di Nezha Ben Taleb e Laura Gobbi*
Un forte eco di speranza e solidarietà quello lanciato dal Global Health Summit, ospitato a Roma il 15 maggio 2021, sotto la presidenza del premier Mario Draghi e dalla presidente della commissione Ue, Ursula von der Leyen. “Occorre vaccinare il mondo e occorre farlo rapidamente”: le parole di apertura di Draghi sono state perentorie e incisive, puntualizzando come la pandemia non sia ancora finita. Ma quanto è stato fatto è sufficiente a garantire l’equo accesso ai vaccini e porre fine alla crisi di Covid-19?
Il vertice ha raccolto importanti successi attraverso impegni concreti e un’espressa cooperazione multilaterale in materia sanitaria. La comunità internazionale ha supportato il finanziamento della Covax Facility e dell’Act-Accelerator, sviluppati sotto l’egida dell’Oms con l’obiettivo di aiutare i paesi più fragili a fronteggiare la pandemia. Il nuovo contributo italiano è stato di 300 milioni di euro per garantire che immunizzazione, diagnostica e terapie vengano messe a disposizione di paesi a basso reddito, su larga scala e rapidamente.
Di sostegno a queste iniziative, la condivisione del surplus di dosi di vaccini Covid-19: la presidente von der Leyen ha promesso 100 milioni di dosi entro il 2021, di 15 milioni da parte dell’Italia. Un timido ma promettente passo per garantire che le dosi di vaccino vengano utilizzate al meglio nella protezione delle popolazioni più vulnerabili. L’Italia ha annunciato anche la sua apertura al supporto della deroga temporanea degli accordi Trips sulla proprietà intellettuale dei brevetti, con l’obiettivo di favorire risposte farmaceutiche rapide a questa pandemia.
Nonostante i progressi, molto deve essere ancora fatto per superare la presente situazione che il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha definito “apartheid da vaccino”. Ad oggi, i paesi ad alto reddito hanno firmato contratti con le case farmaceutiche che garantiscono non solo l’immunizzazione completa delle loro popolazioni, ma anche ad avere 2,8 miliardi di dosi di vaccino Covid-19 in eccesso, inutilizzate. Quest’accumulo evidenzia ulteriormente la polarizzazione tra Nord e Sud del mondo che, in tempo di pandemia, non fa alcuna eccezione. L’uguaglianza deve essere al centro della risposta globale a questa crisi perché, di fronte ad una pandemia, una risposta locale ha efficacia solo nel breve termine, e una vaccinazione di massa su scala globale non è solo un dovere morale ma è anche nell’interesse di tutti realizzarla.
Gli studi dimostrano che l’attuale nazionalismo dei vaccini si tradurrà nel doppio di decessi e un danno all’economia globale pari a 9.2 trilioni di dollari, di cui la metà saranno a carico dei paesi più ricchi, prolungando così la durata e la portata di questa crisi. La comunità scientifica che si è espressa nel corso del Summit ha avvertito: “la pandemia non si fermerà senza un accesso universale alle risorse”. E non sono i soli.
Anche gli italiani sono favorevoli ad una condivisione degli strumenti a disposizione per porre fine al Covid-19. Secondo un sondaggio di ONE in collaborazione con YouGov, quasi 9 italiani su 10 ritengono che i vaccini dovrebbero essere distribuiti in tutto il mondo in modo da sconfiggere il virus ovunque, in maniera efficace; mentre 8 su 10 pensano che sia il nostro paese che il resto del mondo saranno al sicuro solo quando il Covid-19 verrà debellato ovunque, non soltanto all’interno dei territori nazionali.
Noi Youth Ambassadors di ONE, crediamo profondamente nell’importanza di garantire un equo accesso ai vaccini, non soltanto perché il diritto alla salute è un diritto inderogabile e imprescindibile, ma anche perché “nessuno sarà al sicuro finché non lo saremo tutti”. Questo è il momento di agire. Liberalizzazione dei brevetti, trasferimento del know-how farmaceutico, pieno finanziamento di ACT-Accelerator e garantire un’equa distribuzione di strumenti finanziari come i diritti speciali di prelievo, per supportare e sostenere i paesi a basso reddito: solo in questo modo il G20, quest’anno sotto la presidenza italiana, coglierebbe l’occasione di “build back better”, creando un multilateralismo sanitario che riesca a porre fine definitivamente alla pandemia attuale e prepararci alle future.
Le istituzioni non devono dimenticare di ascoltare le voci dei giovani, la categoria più colpita dalla pandemia, per poter porre le basi del nostro futuro in un mondo più equo, inclusivo e resiliente di fronte a nuove sfide. La ripresa economica post pandemia deve mettere i giovani al centro delle politiche sociali ed economiche, con un’attenzione particolare ai paesi a basso reddito dove le opportunità sono state drasticamente ridotte con la pandemia.
Come giovani attiviste, siamo qui per far ascoltare la voce della nostra generazione e per avere spazio nella costruzione del nostro futuro. Il Global Health Summit e la fine della pandemia di Covid-19 sono un punto di partenza, ora bisogna prendere ulteriori misure necessarie perché davvero si “vaccini il mondo e lo si faccia rapidamente”.
*Youth Ambassadors di ONE Campaign, un’organizzazione che opera con campagne e attività di sensibilizzazione per combattere la povertà estrema e le malattie prevenibili, soprattutto in Africa. Apolitica, ONE mira a sensibilizzare l’opinione pubblica e a lavorare di concerto con i leader politici per combattere l’AIDS e le malattie prevenibili, aumentare gli investimenti per l’istruzione, l’agricoltura, la sanità e l’alimentazione e chiedere ai governi maggiore trasparenza nei programmi di lotta alla povertà.
Gli ambasciatori ONE sono un gruppo di giovani volontari estremamente motivati, selezionati tramite bando pubblico, che conducono attività di sensibilizzazione in tutta Europa per porre fine alla povertà estrema. Sollecitano un impegno concreto dei responsabili politici, lavorano con i mezzi di comunicazione per aumentare la visibilità delle campagne ONE e incoraggiano il pubblico a sostenere le petizioni e le altre azioni ONE con attività online ed eventi locali. Per saperne di più visitare: one.org/youthambassadors