L'INTERVISTA - "Ci sono due strade: la prima è elettrificare il prima possibile. La direzione in tal senso nel Recovery l’ho già data. Questo se si va nella direzione di salvaguardare dei posti di lavoro. Se però ci fosse per esempio il Ministero della Salute che bussa e mi dice “guarda che li la situazione è insostenibile” allora si chiude. Io poi devo rendicontare all'Ue se ho speso un miliardo per un forno di un’azienda su cui peseranno sentenze o altre decisioni. La sentenza mi spinge ad andare a chiedere: scusate ora che succede?"
La Corte d’Assise di Taranto ha da poco finito di leggere il lungo dispositivo con l’elenco delle condanne per gli imputati del processo Ambiente Svenduto. E’ un verdetto di disastro ambientale che piomba come un macigno sulla transizione ecologica che deve portare a casa Roberto Cingolani. Il ministro risponde dopo pochi squilli.
Un commento a questa sentenza che mette un punto fermo sulla vicenda Ilva?
Ho scritto ai miei per capire meglio, non riesco a valutare l’impatto, mi sembra però grosso. Mi pare che sia una sentenza importante viste anche la dimensione delle pene. Quando uno legge di condanne oltre i vent’anni, ecco lì secondo me è stata fatta un po’ una pietra miliare, vuol dire che è una cosa di una gravità inaudita. E’ un segnale molto forte.
Lei conosce il quartiere Tamburi? Quello più vicino alla fabbrica e secondo la perizia epidemiologica anche quello più esposto?
Si, lo conosco. Ci sono passato diverse volte. Un po’ in tutte le città del sud ci sono queste periferie. Però tenga conto che io ho vissuto in posti come Bari, come Lecce, quelle zone popolari sono tutte simili, grandi palazzoni, grande degrado…
Si ma ci sono enormi differenze tra le periferie di queste città. Lei a Tamburi c’è mai entrato?
No, no. Ho visto solo i guardrail color ruggine ma non altro.
Ma ci abiterebbe?
No, certamente. Ma adesso è molto facile dirlo. Posso farle io una domanda?
Prego.
Non sarebbe stato a suo tempo facile organizzare un trasferimento delle famiglie che ci vivono in una zona più salubre? In Germania è stato fatto.
Oggi è Ministro, può proporlo…
Si certo, ma mi chiedevo cosa è successo in passato.
La sua meraviglia su ciò che non è stato fatto in passato, è la mia.
Comunque, è fondamentale aggiornare il dato epidemiologico.
Gli impianti siderurgici sono per definizione di legge delle fabbriche che producono esalazioni insalubri, cioè nocive alla salute, per questo le prescrizioni dicono che devono essere poste lontane dalle abitazioni. Come si concilia il diritto alla salute con quello al lavoro?
Non lo so. A me meraviglia che si arrivi a fare questa domanda dopo vent’anni. Io in questo momento l’unica cosa che posso pensare e che possa mitigare il problema è passare presto ai forni elettrici, togliere il carbone, fare il prima possibile il passaggio all’idrogeno verde. Certo è chiaro che è un processo che anche a farlo in fretta un po’ di tempo richiede. Due, tre anni.
Be’ due, tre anni ottimisticamente solo per i forni elettrici?
Si certo, il problema comunque è che la transizione non è una cosa rapidissima. Io ora quello che non so è se valga la pena di transire. Perché alla fine uno deve anche capire quale sia il rapporto tra il tempo da aspettare per fare la transizione e la salvaguardia della salute. Io questo ora non lo so.
Ah, questa è una notizia.
Le dico francamente: la sentenza scuote l’interesse, ma non è la sentenza a far riflettere, serve riflettere sui numeri. Credo che siamo arrivati al punto in cui bisogna capire se certe cose ha senso farle o meno.
Possiamo ancora definire questo siderurgico, una fabbrica indispensabile per il nostro Pil? E soprattutto qual è la soglia di malattie sostenibile?
In questi bilanci penso vengano prima le malattie, la salute e poi il Pil. Tra l’altro non penso che i numeri della produzione oggi siano come quelli d’oro del passato. Penso che oggi si debba bonificare i territori, mettere a posto e fare tutto quello che c’è da fare.
