Grandi gruppi multinazionali sono soliti riportare l'utile complessivo senza rendere noti i profitti realizzati nei diversi paesi. In questo modo riescono a sottrarsi alle richieste fiscali degli stati in cui operano. Attraverso operazioni tra diverse filiali, come compravendite a prezzi fissati artificiosamente, riescono a spostare gli utili nei paesi in cui le tasse sono bassissime o inesistenti
Raggiunto un accordo tra le istituzioni Ue sulla trasparenza fiscale delle società. L’intesa prevede l’ obbligo per le multinazionali a rendere accessibile al pubblico e alle autorità fiscali l’importo delle tasse che pagano in ciascuno Stato membro. L’accordo raggiunte in serata tra i negoziatori del Parlamento europeo e del Consiglio prevede regole che impongono alle multinazionali e alle loro controllate con un fatturato annuo di oltre 750 milioni di euro, attive in più di un Paese, di pubblicare e rendere accessibile l’importo delle tasse che pagano in ciascuno Stato membro.
Grandi gruppi multinazionali sono soliti riportare l’utile complessivo senza rendere noti i profitti realizzati nei diversi paesi. In questo modo riescono a sottrarsi alle richieste fiscali degli stati in cui operano. Attraverso operazioni tra diverse filiali, come compravendite a prezzi fissati artificiosamente, riescono a spostare gli utili nei paesi in cui le tasse sono bassissime o inesistenti. Google detiene ad esempio tutte le sue licenze su software e algoritmi presso la filiale delle Bermuda che poi le vende alle varie Google Italia, Francia, Germania etc..
Venerdì prossimo è in programma a Londra il vertice dei ministri economico finanziari del G7. Tema principali dell’incontro sarà la possibilità di introdurre un’aliquota globale minima sui profitti delle multinazionali. Un sistema che renderebbe inutile il ricorso ai paradisi fiscali. Gli Stati Uniti hanno proposto all’inizio un’aliquota del 21%. L’Unione europea sembra più incline a fissare l’asticella al 15%.