È stato condannato a 9 mesi di reclusione, con la sospensione della pena, Michele Mazzarano, ex assessore regionale pugliese accusato di aver promesso lavoro in cambio di voti e sostegno durante la campagna elettorale per le Regionali 2015. Il giudice Paola D’amico ha emesso la sentenza con la quale ha inoltre disposto nei confronti dell’attuale consigliere del Pd tarantino la sospensione per 5 anni dal diritto elettorale e da tutti i pubblici uffici. Il suo difensore, l’avvocato Fausto Soggia, ha annunciato il ricorso in appello. Stessa pena è stata inflitta all’imprenditore tarantino Emilio Pastore, l’uomo che avrebbe fornito il suo appoggio anche economico a Mazzarano in cambio della promessa di lavoro per i figli.
La vicenda scoppiò a marzo 2018 quando Pastore consegnò a Striscia la notizia gli audio delle registrazioni nelle quali Mazzarano cercava di calmare l’uomo che pretendeva 16mila euro per l’affitto del locale in cui fu costituito il comitato elettorale: “Ti posso dire – affermava in quelle conversazioni Mazzarano – che, come ho fatto per tuo figlio, devo impegnarmi per l’altro figlio. Punto. Quando quello mi dirà che potrà fare qualche assunzione, il nome di tuo figlio io lo darò”. Mazzarano provò a difendersi sostenendo che quest’ultima frase era “estrapolata da un discorso molto più ampio” e ne stravolgeva il senso.
Qualche giorno dopo la messa in onda del servizio lasciò le deleghe assessorili nelle mani del presidente Michele Emiliano. La vicenda è poi finita sul tavolo del procuratore aggiunto di Taranto Maurizio Carbone che negli atti ha spiegato che Mazzarano “quale candidato alle elezioni amministrative regionali svoltesi nel 2015, prometteva a Pastore Emilio l’assunzione dei due propri figli” presso una ditta privata e in cambio otteneva l’impegno di Pastore “a dargli il proprio voto e quello dei suoi familiari nonché di procuragli il voto di altri elettori anche attraverso l’utilizzo a titolo gratuito di un locale sito in via Dante 412 che lo stesso Pastore allestiva come comitato elettorale del Mazzarano”.
Al termine della tornata elettorale il candidato del Pd ottenne 7.778 voti che gli permisero di aggiudicarsi un seggio in viale Capruzzi a Bari e successivamente anche la delega allo Sviluppo Economico. Ma le promesse fatte da Mazzarano, secondo quanto Pastore ha svelato a Pinuccio, l’inviato pugliese del tg satirico di Antonio Ricci, furono mantenute solo in parte: solo uno dei due figli fu assunto da una società che esegue lavori di pulizia all’interno dell’ex Ilva.
Per la procura di Taranto quell’assunzione non fu casuale, ma ottenuta “grazie all’interessamento di Mazzarano”. L’assunzione di uno solo dei due figli, però, scatenò la rabbia di Pastore che decise di raccontare tutta la vicenda a Striscia fornendo anche l’audio delle conversazioni che aveva segretamente registrato durante gli incontri con Mazzarano. L’allora assessore regionale, bloccato dalle telecamere del programma di Mediaset, provò a difendersi sostenendo di essere vittima di un’estorsione e che di tutta quella vicenda erano sempre stati informati i carabinieri. Una versione che tuttavia non è stata poi confermata nell’interrogatorio che lo stesso Mazzarano rese dinanzi al pm Carbone e agli agenti della Digos di Taranto. Un interrogatorio nel quale aveva ribadito la sua innocenza. La sentenza ha però affermato il contrario e ora Mazzarano confida nel processo d’appello.