora doveva essere firmata dal direttore dell’Oipr, Remy Kouassi Kouadio. “Andiamo subito dal dirigente, dal responsabile dell’Oipr e facciamo quello che dobbiamo fare”. Detto fatto. La regola era sempre la stessa: “Servono soldi per ungere”.