Quindi lei ora studierà la sentenza, recupererà la storia passata dell’Ilva e rivedrà se ha senso o no la transizione ecologica all’Ilva di Taranto?
Lì ci sono due strade: la prima è elettrificare il prima possibile perché il giorno dopo, con il gas invece del carbone, si abbassa l’inquinamento del 30%. Mettiamo in sicurezza scorie e porcherie e questo è il primo livello, la direzione in tal senso nel Recovery l’ho già data. Questo però se governo e opinione pubblica sono d’accordo a proseguire nella direzione di salvaguardare dei posti di lavoro. Se però ci fosse per esempio il Ministero della Salute che bussa e mi dice “guarda che li la situazione è insostenibile” allora io ho finito il mio lavoro. Se bisogna chiudere, si chiude. Però ecco tutto questo forse si doveva sapere anche mesi fa, anni fa.
E appunto. E allora?
Io non lo so se la situazione non è riparabile. Faccio quello che posso con le informazioni che ho al momento. Certo questa è una sentenza che fa riflettere molto, ha delle proporzioni colossali.
Si ma quindi?
Senta quando sono arrivato il 13 febbraio, nessuno ha mai parlato di chiudere l’Ilva. Bisognava riparare. Quindi priorità uno, credo di aver fatto la riunione ai primi di marzo, ho detto nel Recovery voglio mettere un miliardo per fare subito la trasformazione dell’altoforno più grosso immediatamente perché senza questo intervento tutto il resto non ha senso. Però il problema l’ho sollevato io. Mi hanno risposto si si, acceleriamo. Però se adesso fossero intervenute altre considerazioni alla luce di questi eventi recenti, beh allora comunque io penso che la transizione ecologica vada adattata alla realtà dei fatti. Se i fatti dicono altro, non usiamo quei soldi per fare una transizione su una cosa che non funziona e non può funzionare. E’ vero che il mondo del lavoro viene toccato, vengono toccati gli operai, che non sono certo i più forti, è sempre un bilancio delicatissimo ma quando c’è di mezzo la salute questa secondo me sovrasta il resto.
Quindi Cingolani, mi sta dicendo che devo chiamare il Ministero della Salute per capire se dopo la sentenza sono cambiate le priorità nel governo?
Le sto dicendo che io sono l’ultimo anello della catena. Si, con Salute e Sviluppo Economico tocca riaggiornarsi.
Ma scusi non è la sentenza che fornisce elementi nuovi sull’impatto dell’inquinamento sulla salute. Quindi la domanda è come mai non c’era già sui vostri tavoli un dossier che certificasse o smentisse l’emergenza sanitaria?
Certo, certo. Io sono arrivato il 13 febbraio, il 15 ho iniziato a lavorare al Recovery. Tre o quattro giorni dopo ho chiesto incontro con Arcuri, Giorgetti, Franco, Carfagna perché volevo capire cosa dovevo fare per Ilva. Abbiamo fatto questa riunione e sulla base delle spiegazioni che mi hanno dato ho predisposto l’intervento più grosso, quello per l’elettrificazione.
E in questi incontri nessuno le ha messo sul tavolo l’emergenza sanitaria…
No
Quindi di fatto non credo che dobbiamo aspettarci che cambierà qualcosa alla luce delle condanne di primo grado per Ambiente Svenduto…
Però attenzione, io ho un mandato specifico dalla Commissione Europea su settori come quello dell’Ilva. Io questo intervento lo voglio fare se ha senso farlo. Quindi è mio interesse tornare a bussare agli altri ministeri. Questa riflessione deve per forza avvenire, non è possibile che non avvenga. Io la chiederò. Io poi devo rendicontare alla Commissione europea se ho speso un miliardo su un forno di un’azienda su cui peseranno sentenze o altre decisioni. La sentenza mi spinge ad andare a chiedere: scusate ora che succede?
La confisca sarà eventualmente definitiva solo al termine dell’iter giudiziario.
Però è pesantissima.