“Al vostro fianco con umiltà e rispetto, sono venuto per riconoscere le nostre responsabilità” sul genocidio del 1994 in Ruanda, sul quale la Francia ha fatto “prevalere per troppo tempo il silenzio sull’esame della verità”. Ma, allo stesso tempo, “non si è resa complice” della strage. Esordisce così Emmanuel Macron al memoriale per il genocidio di Kigali, dove si è recato dopo aver incontrato il presidente Paul Kagame. Annunciando il ritorno nella capitale ruandese di un ambasciatore di Parigi, posto rimasto vacante dal 2015 a causa delle tensioni tra i due Paesi dovute al ruolo della Francia nel genocidio, Macron ha dichiarato che la Francia ha deluso le 800mila vittime, senza però arrivare a scusarsi e ricevendo comunque il plauso di Kagame, che ha definito le sue parole un atto di “immenso coraggio”. “Un genocidio non può essere scusato, si convive con esso”, ha affermato Macron in quello che è sembrato un modo per spiegare la mancanza di scuse. E sottolineando che non c’è stata complicità, ricalcando il risultato delle ricerche storiche commissionate dall’Eliseo e da Kigali, ha quindi detto di auspicare che coloro “hanno attraversato la notte” del genocidio dei tutsi, possano perdonarci”. Parole elogiate da Kagame, ma che al contrario hanno attirato critiche e risvegliato la delusione tra i ruandesi.
“Ci aspettavamo che chiedesse perdono. Non l’ha fatto” – Il partito di opposizione Rwandese Platform for Democracy aveva fatto sapere su Twitter di sperare che Macron si scusasse “in modo onesto” e che promettesse “di risarcire” le vittime del genocidio e anche Egide Nkuranga, il presidente di Ibuka, una delle più importanti associazioni a sostegno delle vittime del genocidio dei Tutsi in Ruanda, si è rammaricato per l’assenza di “scuse chiare” nel discorso sul ruolo della Francia. “Ci aspettavamo che si scusasse chiaramente a nome dello Stato francese. Non l’ha fatto. Anche per chiedere perdono, non l’ha fatto”, ha detto Nkuranga. Tuttavia, ha aggiunto, Macron “ha davvero cercato di spiegare il genocidio, come è successo, cosa non hanno fatto, le loro responsabilità. Questo è molto importante, dimostra che ci capisce. Anche se non si è scusato chiaramente – ha concluso -, vediamo comunque che ciò è qualcosa che può avvenire in futuro”.
Il senso del viaggio di Macron in Ruanda – Punta ad essere la “tappa finale della normalizzazione delle relazioni” con la Francia, dopo oltre 25 anni di tensioni legate al ruolo svolto da Parigi in questa immane tragedia. “Questo percorso di riconoscimento, attraverso i nostri debiti, i nostri doni, ci offre la speranza di uscire da questa notte e di camminare nuovamente insieme. Su questo cammino – ha proseguito Macron – solo coloro che hanno attraversato la notte possono, forse, perdonare, farci il dono di perdonarci“. Un viaggio, nelle intenzioni dell’Eliseo, per ricomporre quella profonda frattura sorta nel ’94, quando i militari francesi della missione Turqoise, operativa fra giugno e agosto del 1994, si erano sbilanciati in favore del governo hutu responsabile del genocidio in cui sono state massacrate 800mila persone, la maggioranza dei quali tutsi e hutu moderati.
Macron vuole “scrivere una nuova pagina” nelle relazioni fra Parigi e Kigali. Il rapporto di 1.200 pagine della commissione indipendente guidata dallo storico Vincent Duclert istituita su iniziativa di Macron e pubblicato lo scorso marzo conclude che la Francia ha avuto “una responsabilità grave e travolgente” nel genocidio. Responsabilità per non aver agito per fermare le uccisioni, ma non complicità. Una seconda ricerca di 600 pagine commissionata dal Ruanda e pubblicata il mese scorso dallo studio legale americano Levy Firestone Muse ha invece parlato della Francia come di “collaboratore indispensabile” del regime degli hutu, ma esclude complicità. Il Ruanda aveva rotto le relazioni diplomatiche con la Francia nel 2006, dopo che un giudice aveva spiccato un mandato d’arresto contro nove consiglieri di Kagame accusati di essere coinvolti nell’abbattimento dell’aereo su cui, il 6 aprile del 1994, viaggiava il Presidente del Ruanda, Juvénal Habyarimana, l’evento che diede inizio al genocidio. Le relazioni diplomatiche erano state ripristinate tre anni dopo. Ma dal 2015 Parigi non aveva un ambasciatore. Ora l’ambasciatore francese tornerà a Kigali.