“Sarà un Paradiso in terra”, dice a Ilfattoquotidiano.it il suo ideatore, creatore e finanziatore, Rachid Koraïchi. Una buona parte dei corpi ripescati restano senza nome e di loro si perdono le tracce, fino ad oggi gettati dentro ossari comuni. “Il mio è un regalo alla memoria di queste persone, eroi assoluti", ha raccontato a Ilfattoquotidiano.it spiegando di aver finanziato il progetto con i ricavi dalle vendite delle sue opere
Dalle acque fredde e assassine del Mediterraneo a un’oasi di pace. L’eterno riposo garantito con rispetto e dignità per chi ha cercato di scappare da guerre, fame e violenze e invece del riscatto ha trovato la morte tra i flutti del mare. Sarà inaugurato il prossimo 8 giugno a Zarzis, cittadina portuale nel sud della Tunisia, Le Jardin de l’Afrique. Si tratta di un ‘Cimitero degli sconosciuti’ dedicato ai migranti annegati durante le traversate del Canale di Sicilia a bordo dei barconi partiti dalle coste della Libia e della Tunisia.
“Sarà un Paradiso in terra”, dice a Ilfattoquotidiano.it il suo ideatore, creatore e finanziatore, l’artista algerino Rachid Koraïchi. Una buona parte dei corpi ripescati restano senza nome e di loro si perdono le tracce, gettati dentro ossari comuni. In passato, sempre a Zarzis, un volontario della Mezzaluna Rossa aveva creato un piccolo cimitero per i migranti morti senza identità, un pezzo di terreno arido ad una dozzina di chilometri dalla cittadina marinara, tristemente abituata alle tragedie del mare. Un angolo di territorio dove, negli anni, sono stati seppelliti decine di corpi senza che però si potesse fare molto di più per mancanza di aiuti e di fondi da parte delle autorità tunisine.
Fino al 2018, quando qualcosa è cambiato: “Mia figlia vive a Londra e lavora per un’organizzazione internazionale. Un giorno mi ha messo a conoscenza di quel cimitero a Zarzis e a quel punto ho voluto approfondire la cosa. Sono rimasto sconvolto, non potevo accettare che i corpi delle persone morte in mare potessero essere sepolti in quel posto. Volevo fare qualcosa per dare una mano ai volontari e migliorare il cimitero. Da qui l’idea di creare Le Jardin de l’Afrique. L’emergenza sanitaria mondiale ha rallentato tutto, si è perso del tempo, ma tra pochi giorni, finalmente, inaugureremo la struttura”.
Koraïchi, 74 anni, è un artista di fama internazionale scappato a Parigi a 21 anni nel drammatico periodo post-coloniale francese e l’escalation terroristica. Nel tempo, dopo aver frequentato le accademie di Belle Arti ad Algeri prima e Parigi poi, il suo livello è cresciuto: scultore, ceramista, scrittore ed intellettuale, membro di spicco dell’arte contemporanea francese e internazionale. Dopo la produzione Koraïchi ha sentito dentro di sé la necessità di mettere le sue opere a disposizione di una giusta causa, creando qualcosa di straordinario, una ventata mistica della riconciliazione e dell’incarnazione degli spiriti. L’idea del Giardino d’Africa, un luogo sacro dedicato agli ultimi.
Attraverso la vendita delle sue opere d’arte, tenendo fede al concetto dell’autofinanziamento, Rachid Koraïchi ha raggiunto il suo obiettivo curando la progettazione e la realizzazione del cimitero di Zarzis per i naufraghi senza nome: “Il mio è un regalo alla memoria di queste persone, eroi assoluti, morti in mare per colpa dell’Occidente sfruttatore che costringe milioni di persone a mettersi in cammino – racconta Koraïchi – Trattandosi di un dono non le dirò quanto ho speso per creare questo cimitero, una somma comunque molto importante come può immaginare vedendo il progetto e il risultato. Sperando di poter tornare al passato e poter promuovere la mia arte dopo l’emergenza coronavirus, conto di poter investire ulteriori risorse nel progetto. Ora lascio tutto, a partire dalla gestione, nelle mani di un’associazione omonima, Le Jardin de l’Afrique, guidata dal presidente della Mezzaluna Rossa di Zarzis e Medenine, il dottor Mongi Slim, persona straordinaria. Non ho voluto creare un normale campo santo dove seppellire le salme, bensì realizzare qualcosa che onori la memoria delle vittime, ma soprattutto che possa dare l’opportunità alle famiglie dei morti di ritrovare le loro tracce”.
