Se qualcuno vi chiedesse di Giotto potreste citare tutti i manuali e i libri d’arte scritti su di lui; potreste raccontare a memoria la sua biografia, le opere e i viaggi in Italia (Firenze, Assisi, Roma, Rimini, Padova); o di come quel pastorello superò il maestro Cimabue quando intuì la prima prospettiva sperimentale e rivoluzionò l’arte, spianando la strada alla modernità. Ma pochi conoscono che aria si respira nella Cappella degli Scrovegni e ancora troppo pochi possono raccontare cosa si prova sotto quel cielo di lapislazzulo.
Se la visita alla Cappella degli Scrovegni di Padova rimane un’esperienza insostituibile dal vivo, il nuovo tour virtuale sulla piattaforma Haltadefinizione lascia sbalorditi: grazie al lavoro di questa tech company dedita all’accessibilità dei beni culturali, è possibile varcare la soglia della cappella di Enrico Scrovegni ed esplorare comodamente dal computer di casa lo scrigno giottesco. Più di 700 metri quadrati di decorazione degli Scrovegni sono stati interamente acquisiti attraverso quattordici mila scatti, la cui catalogazione ha richiesto un intero anno di lavoro. La digitalizzazione in Gigapixel è fruibile online gratuitamente sul portale di Haltadefinizione Image Bank. Nello stesso archivio è possibile ammirare oltre 500 capolavori dell’arte italiana, fedelissimi agli originali nei colori (Tiziano, Caravaggio, Botticelli, Leonardo, Raffaello, Bronzino, per citarne solo alcuni). Il visitatore-artonauta è il visitatore immobile alla ricerca del particolare perduto: lente d’ingrandimento a portata di clic, con il visore multimediale a 360° può cogliere prospettive inedite in modo immersivo, ingrandendo decine di volte i dettagli senza che perdano in definizione. Grazie al tanto demonizzato digitale, mai stato così indispensabile come nell’ultimo anno di pandemia, è ancora una volta possibile superare i limiti delle distanze di sicurezza, gli ingressi contingentati, l’altezza e il tempo imposti dalla visione dal vivo e apprezzare dettagli altrimenti invisibili a occhio nudo (gli affreschi padovani raggiungono quasi i 13 metri di altezza).
A grandi colpe da espiare molto spesso nella storia dell’arte corrispondono grandi capolavori: il ricco uomo d’affari padovano Enrico Scrovegni, forse per alleggerire il fardello d’usura suo e dei suoi antenati, commissionò a Giotto gli affreschi della sua cappella privata tra il 1303 e il 1305. Se il padre di Scrovegni, Rinaldo, si era guadagnato un posto esclusivo sul sabbione rovente del VII cerchio infernale di Dante (Inferno XVII), il penitente Enrico si fa ritrarre da Giotto in controfacciata inginocchiato fra i beati del Paradiso: porge il modellino della cappella alla Madonna nell’atto di chiedere un’assoluzione che era certo sarebbe arrivata.
Sotto il cielo stellato di Giotto le Storie della Vergine e di Gesù si snodano su tre registri in un climax che coinvolge il visitatore – reale o virtuale – dalla cacciata di Gioacchino dal Tempio alle trombe del Giudizio finale, l’ultima pagina del mondo: il tutto sotto lo sguardo inquisitore dei Vizi e delle Virtù che ci pongono di fronte alla scelta, se essere persone migliori o lastricare la nostra strada verso la dannazione.
Disarmanti e imperdibili nella loro verità? Il cane con la zampina alzata a richiamare l’attenzione di Gioacchino [Gioacchino tra i pastori], dimostrazione di come Giotto avesse spalancato il suo sguardo dall’uomo a tutta la realtà, senza più distinzioni né gerarchie. C’è la delicatezza del bacio tra gli anziani genitori di Maria, Gioacchino e Anna [Incontro alla Porta Aurea], amore dalla complicità e dalla speranza senza tempo: Giotto non censura le rughe intorno agli occhi e si sofferma nella descrizione delle trasparenze del velo. I dettagli straordinari sono innumerevoli: il cartiglio nella mano della profetessa Anna nella Presentazione al Tempio, le lacrime sul volto delle madri nella straziante scena della Strage degli Innocenti, i preziosi ricami sulle vesti e sulla tovaglia bianca nelle Nozze di Cana; e ancora, l’enigma della stella rappresentata nell’Adorazione dei Magi, forse la cometa di Halley che Giotto vide davvero nel 1301.
Sacro e umano si fondono per raccontare Cristo nella Storia e la salvezza degli uomini, finalmente vivi, reali, dipinti da Giotto nella verità dei loro gesti e sentimenti. Il blu del cielo permea il tutto, facendo da sfondo a una sinfonia di colori così prodigiosa da invitarci a meditare sulla nostra essenza e sulle nostre scelte. Le immagini si succedono come i fotogrammi di un film, o meglio, come una Divina Commedia della pittura, prodigiosa sintesi del pensiero medievale ma che sa interpellare anche noi con l’attualità di un linguaggio che sfugge ai secoli. E se ve lo state chiedendo, sotto il cielo degli Scrovegni si respira profumo di eternità. Ma vi conviene accertarvene di persona.