Non si fa così! Ci sono mille modi per interrompere un rapporto. Una storia d’amore. Ci sono azioni e parole che si possono evitare. Per non ferire l’altro. Per non lasciarlo inerme. Ci sono tempi da rispettare, se possibile. Non ci si può scambiare sorrisi e rassicurazioni sul far della sera. E il giorno dopo, confessare che “è finita”. Non si può. Se si è ancora innamorati. Eppure accade. Nella vita. Ma anche nello sport.
E’ accaduto ancora una volta nel calcio. Alla Lazio. La squadra che lo scorso anno ha raggiunto la Champions League, dopo un secolo. Accarezzando a lungo, prima della sospensione per la pandemia, il sogno del tricolore. La squadra che comunque anche quest’anno ha lottato per le prime posizioni, finendo al termine della stagione sesta potendo partecipare il prossimo anno all’Europa League.
L’anno scorso, prima della sosta e a tratti anche quest’anno un gran bel gioco. Merito dei giocatori, certo. Indiscutibilmente, anche del suo allenatore. Che della Lazio, prima ancora della prima squadra, ha fatto l’allenatore delle giovanili, dopo aver giocato diversi campionati proprio con quella maglia. Averci giocato e averci vinto uno scudetto. Indimenticabile.
Per questo l’allenatore ed ex giocatore era diventato un po’ la Lazio. Di certo per i tifosi. Che allo stadio, fin quando ci si è potuto andare, gridavano il suo nome come si fa per i giocatori, di solito. Per i tifosi che gli chiedevano ovunque andasse l’autografo, ancora. Come si fa con i campioni. Oppure con gli idoli.
Per i tifosi, che giusto qualche ora fa sono andati fuori dalla residenza del presidente Lotito, dove l’allenatore era andato per discutere il nuovo contratto, con uno striscione. Nel quale gli si giurava amore eterno. Per sempre. “A vita”. Anche per questo sembrava non dovesse finire mai. Non è andata così.
L’allenatore innamorato della Lazio ha scelto di andare altrove. In una altra città. In una altra squadra. Facendo sorgere il sospetto che la Lazio per lui sia stata solo una “storia”. Certo, intensa. Piena di passione. Ma comunque una “storia”. Dimostrando che l’attaccamento ai colori che ha variamente vestito per oltre due decenni ci sarà pur stato. Ma è stato molto meno importante della sua ambizione. Facendo capire che il biancoazzurro gli piaceva, forse. Ma non lo ha amato. Davvero, insomma.
Quegli stessi tifosi che lo hanno adorato, ora lo accusano. Sui social, nelle trasmissioni radiofoniche della capitale. Anche il Presidente che gli ha permesso di diventare un allenatore apprezzato non l’ha presa bene. Si è sentito “tradito”. Improvvisamente. Ma intanto lui, l’ormai ex allenatore che è stato anche ex giocatore già pensa all”altra”. Al nuovo amore. Alla nuova squadra. Alla quale si prometterà per sempre, è probabile. Per sempre, in attesa di un nuovo club, ancora più grande. Perché ancora più forte dell’amore c’è sempre l’ambizione. Che travolge ogni sentimento. Il più delle volte.
Lo confesso. Non è la prima volta. Da ragazzino ho amato Gigi Riva. L’ho amato perché è stato un giocatore straordinario, ovviamente. Ma soprattutto perché ha deciso che il Cagliari sarebbe stata la sua squadra. Per sempre. Ha scelto Cagliari, per sempre. Nonostante abbia avuto diverse possibilità per andare in uno “squadrone”. Da adulto ho apprezzato Francesco Totti, l’idolo dei romanisti. L’ho apprezzato nonostante abbia giocato nell’altra squadra di Roma. Ho apprezzato Totti per aver scelto la Roma. A vita. Perché Totti, come Riva, hanno dimostrato che l’amore esiste. Anche se non è per tutti. Forse il bello è proprio questo. Delle “storie” ci si dimentica. Dei grandi amori, no.
Dell’ormai ex allenatore ci dimenticheremo, presto.