L’artista algerino entra nei dettagli fondamentali del progetto, a partire dal laboratorio, sempre interno alla struttura, dove da ogni cadavere, prima della sepoltura, verrà estratto il Dna: “Ciò consentirà di lasciare una traccia viva di ogni defunto, dal concetto di umanità all’opportunità di rimettere in collegamento le famiglie dei morti – aggiunge Koraïchi – Consentire il recupero dei resti di una persona cara su cui piangere ha un valore inestimabile. Le vittime del mare non possono restare per sempre sconosciute. Onorare i morti significa poter aiutare i vivi, ecco come si perpetua il concetto di umanità”.
Per ora, in vista del taglio del nastro di questa opera grandiosa, il nuovo ‘cimitero per i senza nome’, realizzato a breve distanza dal centro abitato di Zarzis mentre il precedente era molto distante, in una zona semi-desertica, ospita già tra le 60 e le 70 tombe, ma la capienza massima potrà arrivare fino a 800. Oltre al cimitero, totalmente aconfessionale, ci saranno un monumento, una cappella per tutte le funzioni religiose e soprattutto un luogo dopo poter lavare i corpi prima della sepoltura, altro aspetto fortemente simbolico: “Ogni angolo e ogni dettaglio de Le Jardin de l’Afrique è stato curato dal sottoscritto, dalla pavimentazione in piastrelle tipiche della Tunisia che mi è costata metà del budget, alla composizione degli spazi – aggiunge Koraïchi – C’è poi l’aspetto principale del progetto, volevo che il cimitero fosse pieno di piante e di verde. Il simbolo principale saranno gli ulivi, simboli di pace, a partire da uno vecchio di 130 anni messo proprio davanti all’ingresso principale. E poi file ordinate di aranci, gelsomini di varie specie, bouganville, palme. Ripercorrendo le radici ancestrali della mia famiglia, che nel VII Secolo ha mosso verso occidente da La Mecca, nel 2016 ho compiuto un viaggio sulle orme di un ramo di essa che mi ha portato fino al Daghestan (Repubblica islamica nel Caucaso russo, ndr). L’anno scorso il governo locale ha donato a Le Jardin de l’Afrique due delle lapidi che aveva realizzato in pietra calcarea con iscrizioni sabbiate in arabo, inglese e francese e l’8 giugno saranno installate a Zarzis”.
Quel giorno nella cittadina tunisina a poche decine di chilometri dal confine con la Libia ci sarà, tra gli altri, la direttrice dell’Unesco, Audrey Azoulay: “Sarà lei ad inaugurare il ‘giardino’. Ho invitato tutti gli ambasciatori e rappresentanti diplomatici dei Paesi africani con sede a Tunisi. In fondo, dentro le tombe senza nome purtroppo ci finiscono i resti di persone che provengono soprattutto dal Sahel e dalle nazioni subsahariane anche se sono tanti i giovani bengalesi e pakistani a morire in mare, gli ultimi 86 proprio la settimana scorsa. Il governo e le autorità tunisine? Non vorrei intromettermi troppo. So che questa iniziativa non è ben vista, in fondo sono tragedie che riguardano direttamente gli affari locali”.
La discussione con Rachid Koraïchi arriva alla conclusione e affronta il nodo geopolitico, la causa e l’effetto al tempo stesso delle stragi del mare: “Vede, io sono un artista, la politica non è il mio mestiere, ma alcune riflessioni le devo fare. Le responsabilità dell’Occidente sono evidenti, uno scandalo in capo alle potenze europee, penso alla Francia in particolare. Dopo aver violato e distrutto il mio Paese, il primo a subire le conseguenze del terrorismo con mezzo secolo di anticipo, la Francia ha continuato a fare la stessa cosa nel resto del Nord Africa e del continente. Fino al colpo di genio di Sarkozy e la sua ostinata volontà di spazzare via Gheddafi, il dittatore. Il Rais libico considerato il male, come Saddam Hussein e Houari Boumédiène (ex presidente dell’Algeria, ndr), eppure senza di loro Maghreb e Medio Oriente sono allo sfascio e le migrazioni dall’Africa all’Europa una piaga assoluta”.