Dal Codice del Consumo a quello di procedura civile. Con la possibilità per tutti i danneggiati di agire in giudizio non solo contro le aziende private, ma anche contro le imprese di servizio pubblico. E poi anche la facoltà di aderire in ogni fase della procedura. Con queste caratteristiche è da poco entrata in vigore la nuova class action, l’azione collettiva che punta ad offrire una possibilità di ristoro agli utenti danneggiati. Non senza intoppi: non è stato ancora attivato al Mise l’albo per le associazioni che possono depositare azioni di classe e anche per questo il sito del ministero della Giustizia non registra ancora alcuna procedura. In più, come spiegano le associazioni dei consumatori, con la nuova norma ci saranno maggiori difficoltà a chiedere provvedimenti inibitori d’urgenza. Un punto, quest’ultimo, che gioca a favore delle imprese pubbliche o private che siano.
Riguardo al primo punto, il ministero spiega che è una situazione di passaggio e non ci sono ancora ricorsi introduttivi delle azioni collettive “perché, alla data odierna (28 maggio, ndr), non sono decorsi neppure dieci giorni dall’entrata in vigore della norma e, quindi, anche se un ricorso fosse stato depositato il primo giorno utile di entrata in vigore e, nello stesso giorno, fosse stato emesso il decreto di fissazione di udienza, non sarebbe ancora decorso il termine per la pubblicazione da parte della cancelleria”. Tuttavia, considerata la situazione economica, c’è da scommettere che ci sarà un boom di class action non appena gli ultimi nodi saranno risolti. Lo testimonia il fatto che alcune categorie di imprenditori, come quelli del wedding, hanno già manifestato la volontà di procedere ad un’azione collettiva per danni contro il governo che, in seguito all’emergenza sanitaria, ha sospeso fino a metà giugno l’attività di organizzazione eventi.
In attesa di vedere come si muoveranno gli utenti, è possibile comunque entrare nei dettagli operativi per capire come funziona la nuova norma. Innanzitutto, la domanda per l’azione di classe si presenta con ricorso “esclusivamente davanti alla sezione specializzata in materia di impresa competente per il luogo ove ha sede la parte resistente” come riferisce il codice di procedura civile. La cancelleria provvede poi entro dieci giorni a pubblicare il ricorso assieme al decreto di fissazione dell’udienza. Per dare massima pubblicità all’azione collettiva, il legislatore ha provveduto poi ad istituire un’apposita sezione class action sotto la voce servizi del sito del ministero. Accendendo all’azione di classe, il cittadino potrà visionare tutti i ricorsi e la relativa documentazione. Atti ed impugnazioni incluse. “Presa visione del fascicolo e dei relativi atti pubblicati, il soggetto che intenda aderire all’azione di classe deve anzitutto procedere all’autenticazione, possibile con Spid e Smart Card”, spiega il Vademecum pubblicato dal ministero della giustizia. L’adesione ad una data azione di classe sarà infatti possibile per persone fisiche, legali rappresentati di persone fisiche o giuridiche o avvocati. E si farà semplicemente con un click sul tasto “Aderisci”, in corrispondenza del procedimento di proprio interesse. Dopo l’iscrizione, il sito fornirà così via mail tutti gli aggiornamenti automatici sulla procedura attraverso l’icona “Rimani informato”. Inoltre “in calce alle mail ricevute dall’ interessato è disponibile un link che consente al soggetto di annullare l’iscrizione alla newsletter per la specifica class action” prosegue il Vademecum. Attraverso la funzione “gestione della domanda” sarà inoltre possibile presentare integrazioni/osservazioni, revocare il potere di rappresentanza, contestare lo schema di accordo transattivo (entro 15 giorni dalla comunicazione), privare il rappresentante della facoltà di stipulazione di accordo se ha contestato l’accordo transattivo.
“Finisce un’era e finalmente si aprono nuove prospettive per l’azione di classe all’italiana. L’era che finisce è quella di un’azione più volte annunciata, anzi quotidianamente annunciata, ma che nei fatti si traduce in poche singole unità che addirittura si possono contare su una singola mano” spiega Luigi Gabriele, presidente dell’associazione Consumerismo. “Oggi tutti potranno promuovere un’azione. Non è più una procedura esclusiva per le associazioni che fanno riferimento al codice del consumo. Finalmente si amplia la platea non solo di chi può proporle ma di chi vi può aderire. La disciplina torna correttamente nella sfera del codice civile anziché restare nel codice del consumo”. Inoltre, rileva il Codacons, è positiva “l’esplicita previsione dell’esperibilità della class action nei confronti degli enti gestori di pubblici servizi, in quanto consente di azionare lo strumento di tutela anche nei casi in cui il danno si sia prodotto nell’ambito dell’attività della pubblica amministrazione”. Tuttavia, per il Codacons “la nuova disciplina induce la presentazione affrettata delle azioni per evitare l’effetto dell’improponibilità successiva”. Con il rischio che la documentazione non sia sufficientemente curata penalizzando di fatto l’efficacia dell’azione. Inoltre, “non vengono introdotti i danni punitivi, mediante i quali viene riconosciuto al danneggiato un risarcimento ulteriore rispetto a quello meramente compensativo del danno subito. La mera previsione di una somma da corrispondere al rappresentate degli aderenti e all’avvocato del resistente non può certamente assicurare la funzione deterrente che la class action dovrebbe avere perché ne sia assicurata l’efficacia”.
In compenso, come precisa il Movimento consumatori “l’azione di classe è un’opportunità per le imprese corrette in quanto consente di sanzionare i concorrenti che, proprio grazie a illeciti di massa, ottengono vantaggi indebiti o evitano costi altrimenti necessari. E’ uno strumento indispensabile per contribuire a una concorrenza vera e leale”. Secondo il presidente Alessandro Mostaccio, il legislatore poteva certamente osare di più, ma almeno la riforma è un primo passo a tutela dei consumatori benché sia stata “ritoccata malamente anche l’azione collettiva inibitoria portandola nell’alveo del codice di procedura civile e togliendole le specificità positive che le attribuiva il codice del consumo in particolare sulla disciplina dei procedimenti di urgenza/cautelari”. Detta in altri termini, con la nuova norma ci saranno maggiori difficoltà a chiedere provvedimenti inibitori d’urgenza. Un punto, quest’ultimo, che gioca a favore di imprese, pubbliche o private che siano.