L'INTERVISTA - Il microbiologo invita alla cautela sulla campagna per i più piccoli: "È difficile fare trial sui bambini. Nelle fasi sperimentali si parla sempre di poche migliaia. Ci possono essere effetti rari riscontrabili solo su grandi numeri. C'è pressione per l'immunità di gregge, ma se si vaccinassero tutti gli adulti sarebbe la cosa migliore da fare"
Qual è il ruolo delle vaccinazioni pediatriche nell’immunità di gregge? Perché le vaccinazioni dei bambini da 6 mesi agli 11 anni – ancora non approvate – e quelle dai 12 ai 15 anni – approvate dell’Agenzia europea per i farmaci (Ema) – , stanno alimentando il dibattito all’interno della comunità scientifica e nell’opinione pubblica? Ilfattoquotidiano.it ha intervistato Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Microbiologia dell’Università di Padova, per aggiungere una riflessione al dibattito in corso.
I Cdc (Centers for Disease Control and Prevention) americani hanno avviato un’indagine specifica sulle vaccinazioni pediatriche. La valutazione riguarda possibili connessioni con miocarditi nei giovanissimi (dai 16 anni). Le miocarditi rare sarebbero state riscontrate soprattutto nei maschi e di media a 4 giorni dalla vaccinazione. Che significa?
Se stanno indagando significa che hanno trovato casi di miocarditi sospette. La miocardite è una complicazione che non va sottovalutata. Non si sa quanto impatto abbia sulla funzionalità cardiaca negli anni. Mi spiego, se un giovanissimo guarisce dalla miocardite ma con una funzionalità cardiaca compromessa del 10%, è una cosa gravissima. È importante il modo in cui guariscono. Con che capacità cardiaca. E questo deve essere approfondito.
Per gli anziani la bilancia rischi-benefici è estremamente netta, a favore dei benefici. Ma, quando si sposta sulla fascia d’età pediatrica – dove il Covid non ha fatto registrare decessi – questo rapporto rischi-benefici cambia?
Se il vaccino causasse la morte o il danno di 1 bambino su 100 o 200mila non sarebbe giustificato. Noi dovremmo vaccinare 10 milioni di giovanissimi. Anche se fossero solo 150 casi, sarebbe inaccettabile vaccinarli. Tutto questo pone un problema etico di non facile soluzione: immunità gregge e tutela della salute dei piccoli.
Secondo uno studio scozzese i bambini non solo contagerebbero il virus meno degli adulti, ma addirittura avrebbero un effetto “scudo” protettivo per gli adulti. Che ne pensa?
Posso confermare che nello studio di Vo’ Euganeo avevamo case, appartamenti, con famiglie di 5-6 persone, tutti gli adulti infetti, mentre i bambini niente. Non avevano prodotto anticorpi: quindi non si erano infettati, nonostante gli adulti avessero anche una carica virale altissima.
I bambini dai 12 anni in giù hanno una bassa carica virale, e a livello epidemiologico non sono vettori significativi. Probabilmente perché hanno meno porte d’ingresso per il virus (ACE2)?
I bambini hanno una carica virale molto bassa, più sono piccoli meno sono contagiosi. Forse dipende dai recettori Ace2, ma non si sa precisamente la motivazione.
Uno degli effetti rari avversi post-vaccino negli adulti (eventi rari e curabili, se riconosciuti e presi in tempo) è il VITT (trombosi e trombocitopenia concomitante). Questo effetto si è notato solo quanto la sperimentazione è passata da poche migliaia di persone alla vaccinazione di massa, su milioni di persone. Ci sono effetti avversi che in una Fase 3 sperimentale possono sfuggire ai ricercatori perché la platea è troppo piccola, qualche migliaio di persone?
È difficile fare trial sui bambini. Nelle fasi sperimentali si parla sempre di poche migliaia. Ci possono essere effetti rari riscontrabili solo su grandi numeri.
Vaccinare i bambini servirebbe a tutelarli oltre che dal Covid, anche da eventi rari legati al Covid come la malattia simile a quella di Kawasaki.
Nei bambini che vanno incontro a Covid, la malattia di Kawasaki è un evento estremamente raro tale da non giustificare il beneficio del vaccino.
Anche la sindrome da Long-Covid è una delle motivazioni a sostegno delle vaccinazioni pediatriche. Cosa ne pensa?
Long covid, è una cosa rara e di risoluzione rapida nei bambini. Ritengo che la ragione principale non dipenda né da Long-Covid né dalla sindrome di Kawasaki ma dall’immunità di gregge. Queste effetti correlati al Covid sono talmente rari, che non giustificano il beneficio del vaccino, rispetto al rischio. Se le miocarditi sono frequenti bisogna porsi la questione etica, perché faremmo correre rischi ai giovanissimi che invece non correrebbero mai rischi anche prendendo il Covid.
I bambini da 12 anni in giù che rischi hanno se si ammalano di Covid 19?
Rischi praticamente nulli.
Uno degli effetti rari avversi post-vaccino (curabili, se riconosciuti e presi in tempo) è la trombosi con trombocitopenia concomitante. Lei esclude la possibilità che possano riscontrarsi effetti rari avversi nei bambini?
No, non si possono escludere. Nessuno può escluderlo. Le faccio un esempio. Il vaccino contro il rotavirus, un vaccino formidabile all’inizio, non aveva dato alcuna complicazione. Poi, su larga scala si sono viste reazioni gravi, ed è stato sospeso.
I bambini da 0 a 12 anni in Italia sono circa 6 milioni. Da 0 a 18 anni sono circa 11 milioni. Qual è il motivo principale per il quale si vaccineranno i bambini?
La pressione in questa direzione è data al fatto che senza i bambini l’immunità di gregge non si raggiungerebbe, stando ai modelli matematici. Con la variante inglese dovremmo vaccinare il 75% delle persone. I modelli matematici suppongono una contagiosità uguale, anche se i più piccoli contagiano in modo diverso. In Italia, per arrivare al 75% dovremmo vaccinare 48 milioni di italiani.
Quale sarebbe la soluzione migliore?
Penso che se si vaccinassero tutti gli adulti sarebbe la cosa migliore da fare, tenendo fuori i bambini. Ma, andrebbe fatta un’anagrafe vaccinale, con cartella sanitaria elettronica per tutti gli italiani, questo impedire che si creino dei buchi. Se si aggiungesse il tracciamento, potremmo avere la situazione sotto controllo e non vaccinare i ragazzi.