Muro contro muro nel trilogo: la trattativa riprenderà a giugno, ma l'esito è incerto. Gli stati fanno resistenza al taglio dei sussidi per i big del settore in favore dei piccoli produttori. Altro punto di scontro sono gli ecoschemi, ovvero i finanziamenti destinati agli agricoltori che presentano i progetti più sostenibili
Dopo quasi quattro giorni di colloqui e riunioni, Parlamento e Consiglio europeo non hanno trovato un compromesso sull’architettura verde della nuova Politica agricola comune, interrompendo il negoziato. Contro ogni pronostico o auspicio, la trattativa riprenderà a giugno. Nella migliore delle ipotesi, la prossima settimana, ma non è detto dato che si è consumato un ‘muro contro muro’. Se da un lato è sfumata la possibilità che un accordo potesse essere confermato già entro maggio, alla riunione dei ministri europei dell’Agricoltura (Consiglio Agrifish), dall’altro questo stop vuol dire che i giochi sono tutt’altro che fatti. Il Consiglio (che rappresenta gli interessi dei vari Stati dell’Ue) non vuole cedere, ma neppure il Parlamento è disposto a indietreggiare così facilmente su alcuni punti, che dovrebbero essere il cuore della nuova Pac. Così, nella notte, gli eurodeputati e la presidenza portoghese si sono scambiati altre proposte che, invece di avvicinare le due parti, hanno fatto precipitare la trattativa, allontanandole ancora di più. “I negoziati riprenderanno a giugno” ha twittato il ministro dell’agricoltura finlandese Jari Leppa.
LE RESISTENZE PER LO STOP AI PRIVILEGI – L’accordo sarebbe saltato in primis sulla distribuzione dei sussidi tra le grandi e le piccole e medie imprese. Anche la nuova Pac, d’altronde, è basata sulla logica delle sovvenzioni erogate in base agli ettari di produzione. Ad oggi l’80% dei sussidi è destinato al 20% delle aziende agricole più grandi e il Consiglio Ue ha mostrato di non avere interesse a mettere fine ai privilegi dei grandi proprietari. Tanto che si è opposto al capping obbligatorio (un tetto massimo all’importo di cui le aziende di maggiori dimensioni possono beneficiare) che il Parlamento aveva proposto di fissare a 100mila euro, con regressività a partire da 60mila euro. Un punto, però, sul quale l’accordo pare sia cosa fatta: un capping volontario, che diventa obbligatorio solo per gli Stati che non prevedono l’aumento dei premi ai primi ettari per favorire le piccole imprese.
LO SCONTRO SUGLI ECO-SCHEMI – Tra i punti che maggiormente hanno mantenuto lontani Parlamento e Consiglio c’è quello sugli eco-schemi, ossia i finanziamenti destinati agli agricoltori che presentano i progetti più sostenibili. Secondo il Parlamento dovrebbero costituire il 30% del primo pilastro (circa 58 miliardi di euro), mentre il Consiglio era rimasto a un 20% (quasi 39 miliardi). In pratica, una differenza di 20 miliardi, calcola la Commissione Ue. La presidenza portoghese del Consiglio Ue aveva anche manifestato l’intenzione di proporre che la riserva ‘verde’ per gli aiuti diretti fosse del 22% nel 2023 e 2024 e del 25% dal 2025, ma a ilfattoquotidiano.it l’eurodeputata di Europa Verde Eleonora Evi rivela un retroscena: “Anziché avvicinarsi alla già debolissima posizione del Parlamento, gli Stati membri hanno avanzato proposte provocatorie e, sugli ecoschemi, il Consiglio ha proposto di ridurre la percentuale minima dedicata a queste misure al 18% del budget del primo pilastro”. Secondo l’eurodeputata “da questo round di negoziati – puntualizza l’eurodeputata – non esce certamente immacolato nemmeno il Parlamento, che era già pronto ad accettare una percentuale del 25%, di molto inferiore a quel timido 30% votato ad ottobre”.
LA CONDIZIONALITÀ SOCIALE – Altro elemento di scontro è quello della condizionalità sociale, cioè la riduzione degli aiuti in violazione dei diritti dei lavoratori. E qui le resistenze sono state tante. Perché per Germania e per i Paesi del Nord Europa le politiche sociali non rientrano tra i temi di cui deve occuparsi la Pac, anche se Berlino aveva manifestato l’intenzione di astenersi dal voto (evitando, dunque, di rappresentare un ostacolo a un eventuale accordo). L’Italia, invece, seguita da Francia e Spagna è a favore di un compromesso “che tenga in considerazione i diritti dei lavoratori e degli agricoltori, incidendo nel modo più limitato possibile sugli oneri burocratici” ha spiegato lo stesso ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli.
I COMMENTI – E che la situazione sia tesa lo ha confermato, in conferenza stampa, anche il presidente della commissione Agricoltura del Parlamento Ue, Norbert Lins (Partito Popolare Ue), secondo cui da parte del Consiglio “c’è una mancanza di certezza in termini di pianificazione”, mentre il Parlamento richiede “misure da adottare”. “Sono molto deluso che i negoziati siano stati interrotti, pensavo che avremmo potuto trovare un accordo” ha detto, sottolineando che la presidenza del Consiglio Ue “sembrava essere sorpresa dal fatto che non ci siamo semplicemente limitati ad accettare la loro proposta”. E ha aggiunto: “Mi aspetto che il Consiglio ci rispetti come co-legislatori”. Il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino, ha spiegato di sperare per la ripresa dei negoziati in “un confronto più aperto, che si ispiri al cambiamento, sempre tenendo conto che la priorità resta il reddito agricolo. Gli agricoltori europei – ha aggiunto – sono pronti a fare la propria parte per diventare sempre più sostenibili, con una Pac 2023-2027 più verde, ma senza dimenticare che la politica agricola comune è innanzitutto una politica economica che deve sostenere la produzione di cibo sano, sicuro e di qualità e garantire la tenuta e la crescita delle aree rurali”.