In attesa dei risultati delle nuove indagini disposte dal Presidente USA Biden sull'origine del COVID-19, Facebook ha deciso che non tratterà come fake news le ipotesi sull'origine artificiale del virus. L'ha affermato un portavoce, spiegando che la decisione è dovuta all'avvio delle nuove indagini.
Facebook non rimuoverà più le affermazioni in cui si afferma che il COVID-19 è stato prodotto dall’uomo, secondo un rapporto di Politico che cita un portavoce di Facebook. Stando all’articolo la società avrebbe modificato la sua politica a causa di una rinnovata attenzione alle origini del virus, incluso un ordine del presidente Joe Biden alle sue agenzie di intelligence di indagare sulla cosiddetta ipotesi di fuga da un laboratorio cinese.
La disinformazione è spesso circolata su Facebook in passato, su questo ed altri argomenti e il colosso si è spesso ritrovato sotto pressione da parte di media tradizionali e politici con la richiesta di arginare con maggior efficacia il dilagare delle bufale sulle proprie pagine. All’inizio della pandemia, pericolose fake news circolavano ampiamente su Facebook e sono state condivise migliaia di volte, nonostante l’annuncio di Facebook del gennaio 2020 che avrebbe applicato le sue politiche di disinformazione ai post sul Coronavirus e i suoi successivi sforzi.
Da allora, Facebook ha costantemente aggiornato l’elenco delle affermazioni rimosse nel tentativo di arginare l’ondata di disinformazione. L’azienda ha anche introdotto notifiche su dove ottenere informazioni sui vaccini ed ha tentato di avvisare gli utenti quando interagivano con post contenenti disinformazione.
Il rinnovato interesse attorno alle origini del virus rilanciata dalle recenti parole del neo presidente Biden avrebbero dunque spinto Facebook in un certo senso a sospendere il giudizio, non segnalando più i commenti sull’origine artificiale del virus come palesemente infondati. Al momento comunque, interpellata dai colleghi di The Verge, l’azienda di Mark Zuckerberg non ha voluto rilasciare dichiarazioni ufficiali, così come hanno fatto sullo stesso argomento anche YouTube e Twitter.