“A Verona chiudono i dormitori pubblici per senza fissa dimora e lavoratori con regolare permesso di soggiorno che non trovano case da affittare. Ma allo stesso tempo il Comune ha lanciato una campagna per sgomberare le case che vengono occupate da chi non sa dove andare a dormire, con i vigili che filmano tutto. Evidentemente siamo già in campagna elettorale”. Giorgio Brasola, del Laboratorio Autogestito Paratodos, critica apertamente la giunta del sindaco Federico Sboarina. Intanto i movimenti che si sono schierati a fianco degli homeless stanno trattando con l’assessore Maria Maellare, alla ricerca di una soluzione. Gli attivisti fanno riferimento ad Adl Cobas, all’associazione Equilibrio Precario e alla Falegnameria Resistente.
E’ da più di un mese che la questione tiene banco a Verona, ovvero da quanto il Comune aveva annunciato la chiusura dei dormitori al 30 aprile. Era stata indetta una Acampada Solidale, una manifestazione di protesta con i sacchi a pelo. A quel punto il sindaco sembrava aver fatto marcia indietro, posticipando la chiusura dei dormitori. Ma in poche ore aveva cambiato idea e la Questura aveva informato le associazioni che con aprile le strutture sparse nella città sarebbero state inagibili.
Così la manifestazione del Primo Maggio è finita con il lancio di uova contro il Municipio e il Laboratorio Antagonista ha ospitato per una settimana una trentina di stranieri, in buona parte africani, che hanno dormito in sacchi a pelo e materassini. Nel frattempo il Comune ha cambiato idea e i dormitori sono stati riaperti per un mese. Dall’1 giugno però torna l’emergenza. Per questo è stata indetta un’Agorà Pubblica in piazza Dante per le 18 del 31 maggio, a cui parteciperà anche il missionario comboniano Alex Zanotelli. Ed è partita una petizione. “Tra pochi giorni – spiegano – circa settanta persone straniere, legittimamente presenti sul suolo italiano, saranno sfrattate dai dormitori comunali dove hanno passato l’inverno. Si aggiungeranno ad altre decine di migranti che non sono mai entrati nei dormitori per mancanza di posti, e che continuano a cercare disperatamente alloggi di fortuna. Si tratta di persone che hanno ottenuto l’asilo o un’altra forma di protezione internazionale o umanitaria, e stanno lavorando – spesso con lavori precari o in nero, e in condizioni di pesante sfruttamento – nell’agricoltura e nella logistica”. Non hanno una casa e non possono permettersela. Questo lo scenario sociale. “Dall’1 giugno perderanno pure il posto al dormitorio, il che significa che non avranno neppure accesso ai servizi igienici, alla doccia e alla lavanderia. E’ ora di finirla con questa disumana guerra ai poveri, agli ultimi, a persone che sono scappate dalla miseria e spesso anche dalla violenza, dalle bombe e dal terrorismo”.
La pressione sul Comune continua, L’assessore Maellare ha manifestato una certa disponibilità a trovare soluzioni alternative, ribadendo però che le strutture pubbliche richiedono interventi di manutenzione. L’appello dei movimenti è pressante: “Le istituzioni devono prendere atto del problema e attivarsi per trovare soluzioni strutturali all’emergenza abitativa che tocca in primo luogo le fasce sociali già di per sé più deboli e sfruttate, prive di tutele e diritti. Degli amministratori, dei politici degni di questo nome dovrebbero comprendere che le tante occupazioni abusive di edifici pubblici e privati abbandonati sono il frutto proprio dell’assenza di risposte strutturali al problema abitativo. Non è certamente con la politica degli sgomberi attuati dalla polizia locale, di cui la Giunta comunale tanto si vanta, che si risolverà il problema”.