Politica

I politici di oggi hanno confiscato ogni aspirazione dell’Italia al cambiamento

La tragedia di Mottarone non è stata per nulla un evento casuale o dovuto alla fatalità. Quattordici persone che volevano trascorrere una lieta giornata sui monti sono morte perché il caposervizio della funivia aveva dolosamente rimosso uno dei dispositivi destinati a garantire la sicurezza. Un avvenimento tragico ed emblematico perché più di mille discorsi illustra adeguatamente lo stato d’animo prevalente della sciagurata Italia di oggi, segnato dall’ansia del profitto e della competizione tra i soggetti economici che, come tutti, hanno sofferto per effetto della pandemia e delle limitazioni che ha imposto alla nostra vita quotidiana e vogliono oggi, come si ripete, “tornare a correre”.

Attenzione però. Si tratta di una corsa che per certi versi ricorda quella delle pecore verso il precipizio. Siamo tutti ben consapevoli che la liquidazione di Giuseppe Conte utilizzando il guastatore Matteo Renzi e la costituzione del Governo Draghi sono stati dei passaggi chiave per il pieno ripristino del dominio del capitale sul Paese, anche in vista dell’ottenimento e dell’utilizzo dei fondi europei ottenuti da Conte che ha avuto il merito di innovare entro certi limiti il tradizionale approccio subalterno dell’Italia nei confronti dell’Europa.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti. L’atteggiamento nei confronti della classe operaia è ben rappresentato dal prossimo sblocco dei licenziamenti e dell’aumento degli omicidi bianchi, quello nei confronti dell’ambiente dalla riproposizione del ponte sullo Stretto, quello nei confronti dei migranti dal fallimento della sanatoria, l’esasperato atlantismo dalla passività nei confronti delle tragedie che riguardano i popoli vicini, a partire da quello curdo e da quello palestinese, e quelli lontani, come i colombiani. Per non parlare di dettagli come la riconsegna dei vitalizi a corrotti e condannati, e altro.

Insomma, siamo di fronte a un bilancio del tutto fallimentare, se si assume il punto di vista della maggioranza del popolo italiano, e non quello della Confindustria, di altri gruppi di potere, sia nazionali che internazionali, delle lobby e dei politicanti.

Un tratto caratteristico di questo governo è l’eccezionale ampiezza del sostegno parlamentare e partitico, che, in queste dimensioni, costituisce un fatto senza precedenti nella nostra storia. Praticamente non esiste un’opposizione, dato che quella proclamata da Fratelli d’Italia non è di fatto tale, ma costituisce anzi la conseguenza di un’astuta strategia della destra che, con Giorgetti, Berlusconi e Salvini, sta lucrando ogni possibile vantaggio dalla sua partecipazione al governo, mentre con Giorgia Meloni si atteggia, per l’appunto, ad opposizione. Marciano divisi, ma colpiranno uniti.

Quello che rimane della sinistra italiana è stato invece risucchiato dal governo Draghi, ovvero risulta frammentato in una miriade di gruppetti. Ma sempre più vasta è l’area della disaffezione e dello sconcerto. Migliaia di giovani che hanno percorso le strade di Roma nella manifestazione che si è svolta sabato scorso, 22 maggio, su convocazione delle Unità sindacali di base e di altre componenti della galassia della sinistra, indirizzavano a Draghi un classico impropero della lingua italiana, che era stato impropriamente confiscato dal comico, oggi arenatosi proprio sul governo Draghi, dopo aver imperdonabilmente scambiato, fra l’altro, il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani per un ambientalista.

La fine palese dell’equivoco del grillismo potrebbe quindi aprire la strada alla ricostruzione della sinistra. Ma c’è un altro enorme equivoco della storia che va chiarito, si tratta del Partito democratico. Chiarire definitivamente il rapporto col Pd, pienamente corresponsabile oggi delle malefatte del governo Draghi, così come lo è stato, praticamente dalla sua fondazione, degli altri governi che lo hanno preceduto i quali, fossero di centrodestra o di centrosinistra, non si sono differenziati granché tra di loro sulle questioni di fondo. E non bastano certo le recenti estemporanee battute di Enrico Letta e di altri sulla tassazione delle eredità o sullo Ius soli a colmare l’assenza evidente di una strategia organica di trasformazione sociale.

Il dramma della sinistra, il dramma della politica, il dramma dell’Italia è oggi costituito in buona misura dall’esistenza di una cricca di politicanti che hanno confiscato, avvilendola, ogni aspirazione di cambiamento. Il nostro Paese si trova in una situazione di decadenza e frustrazione anche e soprattutto per questo motivo. Prenderne atto senza infingimenti costituisce un primo necessario passo per uscire dal pantano.