L'esperto difende la decisione delle autorità sanitarie di allungare il tempo che intercorre tra la prima e la seconda somministrazione dei vaccini a mRna, come Pfizer e Moderna, spiegando di aver "distanziato la seconda dose in base alla risposta clinica e immunitaria". E spinge per un maggior uso degli anticorpi monoclonali da somministrare "nelle prime 72 ore dalla diagnosi o dalla comparsa dei sintomi"
In Italia, al momento, non preoccupa la variante indiana del Sars-CoV-2 che imperversa in Gran Bretagna: nel nostro Paese l’incidenza è pari a “meno dell’1%”, spiega il virologo Giorgio Palù, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), intervistato su RaiNews24. L’esperto difende anche la decisione delle autorità sanitarie di allungare il tempo che intercorre tra la prima e la seconda somministrazione dei vaccini a mRna, come Pfizer e Moderna, spiegando di aver “distanziato la seconda dose in base alla risposta clinica e immunitaria”. La decisione di “portare” l’intervallo per “i vaccini a mRna a 42 giorni – ha aggiunto – è stata presa in maniera razionale e non perdiamo niente”. Mentre “per AstraZeneca fino alla 12esima settimana si ha ancora una risposta ottimale”.
Tornando sul tema della variante indiana che preoccupa soprattutto per l’alta trasmissibilità mostrata nel Paese asiatico, con centinaia di migliaia di contagi al giorno registrati, Palù spiega che “in Gran Bretagna non è che sia ancora dominante. Il virus evolve. Gli inglesi sono più attenti e se ne accorgono rapidamente, sequenziano il 50% degli isolati virali, noi meno dell’1%. Questa variante è ancora più attrezzata per contagiosità e quindi si diffonde, per il momento sono solo cluster. E in Gran Bretagna ci sono molti indiani”. Nessun collegamento, quindi, tra la diffusione della nuova mutazione e la decisione del Regno, che in questo è stato un precursore, di distanziare le dosi: “Gli inglesi hanno una mentalità molto pragmatica – ha detto – Erano peggio di noi come curva epidemica, non avevano scorte di vaccini all’inizio e si sono inventati una sperimentazione sul campo. È sul campo, dove vacciniamo massivamente la popolazione, che impariamo il resto, cioè se si può allungare la distanza fra dosi. E gli inglesi hanno dimostrato che, anche allungando a 12 settimane (per AstraZeneca, ndr), si poteva avere una riposta importante e che con il vaccino adenovirale più si attendeva e più la risposta anticorpale aumentava”.
La campagna vaccinale sta comunque procedendo, con alcune regioni che hanno aperto alle prenotazioni per le persone dai 30 anni in su, tanto che l’Aifa sta già svolgendo gli accertamenti per l’approvazione della somministrazione del vaccino Pfizer ai ragazzi tra i 12 e i 15 anni. La risposta dell’Agenzia è attesa per lunedì: Per il via libera “è una questione di ore o di giorni – ha detto Palù – visto che c’è sabato e domenica, penso che massimo lunedì l’Aifa si esprimerà coi suoi organi”.
Il virologo torna poi a spingere l’uso degli anticorpi monoclonali che, spiega, risultano essere molto efficaci sui pazienti affetti da Covid, se usati con le tempistiche giuste: “Dei casi Covid che necessitano di cura, negli Stati Uniti se ne trattano con gli anticorpi monoclonali il 5%, da noi meno dell’1%. E questi farmaci sono efficacissimi se dati nelle prime 72 ore dalla diagnosi e dall’esordio dei sintomi perché neutralizzano l’infezione sul nascere, non quando i sintomi sono eclatanti”. Il motivo per cui in Italia non si riesce ad aumentare l’uso di questi farmaci, aggiunge, è una questione “soprattutto logistica”: gli anticorpi monoclonali si somministrano tramite una “infusione endovenosa che necessita di 40-50 minuti e di un’ulteriore osservazione per eventi avversi. La buona notizia è che adesso saranno disponibili dei monoclonali molto potenti e che si possono somministrare anche per via intramuscolo. Quindi è importate che queste terapie vengano utilizzate, ma nel punto giusto al momento giusto, che possa essere il medico di medicina generale a curare direttamente questi casi. È fondamentale per non intasare gli ospedali”.
Il direttore generale dell’Aifa si sofferma poi sul ruolo svolto dai virologi, soprattutto quelli che si sono esposti pubblicamente, nella campagna vaccinale: “La virologia è una disciplina affascinante, che in questo anno e mezzo è stata un po’ svilita. Banalizzata da tanti interventi di cosiddetti esperti che sono stati chiamati virologi quando non lo sono”. Esperti che sono intervenuti “su questioni anche importanti. Tutti questi annunci, previsioni, divinazioni hanno creato sconcerto nella popolazione che ha incolpato i virologi di tutto ciò”.